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Il Dna di Ignoto 3, la nuova pista nel delitto di Garlasco: tamponi ad almeno 30 persone

Nuovo risultato sul fronte dell’incidente probatorio, cosa c'è sulla garza? In due prelievi su tre stessa contaminazione. Test a tutti coloro che hanno avuto contatti con il cadavere di Chiara Poggi

Garlasco (Pavia), 15 luglio 2025 – È spuntata una nuova pista nel delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, a Garlasco, nel Pavese: un Dna maschile sconosciuto è stato trovato nel cavo orale della vittima. Le analisi genetiche confermano la presenza di un profilo non attribuibile né ad Alberto Stasi – in carcere dopo una condanna definitiva – né ad Andrea Sempio, indagato in questa nuova inchiesta, e neppure alle persone della sua più stretta cerchia di amici

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Ora si passa alla fase successiva: confrontare quel Dna con almeno 30 persone che hanno avuto contatti con il corpo, inclusi i tecnici della riesumazione che si sono occupati di prendere le impronte dattiloscopiche. I prelievi per la comparazione dovrebbero quindi essere fatti a tutti quelli che sono entrati in contatto col cadavere. 

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Cosa c’è sulla garza

Sono tre su cinque i risultati ‘utili’ sul fronte della garza che è stata usata nella bocca della 26enne per raccogliere il suo materiale genetico da confrontare con le tracce dell’omicidio. E anche la replica sulla terza ‘traccia’ ha restituito un presunto inquinamento. Di questa ripetizione ne dà conto la mail della genetista Denise Albani – scelta dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia Daniela Garlaschelli - inviata nella tarda mattinata ai consulenti del nuovo indagato Andrea Sempio, del condannato Alberto Stasi e della famiglia della vittima.

Sulla garza di pochi centimetri usata in sede di autopsia e che ha toccato tutte le pareti della bocca della giovane sono stati fatti cinque prelievi. Uno ha mostrato un aplotipo Y (linea maschile) compatibile al 99% con Ernesto Gabriele Ferrari l’assistente del medico legale, un secondo è in parte sovrapponibile a Ferrari e in parte no (fino a qui gli elementi noti) e la seconda replica odierna ha restituito anche nel terzo prelievo una traccia ‘mista’ di Ferrari e dello stesso materiale ignoto. Si tratta di un campione ancora più esiguo e degradato degli altri due e che avvalora che la garza fosse già contaminata prima del prelievo.

In tutti e tre i casi si tratta di campioni che sono inferiori a una sola cellula (tra i 2 e i 4 picogrammi) rispetto alla quantità della vittima (presente con concentrazioni nell’ordine dei 40.000 picogrammi) e che la logica e la scienza lega a un “inquinamento”. E che questa sia l’ipotesi a cui crede l’esperta del giudice è anche legata alla sua richiesta di “qualche specifica in più” al medico legale Marco Ballardini per capire come e da chi è stata maneggiata la garza durante l’autopsia.

Nuova pista a contaminazione?

Gli inquirenti sono ora chiamati a stabilire se quel Dna possa rappresentare una nuova pista investigativa oppure se si tratti di una contaminazione avvenuta dopo la morte della ragazza. Un'ipotesi possibile, considerando che i prelievi furono eseguiti con una garza, e non con un tampone orale, come previsto dalle buone pratiche. Luciano Garofano, ex comandante dei Ris e consulente della difesa, ha definito quella garza un mezzo inadatto: “Poteva contenere residui genetici di più persone”. Secondo il genetista, la modalità di raccolta avrebbe potuto compromettere i risultati.

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Test ad almeno 30 persone

Le comparazioni del Dna saranno effettuate su almeno trenta persone. Si tratta di soggetti che hanno avuto accesso diretto alla scena del crimine o al cadavere di Chiara Poggi: medici legali, tecnici della scientifica, soccorritori e personale che ha partecipato alla riesumazione. L'obiettivo è duplice: escludere ogni contaminazione ambientale e verificare se tra questi individui si nasconde il portatore del profilo genetico sconosciuto. 

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I match già negativi

Fino ad oggi, i test genetici effettuati non hanno fornito collegamenti con Alberto Stasi, già condannato per l'omicidio, né con Andrea Sempio. I loro profili genetici risultano completamente diversi da quello denominato "ignoto 3". Questo risultato rafforza l'ipotesi che si tratti di un soggetto mai preso in considerazione prima, o di una contaminazione dovuta a negligenze procedurali.