
Da sinistra, Andrea Sempio, Chiara Poggi e Alberto Stasi
GARLASCO (Pavia) – Una sola verità, tre versioni discordanti. Cosa è successo la mattina del 13 agosto a Garlasco nella villetta di via Pascoli? Chi ha ucciso Chiara Poggi? La ‘verità processuale’ è quella, come sempre ribadito dalla famiglia della vittima e dai suoi legali, della sentenza definitiva della Cassazione che nel 2015 ha condannato a 16 anni Alberto Stasi. Lui continua a proclamarsi innocente e ha fornito una sua versione dei fatti in base alla quale sarebbe estraneo all’uccisione della fidanzata. Una ‘verità alternativa’ nella quale dal 2016 compare Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Anche Sempio, fornendo il suo racconto della mattinata del 13 agosto 2007, si è dichiarato estraneo ai fatti, con una versione confermata dalle archiviazioni nel 2017 e nel 2020.
Una ricostruzione che ora sembrerebbe vacillare di fronte alle nuove indagini riaperte dalla Procura da Pavia, che ipotizza una terza versione dei fatti che sarà svelata dagli inquirenti al termine delle indagini preliminari con l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio dell’indagato Sempio. Chiara Poggi è stata trovata morta poco dopo le 13.50. L’orario della morte, inizialmente collocato dal medico legale tra le 10.30 e le 12, è stato poi anticipato dalle successive perizie, in base alla sentenza definitiva avvenuto “nell’intervallo temporale immediatamente successivo alla disattivazione dell’allarme perimetrale dell’abitazione (alle ore 9.12 del mattino)”.
La versione di Stasi
A quell’ora, cosa stava facendo Alberto Stasi? Lui ha dichiarato di essere stato in casa a scrivere la tesi al computer. In base alle prove della sentenza definitiva, non aveva ancora telefonato alla fidanzata (il primo squillo sul cellulare è delle 9.45) e ha acceso il computer alle 9.35: “L’alibi di Alberto Stasi – recita la sentenza della Cassazione-bis – era inidoneo ad eliminarlo dalla scena del crimine, in quanto le attività che dichiarava di avere svolto la mattina del 13/8, ossia di stesura della tesi di laurea a casa propria, consentivano, comunque, di collocarlo sulla scena del crimine in una delle ‘finestre temporali’ prospettate in base agli accertamenti svolti sui telefoni e computer, ossia quella coincidente con il disinserimento dell’allarme delle 9.12 da parte di Chiara, sino all’accensione del pc, da parte di Alberto, alle 9,35 di 23 minuti”.

In questi 23 minuti, per la sentenza, è andato in bicicletta a casa Poggi, dove Chiara gli ha aperto in pigiama e l’ha uccisa, colpendola da dietro, l’ha lanciata nella scala, è andato a lavarsi le mani lasciando le impronte sul dispender del sapone (e quelle delle scarpe mai ritrovate sul pavimento), è tornato a casa sporcando i pedali poi sostituiti e si è messo al computer per poi fingere di trovare il corpo dopo ore.
La versione di Sempio
Anche Andrea Sempio ha dichiarato, già dai verbali del 2008, di essere stato a casa sua, insieme al padre, mentre la madre era uscita con l’unica auto di famiglia, almeno fino alle 10. Poi di essere andato a Vigevano, con l’ormai famoso scontrino del parcheggio che valeva come ‘alibi’ (nel 2008 non richiesto a Sempio) per l’ora della morte di Chiara ipotizzata inizialmente, non per poco dopo le 9. E la sua prima telefonata, a un amico, agganciando la cella di Garlasco, è delle 9.58, quando Chiara era già stata uccisa. Chi c’era sulla scena del delitto?

Una sola persona per gli accertamenti peritali che hanno portato alla condanna di Stasi, più persone per la nuova ipotesi della Procura di Pavia di omicidio in concorso. Il nuovo presunto omicida avrebbe lasciato il suo Dna sulle unghie della vittima e avrebbe appoggiato il palmo della sua mano al muro delle scale dove è stato trovato il corpo. Forse con un complice, al momento ignoto, che potrebbe aver lasciato sia un’impronta digitale sia il proprio Dna.