
Andrea Sempio, indagato nell'omicidio di Chiara Poggi
Andrea Sempio ha 37 anni, vive da solo a Voghera e lavora in un negozio di telefonia in un ipermercato di Montebello della Battaglia, in provincia di Pavia. Nel 2010 si è avvicinato alla disciplina del Krav Maga, arte marziale israeliana, mirata soprattutto all'autodifesa e nel 2013 è diventato ufficialmente istruttore e ha iniziato a collaborare anche a corsi di autodifesa femminile. All'epoca dei fatti era 19enne, viveva con i genitori - papà Giuseppe e mamma Daniela Ferrari - a Garlasco e frequentava spesso casa Poggi, perché dalle scuole medie è un grande amico di Marco, fratello di Chiara.
Nel dicembre del 2016, si ritrovò indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, a seguito degli sviluppi dell’azione della difesa di Alberto Stasi, guidata dal professor Angelo Giarda. L'innesco era stato un esposto-denuncia firmato da Elisabetta Ligabò, madre di Stasi, presentato alla Procura generale di Milano, che aveva trasmesso per competenza alla Procura di Pavia. Qui il procuratore aggiunto Mario Venditti aveva iscritto il nome di Andrea Sempio nel registro degli indagati. All’esposto era allegata una relazione firmata dal consulente della difesa dell’ex bocconiano, il biologo forense Pasquale Linarello. Secondo Linarello esisteva una perfetta compatibilità del profilo del cromiosoma Y trovato sulle unghie del quinto dito della mano sinistra di Chiara Poggi con il profilo genetico del cromosoma Y ottenuto da un cucchiaino e da una bottiglia d’acqua consumati da Sempio nel centro commerciale dove lavora e prelevati, in modo discusso, da un investigatore privato.
Nella perizia chiesta dai giudici dell'appello 'bis' la traccia genetica venne definita troppo 'rovinata' per poter essere considerata scientificamente valida, mentre secondo i difensori di Stasi c'era la piena coincidenza tra i due Dna a confronto e in alcuni dei 9 reperti estrapolati la traccia era "pulita" e ben leggibile. Le accuse furono però archiviate dal gip su richiesta dell'allora procuratore di Pavia Mario Venditti.
Un'ulteriore informativa dei carabinieri di Milano, datata 2020, dà impulso a una ripresa dell'indagine. Con una relazione di 14 pagine interamente ripresa dal gip, si torna ad archiviare la posizione di Sempio.
Lo scorso 11 marzo, Sempio si è ritrovato di nuovo indagato, a seguito di una nuova consulenza sul Dna, promossa dalla Procura di Pavia oggi guidata da Fabio Napoleone. A dare il via ai nuovi accertamenti è stata l’avvocata Giada Bocellari, legale di Stasi (insieme all'avvocato Antonio De Rensis, ndr), che ha affidato a un laboratorio tedesco di genetica di fama internazionale il compito di analizzare nuovamente i reperti biologici, i quali hanno dato esito positivo (riscontrato anche dalla Procura): sulle unghie di Chiara Poggi, in più punti, sarebbero presenti tracce di Dna riconducibile a Sempio. L'accusa contestata al 37enne è omicidio in concorso con ignoti o con lo stesso Alberto Stasi, che è stato precedentemente condannato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. In altre parole quest’accusa non assolve Stasi, perché la sentenza a suo carico non è stata messa in discussione da nessuna revisione. Il dettaglio insolito è che non ci sarebbero stati legami tra Stasi e Sempio: quest’ultimo ha sempre rimarcato come, in generale, non avesse con lui nessuna relazione a causa del divario anagrafico.
Ma ci sarebbero stati degli altri indizi che avrebbero portato gli inquirenti a investigare sul 37enne. Il primo: nei giorni del 4, 7 e 8 agosto sono partite dal cellulare dell’indagato tre telefonate di una manciata di secondi verso casa Poggi, proprio nei giorni in cui Marco Poggi era assente, poiché in vacanza. Secondo i carabinieri e la Procura, Sempio saveva delle ferie dell'amico. E non avrebbe avuto motivi di cercarlo sul telefono fisso. La difesa, come la Procura ai tempi di Venditti, ritiene invece che stesse solo cercando di avere notizie dell'amico, il cui telefono sarebbe stato irraggiungibile. Il secondo indizio: la madre di Sempio avrebbe conservato a lungo lo scontrino di un parcheggio a testimonianza del fatto che la mattina del delitto il figlio fosse a Vigevano (il 37enne raccontò di essere andato in libreria, poi trovata chiusa, ndr). Questo avrebbe procurato un alibi a Sempio. Al quale i pm non credono. Poi, l'ormai famosa impronta 33, trovata vicino al cadavere di Chiara Poggi e che apparterrebbe ad Andrea Sempio "per la corrispondenza di 15 minuzie dattiloscopiche", come ha precisato il Procuratore di Pavia, Fabio Napoleone, in un comunicato. Sempio, tramite i suoi avvocati, ha spiegato di "essere stato in tutte quelle stanze, tranne la camera dei genitori. Lì dentro, bene o male, ho toccato di tutto", ha detto. Il colore rosso, che sembra sangue, è dovuto dalla reazione alla "ninidrina spray" spruzzata dai Ris per "esaltarla". E, sarebbero spuntati anche dei bigliettini - trovati nella spazzatura di Sempio - che riportrebbero frasi che farebbero trapelare un chiaro turbamento, sebbene non vi siano riferimenti diretti all'omicidio. Pezzi di carta, poi accartocciati e buttati, con parole che oggi sono al vaglio degli investigatori. Uno, in particolare, con la scritta “Ho fatto cose talmente brutte che nessuno può immaginare”.
Dopo gli incarichi per le prove genetiche nell'incidente probatorio, il 20 maggio 2025, i magistrati di Pavia hanno voluto riascoltare i protagonisti del caso: Alberto Stasi si è presentato in Procura, mentre Andrea Sempio no a causa di "un difetto di notifica".