
Manfredi Catella all’uscita dopo l’interrogatorio al Palazzo di giustizia di Milano
Milano, 24 luglio 2025 – Una settimana, dieci giorni al massimo, sono ritenuti dal gip Mattia Fiorentini il “tempo congruo”, annunciato in un comunicato dal presidente del tribunale Fabio Roia, per la decisione sulla convalida o meno degli arresti, richiesti dai pm, per i sei indagati nell’inchiesta sul “sistema urbanistico deviato”, definizione quest’ultima usata dalla Procura.
Il giudice Fiorentini provvederà alla decisione con una ordinanza motivata, così come stabilito dalla riforma Nordio che, circa un anno fa, ha introdotto l’interrogatorio preventivo.

Per oltre due ore ha parlato davanti al gip il fondatore e ceo di Coima, Manfredi Catella, per lui i pm Mauro Clerici, Paolo Filippini e Marina Petruzzella, aggiunta Tiziana Siciliano, hanno chiesti i domiciliari con l’accusa di corruzione e induzione indebita. Puntuale alle 14, orario di convocazione, Catella si è presentato in completo grigio al settimo piano di Palazzo di giustizia, l’interrogatorio è iniziato circa un’ora dopo ed è terminato alle 17.

Il patron di Coima
Il patron di Coima, consigliato dal suo team legale Francesco Mucciarelli, Adriano Raffaelli e Paola Severino, ha rivisto la decisione di rendere pubblica la memoria depositata davanti al gip. “L’interrogatorio mi ha consentito di fornire tutte le risposte e tutti i chiarimenti fondamentali per una corretta ricostruzione dei fatti”, ha detto il ceo, provato dopo le due ore di confronto, scendendo dalla scala di Porta Vittoria.
Ha aggiunto: “La relazione messa a disposizione del gip è stata corredata di tutte le evidenze documentali e fattuali a supporto dell’insussistenza dei presupposti dei capi di imputazione promossi dalla Procura. Mi affido con fiducia alla decisione del giudice”.
Pochi minuti dopo le dichiarazioni rilasciate al termine delle due ore di interrogatorio, il passo indietro. In una comunicazione agli stakeholders ha annunciato la volontà di “rimodulare le deleghe di amministratore delegato, escludendo tutte le attività esecutive aventi ad oggetto rapporti con la Pubblica Amministrazione”.

La lunga giornata di interrogatori era iniziata alle 9.45 con l’ingresso al settimo piano di Giuseppe Marinoni, ex presidente della Commissione paesaggio del Comune accusato di corruzione, falso e induzione indebita, per lui la procura ha chiesto l’arresto. Marinoni si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha depositato una memoria.
Al contrattacco
“Non c’è alcun episodio corruttivo, né alcun sistema deviato come delineato dalla Procura”, ha spiegato il suo avvocato, Eugenio Bono. Figura centrale quella di Marinoni per come emerge dalla carte della procura. Sarebbe stato lui ad alimentare quel “sistema di speculazione selvaggia” tratteggiato dalla procura e attuato con una applicazione forzata e distorta delle norme, nel doppio ruolo di consulente degli sviluppatori immobiliari e di presidente della Commissione paesaggio. Conflitto di interesse? “I magistrati dicono di sì - ha detto - ma io dimostrerò di no”.
Parole dure pronunciate dall’avvocato Bono nella richiesta di non applicare la misura cautelare a Marinoni: “La procura enfatizza il giudizio morale sugli indagati e la sproporzionata ampiezza dell’indagine restituisce il quadro di un’inchiesta impostata come un processo alla speculazione edilizia nei confronti dell’intera città di Milano più che sulle eventuali responsabilità dei singoli”.
E ancora: “Il pm sovrappone il ruolo della pena definitiva con quello dell’esigenza cautelare, che non è esprimere lo sdegno della Procura o della società civile per comportamenti eticamente discutibili, bensì prevenire un pericolo concreto ed attuale”.

Diversamente dall’ex presidente della commissione Paesaggio, l’ex assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi, ha risposto al gip per oltre un’ora e mezza. Il suo avvocato Giovanni Brambilla Pisoni: “Abbiamo ribadito la linea tenuta in Consiglio comunale di assoluta estraneità ai fatti. Abbiamo depositato documenti tra cui le dimissioni dal ruolo di assessore e la richiesta di aspettativa per motivi personali dall’incarico dirigenziale a Palazzo Marino, oltre ad alcune sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, un protocollo d’intesa sugli snodi, la revisione del Pgt e la manifestazione di interesse per un partenariato pubblico-privato a cui avrebbe dato parere negativo”.

Si è difeso parlando di “correttezza” e ha depositato una memoria anche l’architetto Federico Pella, manager dimissionario della J+S, accusato di corruzione. Stessa linea di difesa l’ex vicepresidente della Commissione paesaggio Alessandro Scandurra. Per Andrea Bezziccheri, imprenditore di Bluestone, ieri oltre all’interrogatorio c’è stato anche il rinvio a giudizio per il caso Park Towers.