
Gli avvocati di Alberto Stasi, Giada Bocellari e Antonio De Rensis
Garlasco (Pavia) – “Non fate oggi a Sempio quello che avete già fatto a Stasi”. Sono parole dell’avvocata Giada Bocellari, che con il collega Antonio De Rensis difende Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco il 13 agosto 2007.
Bocellari, come valuta le ipotesi alternative, alcune anche fantasiose, sul delitto di Garlasco?
“Rumore di fondo, dannoso perché crea confusione. Passo le giornate a smentire quello che viene paventato”.
Ma non è comunque nell’interesse della difesa di Stasi tutto quello che può alimentare dubbi? Lei stessa non aveva avvalorato la pista delle sette sataniche?
“Assolutamente no. È stato un equivoco o una strumentalizzazione: io avevo denunciato ai carabinieri le minacce che ricevevo, ho prodotto quei messaggi in sede di denuncia. Se vogliamo essere sinceri non ci credo neanche. Io comunque le Bozzole non le menzionavo. Siccome Sempio in un’intercettazione del 2017 parla del suicidio di un amico nel 2016, ho approfondito e ho scoperto che ce n’erano stati tre, ma poi mi sono fermata perché non c’erano atti. Stavo facendo ricerche sul perché si fossero suicidati. Non ho elementi per dire che ci sia un qualsivoglia collegamento con l’omicidio di Chiara Poggi e non ho mai detto il contrario. Il nostro vero interesse è che si faccia luce su buchi enormi nelle prime indagini, che emerga la verità con la “v“ maiuscola. Che vengano continuamente riproposte piste vecchie e nuove crea solo confusione. Ed è un rischio anche per le indagini in corso”.
Perché ritiene dannoso questo “rumore di fondo“?
“Si fanno pubblicamente nomi di persone non indagate, si getta fango su persone estranee, ho sentito cose orripilanti anche sulla famiglia Poggi. Bisogna rimanere ancorati ai nostri principi, non possiamo dimenticarci delle garanzie: nessuno ha il diritto di infangare gente che non c’entra o che ha già subito. E credo che questa confusione crei un danno all’indagine stessa: sembra che sia la Procura a non sapere dove andare. Invece non è così. Lo ha chiarito la stessa Procura con i due comunicati: c’è il Dna e c’è l’impronta sulle scale. Concentriamoci su questo, non sulla macchina del fango. Anche nei confronti dell’indagato. So cosa ha passato Stasi, ora si sta replicando con Sempio. L’opinione pubblica non lo deve condannare: non lo dico per perbenismo, ma perché ci siamo passati prima noi”.
Dna e impronte: cosa vi aspettate dalle nuove analisi?
“Non lo so. Nel 2022 c’è stato l’ordine di distruzione di tutti i reperti da parte della Corte d’Assise d’Appello. Io avevo fatto richiesta di non distruggere ma restituire, accolta in parte, per i beni di Stasi, rigettata per il resto”.
L’intonaco dell’impronta “grattato“ dai Ris non c’è più?
"Non so se al Ris di Parma hanno distrutto o conservato. Potrebbe essere che, come l’Università di Pavia ha conservato i suoi reperti, anche quelli del Ris ci siano ancora. Certo sarebbe bello, ma se non ci fossero più non sarebbe per un errore o chissà quale macchinazione, solo per l’ordine di distruzione. La paradesiva dell’impronta 10 c’è ancora e sarà analizzata nell’incidente probatorio, quella sì”.
Se l’assassino di Chiara Poggi non è sceso sulle scale, perché viene ritenuta d’interesse l’impronta 33?
“Me lo hanno spiegato i consulenti: è significativa per la posizione, come se chi l’ha lasciata si fosse appoggiato dall’alto con tutto il peso del corpo. E per la colorazione, che vediamo anche solo dalla foto, perché è carica di materiale biologico”.
Sui dubbi che riemergono, come valuta le dichiarazioni del ministro Nordio?
“Le condivido. Si è espresso su una questione procedurale, sul principio del ragionevole dubbio”.