
L'immagine dell'impronta nella relazione dei Ris mai attribuita a nessuno fino alla riapertura dell'inchiesta. Ora per gli inquirenti è la traccia lasciata da Andrea Sempio sul luogo del delitto
Garlasco (Pavia) – “Due impronte”, che non si possono attribuire a un individuo: un dito e una mano. Una miriade di altre tracce di soggetti passati in quella casa. Tutte da verificare. “Poi le telefonate a casa Poggi”, “anomalie” e “circostanze insolite”. Su Andrea Sempio era già tutto scritto nel 2020: elementi che hanno fatto sospettare di lui i carabinieri di Milano e che oggi forniscono carburante all’inchiesta riaperta sull’omicidio Poggi.
Li elenca un documento di dodici pagine del 7 luglio di 5 anni fa, firmato dal comandante del Nucleo investigativo di Milano e spedito all’allora procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. Un dossier che spinge oggi la stessa Procura che le respinse a indagare sull’amico del fratello della vittima.
Il sapone e il lavabo
Le sentenze su Alberto Stasi sostengono che egli si sia lavato le mani dopo il delitto nel bagno al piano terra, poi “ripulito”. Da qui, l’assenza di sangue e la sua impronta, l’unica, sul dispenser del sapone. I carabinieri ipotizzano che il lavabo e il dispenser “non siano stati puliti”, perché sul dispenser “ci sono numerose impronte sovrapposte che un lavaggio avrebbe cancellato”. Anzi, lì c’è ancora “il Dna di Rita”, mamma di Chiara. Nel lavandino anche “quattro capelli neri e lunghi”, fotografati ma “mai repertati”, che attestano come nessuno abbia lavato la ceramica. Di certo “non appartengono a Stasi”, che è biondo.
Le impronte digitali sulla porta e la parete delle scale
Nella villetta di via Pascoli, sottolinea l’informativa, “diverse impronte di operanti, familiari, persone che hanno frequentato la casa e anche Stasi”. Tra quelle “non giuridicamente utili”, ovvero senza i 16 punti di comparazione che servono per attribuirle, ce ne sono due. Un contatto sulla parte interna della porta, scoperto dal Ris il 18 agosto 2007, “generato da una mano sporca”. Ovvero con tracce organiche “non sottoposte ad alcuna indagine”, “che non venne fatta neppure per analogo contatto (totalmente inutile a un esame dattiloscopico) – scrivono i carabinieri – sulla parete delle scale dove fu ritrovato il cadavere, su cui però fu eseguito il combur test per certificare la natura della traccia. Che è sicuramente dell’assassino”. Se anche la traccia sulla porta fosse sangue, “gli otto punti utili non sarebbero sufficienti ad attribuire l’impronta”, ma si “può escludere se sia di un soggetto”, perché se qualcuno non ha quei punti “l’impronta non è sua”.
Le scarpe (sbagliate) in casa
Per dimostrare che non è detto che le impronte dell’assassino, attribuite a Stasi, siano effettivamente le sue, i militari di Milano segnalano come un carabiniere che il 13 agosto 2007 entrò sulla scena del crimine, fornì un paio di scarpe “per un confronto con le tracce di suola repertate”. Ma egli “consegnò un paio di scarpe che non erano quelle che indossava quel giorno”. Seguono la foto delle scarpe consegnate, e quella tratta da giornali che ritrae il militare con altre calzature, accanto al furgone che raccolse il corpo di Chiara.

Dall'avviso di garanzia all'impronta sulla scena del delitto, tutto in poco più du due mesi. Due mesi in cui è crollato il mondo di Andrea Sempio, il nome al centro della nuova indagine sul delitto di Garlasco, clamorosamente riaperto a 18 anni di distanza nonostante la condanna definitiva di Alberto Stasi, l'allora fidanzato della vittima Chiara Poggi.
Andrea Sempio, 19 anni all'epoca dei fatti e oggi 37enne, era già stato lambito dalle indagni tra il 2016 e il 2017, su sollecitazione dei legali di Stasi riguardo al Dna ritrovato sotto le unghie di Chiara Poggi, ma quelle accuse furono archiviate. Oggi invece, grazie a metodi e tecniche di ultima generazione, l'inchiesta potrebbe avere risvolri diversi.
Andrea Sempio sulla scena del delitto
A pagina 7, la prima citazione di Sempio. “Fermi restando gli elementi a carico di Stasi bisognerebbe prendere in considerazione quantomeno l’ipotesi di un correo. Elementi evidenti sui quali sembrerebbero esserci spazi di approfondimento sono emersi attorno a Sempio”. “Anomalie in relazione alle informazioni testimoniali, come decisamente insolite si rivelano alcune circostanze”. Per i carabinieri Sempio dice di sapere “che l’amico Marco è in vacanza”. Ma telefona tre volte il 7 e l’8 agosto a casa Poggi. “Uno sbaglio”. Avrebbe confuso il numero fisso di Marco con il cellulare.
Ma in “sette mesi tale errore non si è mai ripetuto”. In seguito, Sempio richiama. “Perché lo fa se sa che l’amico è in vacanza?”, è il dubbio. Infine, l’alibi. “Sempio era già stato sentito, ma conserva il ticket della sosta a Vigevano”. Perché farlo, se ha chiarito tutto?