DIEGO VINCENTI
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Luca Argentero: “Da attore a imprenditore di birra e bollicine analcoliche (per chi guida). Dopo 50 film mi chiedono ancora del Gf”

Intervista al 47enne protagonista di cinema e tv che ha lanciato il brand Sodamore: “Rompo uno schema. Le Iene, Amici e i cinepanettoni? Non ci sono progetti meno nobili. Non ho l’etichetta del Grande Fratello eppure viene sempre fuori dopo 20 anni di carriera”

Luca Argentero, 47 anni, vent’anni di carriera con 50 film, ha fondato Sodamore con la sorella Francesca e un gruppo di amici

Luca Argentero, 47 anni, vent’anni di carriera con 50 film, ha fondato Sodamore con la sorella Francesca e un gruppo di amici

MILANO – Il Torinese Imbruttito. Visto che sotto i (fascinosi) lineamenti dell’attore, continua a battere forte un cuore da imprenditore. Di chi da ragazzo si è pure laureato in Economia e Commercio. Strani incroci. E da qualche tempo Luca Argentero, 47 anni, sta concentrando il suo impegno in un’avventura fortunata quanto curiosa: la Sodamore, progetto nato insieme a sua sorella Francesca, Michele Corino, Emanuele Boero e all’ad Giovanni Rastrelli. Obiettivo: proporre qualcosa di nuovo da bere in compagnia. Ma tutto rigorosamente analcolico. Come la Beerlover, appena lanciata sul mercato. Birra zero noia e zero alcol.

Argentero, come nasce Sodamore?

“Ho sempre fatto impresa, è una cosa che mi appartiene e che qui si è attivata grazie a un gruppo di amici, un po’ per caso, come succede spesso nelle belle avventure. Sai quando sei lì a chiacchierare e spari qualche idea? Ecco. Solo che ne abbiamo sottovalutato la portata”.

La quantità di lavoro?

“Sì, l’impegno, lo sforzo. Ma dopo un anno e mezzo siamo arrivati a Sodamore e ne sono orgoglioso perché ci siamo inseriti in un mercato piuttosto statico, dove sugli scaffali trovi prodotti degli anni 60 e 70, con pochissime novità. Stiamo ripensando il mondo del beverage per chi sceglie analcolico, accompagnando il cliente lungo tutto la giornata. E infatti dopo la soda è arrivata la birra e stiamo già lavorando sulla bolla e sull’amaro”.

Cristina Marino con Luca Argentero
Cristina Marino con Luca Argentero

Perché?

“Per offrire una scelta differente, che tu stia pranzando o vuoi un goccio di amaro dopo cena ma devi guidare. Stiamo anche rompendo uno schema, all’interno di una tradizione molto radicata e che considero positiva. Perché da buon piemontese doc, io per primo non rinuncio al mio bicchiere di vino. Ma tanti vogliono un’alternativa all’acqua o al succo d’ananas. Dal punto di vista culturale è un percorso lungo. Le analisi sono però confortanti, soprattutto rispetto ai più giovani, che scelgono spesso analcolico e guardano al bere con consapevolezza”.

Ora si capisce la laurea in Economia e Commercio.

“È quella la mia prima passione. E infatti ho sempre frequentato il mondo delle startup”.

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Fa invece impressione pensare che ha compiuto vent’anni di carriera. Girandosi indietro cosa vede?

“Un successo clamoroso. Cinquanta film, una grazia inaspettata e incredibile. Per altro unendo continuità e qualità, perché non ho nemmeno avuto un momento di stanca o di buio, come è normale che succeda in una carriera d’attore. Niente. E anche il pubblico mi ha seguito con affetto nelle tante esperienze fatte: dal cinema alla tv, dalla radio al teatro. Cose diverse, tutte andate piuttosto bene, dove credo emerga la mia leggerezza, il fatto di giocare con questo mestiere. Questione di fortuna e di merito, che dopo vent’anni ho iniziato a riconoscermi”.

Un ricordo degli inizi?

“L’entusiasmo galoppante. Il coraggio di non privarmi della possibilità di affrontare una nuova esperienza, una sfida. Perfino le avventure che mi sconsigliavano. Mi sono interrogato molto su questo, sulle ragioni per cui mi sono a un certo punto ritrovato su un palcoscenico davanti a 1.500 persone che avevano pagato per vedermi. Ci ho fatto anche uno spettacolo: ‘È questa la vita che sognavo da bambino?’ diretto da Edoardo Leo”.

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Cosa le avevano sconsigliato di fare?

“Mi dicevano che per un attore presentare le Iene o fare il giudice da Amici erano scelte troppo pop. Oppure che non potevo pensare a un cinepanettone dopo aver lavorato per Özpetek o Placido. Invece ogni cosa ha contribuito a comporre una rotondità, almeno ai miei occhi. L’importante è che si affronti tutto con rispetto e voglia di imparare, senza pensare che ci siano progetti meno nobili”.

Incontri?

“Sicuramente Ferzan, fondamentale all’inizio. Ma sono tante le persone da ringraziare in mezzo, fra lui e il produttore Luca Bernabei per la Lux, con tutto il capitolo di “Doc – Nelle tue mani“”.

Si sente libero dallo stigma del Grande Fratello?

“Non ho quella etichetta eppure una domanda viene sempre fuori invece di parlare dei 50 film fatti. Da allora c’è stato davvero di tutto, i miei progetti vanno da un’altra parte e il Grande Fratello dell’epoca non ha molto a che vedere con la trasmissione che c’è oggi”.

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Momento più bello?

“Non riesco a dirtene uno. È un fluire, continuo a stupirmi delle cose, non mi viene l’immagine di un tempo fermo”.

Sogno nel cassetto?

“Intanto nei prossimi mesi ci sarà la quarta stagione di “Doc“ e partiranno due nuove serie tv, per Sky e per Netflix. Ma in futuro vorrei dare più spazio alla scrittura. Tanti colleghi sognano di passare alla regia ma io non ci penso proprio. Invece mi piacerebbe scrivere la sceneggiatura di un film, tornare a provarmi in quella direzione dopo aver pubblicato nel 2023 per Mondadori il mio primo romanzo “Disdici tutti i miei impegni“”.

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Libro torbido.

“Infatti mia madre si è sconvolta!”.

Allora posso chiedere anche a lei un consiglio di lettura per l’estate.

“'Le braci’ di Sandor Marai. Lo sto rileggendo, cosa che non capita mai. Ma da ragazzo mi era piaciuto molto, pur non ricordando nulla del libro. E alla fine, a furia di vederlo lì appoggiato sullo scaffale, mi sono deciso. Capendo subito le ragioni per cui tanto mi aveva appassionato all’epoca”.