
Spunta una terza persona nel delitto Garlasco per cui è stato condannato Alberto Stasi e per il quale oggi è indagato Andrea Sempio
Garlasco (Pavia) – Due presenze sulla scena del delitto di Garlasco? L'assassino e un complice? Un quesito, un dubbio che si ripropongono ora, con l'affiorare della traccia 10: una ditata all'apparenza insanguinata sulla porta di casa Poggi a cui, finora, non è stato possibile attribuire un'appartenenza.
La storia viene da lontano. Francesco Maria Avato, direttore dell'Istituto di Medicina legale dell'Università di Ferrara, consulente della difesa di Alberto Stasi, firma una relazione di 144 pagine che viene depositata il 23 febbraio del 2009 in Procura a Vigevano. Sono i mesi che precedono il primo processo, in abbreviato davanti al gup Stefano Vitelli, dal quale l'ex bocconiano uscirà assolto.
Il cadavere di Chiara Poggi, osservava il consulente, viene sollevato in posizione bocconi. Questo in base ad una serie di considerazioni. Una è "l'assenza di una filiera di gocciolatura intermedia rispetto a quelle osservate". Un'altra è l'imbrattatura di sangue provocata verosimilmente dal dorso delle mani lorde di sangue, mentre le braccia erano penzoloni.
"Concordando - è l'osservazione principale - sul trasporto del cadavere sollevato in posizione bocconi, con gli arti inferiori rivolti alla porta d'ingresso dell'abitazione e con il capo, invece, rivolto verso il tinello, risulta necessario chiedersi se il trasporto di una ragazza del peso di circa 55-60 kg, recante le lesioni documentate in sede nerosettoria, produttive delle tracce riscontrate, potesse essere stato eseguito da una persona ovvero da una pluralità di soggetti. Chi scrive ritiene, sulla base dei rilievi e delle osservazioni predette, che tale trasporto richiedesse per essere eseguito l'attività di almeno due persone. È quindi da ipotizzare che una persona sostenesse gli arti inferiori ed un'altra persona provvedesse a sollevare il tronco". Operazione effettuata sollevando il cadavere per le ascelle. Questo spiegherebbe la "doppia filiera di gocciolature" separate tra loro da un'area "sostanzialmente immune da macchie".
Nella relazione alla Procura di Pavia del 7 luglio del 2020 (entrata poderosamente nella nuova inchiesta che vede Andrea Sempio indagato per la seconda volta per l'omicidio di Chiara Poggi) i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano prospettano a loro volta una duplice presenza nel villino al numero 13 di via Pascoli, a Garlasco. E l'impronta 10 riaffiora negli ultimi giorni, una ditata che si direbbe sporca di sangue (anche se finora non è stato eseguito alcun accertamento biologico), lasciata con ogni probabilità dall'assassino all'atto di allontanarsi dalla scena del crimine.
L'impronta non ha i 16 punti canonici per la comparazione. Quelli validi sono 8 e sono serviti per escludere, sotto il profilo dattiloscopico, che l'impronta appartenga ad Alberto Stasi, ad Andrea Sempio, ai componenti della famiglia Poggi, ad altri protagonisti e comprimari, vecchi e nuovi, del truce dramma di Garlasco. È sangue? Altro quesito per il maxi incidente probatorio che inizierà il 17 giugno.
Già cinque anni fa i carabinieri di Milano annotavano che "l'eventuale esclusione di appartenenza di quel contatto a Stasi (sempre se dovesse essere sangue) porterebbe a far considerare la presenza di almeno un altro soggetto durante l'omicidio". La risposta della Procura di Pavia era arrivata nel giro di pochi giorni. Era la richiesta firmata dal procuratore aggiunto Mario Venditti, firmata il 29 luglio e accolta il giorno dopo dal gip Pasquale Villani, di archiviare l'esposto con cui l'avvocato Laura Panciroli, all'epoca difensore di Stasi, chiedeva la riapertura del procedimento nei confronti di Sempio (già archiviato una prima volta il 23 marzo del 2017).
"Ciascun indizio - scriveva il procuratore pavese -, infatti, risulta integrarsi perfettamente con altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d'insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi oltre ogni ragionevole dubbio. Mosaico che, inutile ribadirlo, ha escluso la presenza di correi". Ma della presenza di un soggetto diverso, oltre a Stasi, sembra invece oggi convinto il legale di Sempio, Massimo Lovati, che, escludendo il suo assistito, si dice certo di un'altra persona sulla scena del delitto.