REDAZIONE PAVIA

Alberto Stasi, condannato per l'omicidio di Chiara Poggi

Oggi ha 42 anni e si trova detenuto nel carcere di Bollate dopo la condanna per l'omicidio di Chiara Poggi, ma nell'aprile 2025 ha ottenuto la semilibertà

Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi

Alberto Stasi è nato a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano, ha 42 anni e dal 2015 si trova detenuto nel carere di Bollate, in provincia di Milano, dopo essere stato condannato a 16 anni per l'omicidio della fidanzata, Chiara Poggi. La pena di 24 anni, il minimo per omicidio volontario, non gli attribuisce l'aggravante della premeditazione. Ai 24 anni ne vengono tolti 8 per lo sconto di un terzo del rito abbreviato, scelto da luiCi sono voluti cinque processi fra 2009 e 2015. Nei primi due gradi di giudizio, il giovane era stato assolto. La Cassazione aveva però annullato la sentenza di assoluzione e il nuovo appello aveva portato alla condanna, poi diventata definitiva, di nuovo in Cassazione, il 12 dicembre 2015. Le richieste di revisione del processo da parte di Stasi, che si è sempre professato innocente, sono state ogni volta rigettate.

I punti che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi sono stati elencati nelle 140 pagine della sentenza d’appello bis del dicembre 2014. Tra questi, l’orario: dalle indagini e dal processo era emerso che si trovava nella zona della villetta dei Poggi in una "finestra temporale compatibile con il delitto". Poi, sulle sue scarpe non erano state trovate tracce di sangue - sembrava che fossero state lucidate, oppure cambiate - e nemmeno le macchie sul pavimento erano state modificate dal suo passaggio. Il giovane non aveva tracce ematiche nemmeno sui vestiti. Secondo una perizia dei Ris che risale al 2014, scarpe e indumenti avrebbero dovuto "captare particelle ematiche" almeno in maniera minima. Due impronte di Stasi erano state inoltre trovate sul dispenser del sapone, nel bagno della villetta: secondo i giudici, il giovane si sarebbe lavato le mani dopo il delitto. Altro dettaglio: "L’assassino era un uomo che calzava scarpe numero 42, Stasi possedeva e indossava anche scarpe taglia 42", avevano scritto i giudici. Era stato Alberto Stasi a dare l’allarme e a non convincere era stato anche il racconto che aveva fatto del ritrovamento del cadavere. Non c'erano e non ci sono ancora movente chiaro e arma del delitto. Si tratta di un processo indiziario con indizi ritenuti chiari e concordanti. Secondo la sentenza, "la lettura congiunta di tutti i dati probatori acquisiti, gravi e precisi" porta "ad individuare nell’imputato, oltre ogni ragionevole dubbio, l’assassino della fidanzata".

Il fine pena è fissato nel 2030, ma, considerando la buona condotta e lo scomputo di 45 giorni di liberazione anticipata ogni sei mesi, la conclusione della carcerazione potrebbe arrivare nel 2028. Nel gennaio 2023, il tribunale di sorveglianza di Milano gli ha però concesso di lavorare all’esterno dell’istituto penitenziario: svolge mansioni contabili e amministrative in un ufficio a Milano. Esce ogni giorno dalla prigione e torna in cella ogni sera. E dall'11 aprile 2025 ha ottenuto la semilibertà (il primo giorno è stato il 28 aprile), che consiste nella possibilità, data al condannato, di trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto di pena, per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, in base a un programma di trattamento, la cui responsabilità è affidata al direttore dell'istituto di pena.

All’epoca dei fatti, nel 2007, Stasi aveva 24 anni ed era un giovane laureando in economia e finanza all'Università Bocconi di Milano. In quell'agosto stava scrivendo la tesi. Il giovane si è poi laureato con 110 e lode, il 27 marzo 2008 . Chi lo conosce, ha sempre parlato di lui come un giovane riservato e appassionato di informatica

La madre, Elisabetta Ligabò, è originaria di Milano. È una donna molto provata dagli eventi che hanno coinvolto suo figlio, ma ha sempre mantenuto una forte fiducia nella giustizia e nella possibilità che la verità emerga. Elisabetta ha vissuto a Garlasco per molti anni e ha sempre difeso Alberto. Il padre, Nicola Stasi, era un meccanico e imprenditore originario della Puglia. Aveva vissuto a Milano con la famiglia prima di trasferirsi a Garlasco. E' stato sempre al fianco del figlio durante il processo, difendendolo strenuamente e sostenendo la sua innocenza. Il 26 dicembre 2013, l'uomo è morto al Policlinico San Matteo di Pavia, all'età di 57 anni, dopo essere stato ricoverato nel reparto di Ematologia. 

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