
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio nell'aula del Senato
Milano – “Premesso che non voglio e non debbo parlare di vicende in corso, trovo irragionevole che dopo una o due sentenze di assoluzione sia intervenuta una condanna senza nemmeno rifare l’intero processo”. Con una dichiarazione di insolita portata, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ospite della trasmissione Zona Bianca su Retequattro, ha messo in dubbio l’esito del lungo processo giudiziario sul caso di Garlasco, che ha portato nel 2015 alla condanna in via definitiva di Alberto Stasi per l’omicidio dell’allora fidanzata Chiara Poggi avvenuto il 13 agosto 2007. Per quel delitto, oggi è indagato Andrea Sempio, all’epoca amico del fratello della vittima.
Il ministro ha definito la condanna “irrazionale, perché se per legge si può condannare soltanto al di là di ogni ragionevole dubbio, quando uno o più giudici hanno già dubitato al punto da assolvere, non si vede come si possa condannare. Questo secondo è irragionevole e andrebbe cambiato con una riforma che noi abbiamo provato a fare e abbiamo fatto a metà”.
Conseguenze del caso
Alla domanda se prevede conseguenze per i magistrati della prima inchiesta, Nordio ha risposto: “No, assolutamente no. La responsabilità si può avere soltanto quando il magistrato non conosce la legge o dimostra di non conoscere le carte. Proprio per questo in tutti i processi esiste nei paesi democratici un doppio o triplo grado di giurisdizione perché si presume che la sentenza possa essere sbagliata”.
Rispondendo invece su possibile contraccolpi per la reputazione della magistratura da una revisione del processo Stasi, Nordio ha risposto: “Credo che purtroppo in questo momento l’opinione pubblica nei confronti della giustizia sia abbastanza negativa. Secondo me più che una colpa dei magistrati è una colpa delle leggi. I magistrati amministrano queste leggi che sono imperfette e che consentono addirittura di procrastinare dei processi all'infinito anche quando bisognerebbe avere il coraggio di chiuderli”.
Il processo ad Alberto Stasi
Fin dall’inizio, il principale sospettato fu Alberto Stasi, che trovò il corpo e chiamò i soccorsi. Il primo processo si concluse nel 2009 con l’assoluzione di Stasi in primo grado per insufficienza di prove, sentenza confermata in appello nel 2011. Tuttavia, la Corte di Cassazione nel 2013 annullò l’assoluzione, ordinando un nuovo processo d'appello, citando lacune nelle indagini e l’esclusione di prove rilevanti.
Il secondo processo d’appello si aprì nel 2014 e si concluse nel dicembre 2015 con la condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato. Tra gli elementi chiave emersi nel nuovo processo vi furono nuove perizie sulle scarpe, sulle bici e sull’orario di morte di Chiara. La Cassazione nel 2016 confermò la condanna, rendendola definitiva. Il caso Garlasco è divenuto emblematico per l’opinione pubblica e per la complessità delle indagini, che hanno messo in evidenza i limiti delle prove scientifiche e le difficoltà del processo penale italiano.