REDAZIONE PAVIA

Le intercettazioni inedite di Andrea Sempio: “Non mi frega niente del popolo bue. Il Dna? Minchiate. E Chiara non era quasi mai a casa”

Dalle intercettazioni del 2007 e del 2017 riemerge il profilo del nuovo indagato per l’omicidio di Garlasco. Ecco cosa ha detto sull’alibi dello scontrino e le prove genetiche

Chiara Poggi e Andrea Sempio

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Pavia – Emergono nuovi dettagli dalle intercettazioni che hanno coinvolto Andrea Sempio, l’uomo finito nuovamente sotto indagine per l’omicidio di Chiara Poggi. Dalle trascrizioni delle conversazioni captate dai carabinieri durante le indagini del 2007 e del 2017, visionate integralmente dall’Adnkronos, emerge il quadro di un uomo che manifesta disprezzo per l’opinione pubblica e frustrazione per la pressione mediatica.

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“So che sbaglio, perché so che è molto, molto importante… in realtà è molto importante questa cosa, però non me ne frega più niente, guarda… continuino pure a pensare che io un giorno mi sono svegliato e ho portato lo scontrino a cavolo… continuino a pensare”, dice Sempio in una conversazione del 12 febbraio 2007, probabilmente al telefono mentre si trova in auto. Le parole tradiscono una crescente irritazione per il clamore mediatico che circonda il caso.

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Questa intercettazione ambientale, la numero 132, agli atti della prima inchiesta della Procura di Pavia, cattura un momento di sfogo dell’indagato, ormai al centro dell’attenzione giornalistica. Il riferimento all’alibi dello scontrino e al Dna emerge come un leitmotiv che lo tormenta, elementi che gli investigatori hanno utilizzato per costruire il caso contro di lui.

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La strategia difensiva sui rapporti con la vittima

Nelle stesse conversazioni, Sempio affronta anche le voci su un possibile coinvolgimento sentimentale con Chiara Poggi. Era quasi mai a casa… e allora non la incontravo, e loro questa cosa non la sanno e te la continuano a menare con… non è possibile”, spiega, riferendosi evidentemente agli inquirenti e alla stampa che ipotizzano un interesse romantico mai ricambiato come possibile movente.

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Il tono delle conversazioni si fa sempre più acceso: “Non me ne frega niente… già sono uno a cui le opinioni degli altri fregano poco, cioè mi interessa l’opinione di poche persone. In questa vicenda mi interessano le opinioni di quelle persone e dell’autorità che deve valutare, fare delle indagini”.

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La distinzione che Sempio fa tra l’autorità giudiziaria e l’opinione pubblica rivela una strategia precisa: mantenere il rispetto verso chi deve decidere del suo destino giudiziario, mentre mostra disprezzo per il “popolo bue”, come lui stesso lo definisce: “Del popolo bue non me ne frega più niente. Di andare a impressionare la casalinga, fargli credere… no, casalinga, pensa quello che vuoi, odiami… continua a pensare che in mano a lei c’era una ciocca dei miei capelli che però nessuno, per dieci anni, ha mai”.

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E ancora: “Nessuna delle squadre degli investigatori si è mai accorta che c’era un’intera ciocca di capelli… continua a pensare, sì, pensa che mi sono tagliato i capelli per non nascondere il fatto che… se poi tagli i capelli, ma il capello è uguale lo stesso… vogliamo analizzare il capello… non è che superata una certa lunghezza la struttura del capello cambia”.

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L’attacco alla prova del Dna

Particolarmente significativa è una conversazione del giorno precedente, sempre intercettata in auto, dove Sempio cerca di smontare la traccia genetica trovata sulle unghie della vittima. “Questa merda di Dna, ma cosa state dicendo… ma il fatto è che ormai alla gente piace discutere su quello, perché se tu parti dal presupposto che c’è il mio Dna allora puoi discutere su tante cose… come c’è rimasto, se non c’è rimasto, come ha fatto a trasmettersi, se è vero che può essere rimasto… incomprensibile… se era un’aggressione, se era sopra, se era sotto… quelle minchiate lì”. Le parole, qui, sono in parte coperte dalla musica dell’auto. 

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I riferimenti all’avvocato Giarda

Nelle stesse conversazioni emerge un riferimento all’avvocato Giarda, ex difensore di Alberto Stasi, l’uomo poi condannato definitivamente per l’omicidio di Chiara Poggi. “Te pensa che con quello che c’è nelle carte di Giarda, direttamente il pm ha detto che è una cosa… ce l’ha già detto che è una mezza minchiata, e ce l’ha detto in faccia a me… e agli due avvocati… quindi ce l’ha detto… ce l’ha detto lui… loro”, racconta Sempio, lasciando intendere che il pubblico ministero avrebbe espresso scetticismo su alcuni elementi dell’indagine.

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La seconda indagine e l’archiviazione

L’11 febbraio 2017, dieci anni dopo l’omicidio, quando Sempio è indagato per l’omicidio di Chiara Poggi, viene intercettata una conversazione in auto con il padre, due giorni dopo essere stato sentito dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal pubblico ministero Giulia Pezzino. “Adesso aspettiamo, che da quanto ho capito sei mesi per archiviare, possiamo attendere”, dice Sempio mostrando di aspettarsi un’archiviazione.

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Il ruolo dell’avvocato Tizzoni

Nelle conversazioni intercettate emerge frequentemente il nome dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia della vittima. “Il discorso è che Tizzoni è l’unico che può essere informato”, ammette lo stesso Sempio. Essendo l’unica parte offesa nel procedimento, la famiglia Poggi aveva accesso privilegiato alle decisioni della Procura. Questo elemento tecnico-procedurale mostra come Sempio fosse ben informato sulle dinamiche legali del caso e potrebbe rilevare anche una presunta strategia per ottenere informazioni sull’andamento delle indagini.

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Il dramma familiare

L’intercettazione ambientale numero 99, dell’11 febbraio 2017, rivela anche il peso che la vicenda giudiziaria ha avuto sulla famiglia Sempio. In una conversazione tra i genitori dell’indagato, Giuseppe Sempio cerca di rassicurare la moglie: “Vedrai che finirà presto… vedrai che finirà a marzo”, ma la risposta della donna è amara: “Qualsiasi momento finisca, è sempre troppo tardi”. L’archiviazione del giudice per le indagini preliminari di Pavia, Fabio Lambertucci, ebbe luogo il 28 marzo 2017.