
Lo schizzo realizzato da Alberto Stasi per spiegare i suoi movimenti nella villetta di Garlasco il 13 agosto 2007
Garlasco (Pavia) – La scala della taverna, il corpo di Chiara Poggi e i movimenti del killer. Che sia Alberto Stasi, come dice la Cassazione, o Andrea Sempio, come pensa oggi la Procura di Pavia. Per attribuire a uno dei due, da solo o in concorso, la presenza accanto al cadavere occorre tornare alle analisi della prima inchiesta per comprendere come Chiara fu uccisa e gettata lungo le scale.

Il disegno di Alberto Stasi
Alberto racconta agli inquirenti la sua presenza nella villetta con uno schizzo tracciato di proprio pugno: la traiettoria nelle stanze fino alla rampa maledetta. Sulla veridicità del racconto lavora il professor Piero Boccardo, con un laser scan, che riproduce in 3D la casa di via Pascoli, macchie di sangue incluse.
Dopo aver scavalcato il cancello, chiamato Chiara, averla cercata, “ho guardato vicino alla porta che conduce al box – dice Stasi –. Non ho notato nulla. Sono tornato indietro. L’ho aperta e ho visto sangue per terra. Ho fatto uno o due gradini e l’ho vista riversa sulle scale con il volto verso terra. Era sdraiata con le gambe leggermente divaricate, non ho visto lesioni, solo sangue sui primi gradini. Non mi sono avvicinato”. In seguito si corregge: “Mi sono solo sporto, non sono sceso”. Sì, perché si sarebbe dovuto sporcare le scarpe per vedere, oltre la curva delle scale, il corpo della fidanzata, col volto coperto dai capelli intrisi di sangue.

La consulenza dice no
"Statisticamente assolutamente improbabile”, “impossibile” anzi, per Boccardo, che Stasi possa aver percorso la casa senza macchiarsi le suole. E non si può “poggiare i piedi vicino alla porta senza calpestare tracce ematiche”. E calcola questa ipotesi nello 0,6% di probabilità. Stasi, insomma, per vedere Chiara sulle scale, sarebbe dovuto volare, per non sporcarsi. Anche il Ris, nella sua ricostruzione con la Bpa (Bloodstain pattern analysis), formula ipotesi sull’ampia area insanguinata sul gradino 4 della scala della cantina dove l’assassino ha gettato la vittima, con il viso in avanti.

Le macchie di sangue
“I Ris - scrive sul punto il gup di Vigevano, Stefano Vitelli, che in primo grado assolve Stasi - ipotizzano o che il capo della vittima abbia ancora sbattuto violentemente sul gradino 4 producendo quel vistoso spruzzo di sangue sul gradino 4 stesso e su parte del 5, e la proiezione del sangue pure sull’alzata tra i gradini 4 e 3 o che la vittima (distesa con il capo adagiato sul gradino 4) abbia ricevuto un definitivo colpo alla testa”.
La discesa del corpo
Questo prima di iniziare, per gravità, la discesa lungo le sale che si conclude con il capo della vittima sul gradino 9. Sui gradini non rimangono tracce dell’aggressore. Quelle sicure si arrestano alla porta a libro della cantina, quando viene aperta dall’assassino per gettare il corpo di Chiara lungo la scala. Annota il gup vigevanese che "è verosimile, secondo il Ris, che le proiezioni di sangue generate dalle ferite alla testa potrebbero aver prodotto quel gruppo di tracce antistanti la porta a soffietto.

La suola delle scarpe
La vistosa macchia di sangue sullo stipite viene attribuita ai capelli insanguinati della vittima: quindi, viene ipotizzato che l’aggressore abbia aperto la porta per gettare la vittima lungo le scale e in tale manovra la ragazza abbia sbattuto il capo sanguinante sullo stipite. I Ris ritengono dunque che le tracce di suola di scarpa prodotte per deposito di sostanza ematica sul pavimento antistante la porta siano state lasciate da chi ha effettuato la manovra”.
Sempio e l’impronta 33
Per sostenere la sua presenza lungo le scale, si dovrebbe immaginare allora che l’assassino, sia egli anche Sempio, cui si attribuisce l’impronta digitale 33, vicino al corpo (su cui oggi si cerca il sangue mai trovato nel 2007), con le suole sporche, scenda le scale non lasciando impronte ed evitando di calpestare il sangue rilasciato nel frattempo dalla vittima. Impossibile, quindi, lasciare un’impronta insanguinata sul muro se il killer non è sceso.

L’assassino sulle scale
L’ipotesi dell’aggressore attivo “anche” sulle scale sopravvive. Nell’ottobre del 2014, nell’Appello bis che condanna Stasi a sedici anni, la perizia sulla “camminata” firmata da Roberto Testi, della Medicina legale di Torino, Gabriele Bitelli e Luca Vittuari, docenti di Ingegneria a Bologna, osserva che le uniche macchie da schizzo sulla scala sono, appunto, quelle tra i gradini 3 e 4.
Gocce forse proiettate dal capo già insanguinato della vittima che urta il gradino, ma non si può escludere che l’aggressore sia sceso fino ai gradini 3-4 e abbia nuovamente colpito la vittima. Ipotesi indimostrabile, vista l’assenza di segni di scarpa, che resta però fra quelle avanzate della Cassazione che condanna Stasi nel 2015.

La mattina del 13 agosto 2007 a Garlasco viene trovata morta una ragazza di 26 anni: Chiara Poggi. Il corpo senza vita è riverso sulle scale che portano in taverna, nella sua abitazione in via Pascoli. Era sola in casa, perché la famiglia (padre, madre e fratello) stava trascorrendo alcuni giorni di vacanza in montagna, in Trentino. A fare la terribile scoperta è il fidanzato Alberto Stasi, che si era recato da lei perché non rispondeva al telefono: il giovane chiama i soccorsi e si reca in caserma dai carabinieri. Entro pochi giorni diventa il primo indiziato per il delitto della 26enne: verrà poi condannato a 16 anni con l'accusa di omicidio volontario (da aprile 2025 è in regime di semilibertà).
Oggi che c'è un altro indagato: Andrea Sempio, grande amico di Marco, fratello della vittima. Il 37enne è rientrato nelle indagini a marzo 2025, dopo che era stato scagionato nel 2017. Ma nella nuova inchiesta spuntano tanti nomi: dalle gemelle Stefania e Paola Cappa, cugine di Chiara, a Roberto Freddi e Mattia Capra, amici di Sempio e Marco Poggi.