
Marcello Viola, 68 anni, procuratore capo di Milano. È in magistratura del 1981
Milano – I progetti di sviluppo immobiliare che hanno cambiato il volto di Milano, archistar e il business del mattone, gli affari sporchi della galassia ultrà di Inter e Milan e la pulizia nelle curve di San Siro e nei club, lo sfruttamento del lavoro nella catena dei subappalti della logistica e dell’alta moda, le big tech e il Fisco. Inchieste che stanno toccando centri di potere nel capoluogo lombardo, portate avanti dalla Procura guidata da Marcello Viola. Il primo ’Papa straniero’ nell’arco di mezzo secolo, che non è cresciuto professionalmente al quarto piano del Palazzo di giustizia. Un procuratore venuto da fuori, da Firenze, dove fino al 2022 è stato procuratore generale.
Classe 1957, è in magistratura dal 1981. Originario di Caltanisetta, è stato pubblico ministero a Palermo prima di diventare procuratore a Trapani, dove ha combattuto Cosa Nostra. A Milano ha preso le redini di un ufficio che nel 2015, anno di Expo, aveva vissuto periodi travagliati, con lo scontro epocale tra l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. In quel periodo Robledo accusava il capo di non indagare a sufficienza sugli appalti dell’Esposizione universale, e la faida aveva spaccato in due la Procura. Poi è arrivato Francesco Greco e, dal 2022, Viola, ’Papa straniero’ nominato dal Csm. Le indagini sulla gestione dell’urbanistica milanese, che ora hanno fatto un ulteriore salto di livello, affondano le radici in esposti presentati anni fa da residenti che si ritenevano danneggiati dalle nuove torri costruite al posto di aree dismesse a ridosso delle loro case.
Esposti su presunti abusi edilizi che non sono finiti in un cassetto, ma hanno dato il via a una serie di indagini certosine affidate dalla procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano, in questo caso magistrato di lungo corso a Milano, dove ha trascorso quasi tutta la sua carriera, a un pool di pm, Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, che attraverso il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf ha messo sotto scacco il business miliardario del mattone. Pm che, nel decreto di perquisizione, evidenziano la “degenerazione della gestione urbanistica dell’amministrazione comunale di Milano i cui uffici, piuttosto che presidio di tutela dell’interesse pubblico e centro della pianificazione urbanistica sono stati asserviti alle utilità di una cerchia ristretta ed elitaria di soggetti privati che hanno imposto programmi e interventi di un’imponente e incontrollata espansione edilizia della città”.
Parole che evocano il passato, quegli intrecci anni ’60 raccontati in film come ’Le mani sulla città’ di Francesco Rosi, in un presente dove i progetti immobiliari sono presentati con nomi anglofoni e imponenti campagne marketing. Le indagini della Procura, in questo caso coordinate dal pm Paolo Storari, hanno messo sotto i riflettori anche il mondo del lusso e lo sfruttamento dietro il made in Italy.
L’amministrazione giudiziaria nei confronti di Loro Piana, disposta nei giorni scorsi dal Tribunale, è stata preceduta da altri provvedimenti analoghi nei confronti di Armani, Dior e Alviero Martini spa. Procedimenti, questi ultimi, poi “tutti conclusi positivamente con la revoca della misura”, dopo percorsi virtuosi di bonifica.
Le inchieste sul caporalato nella logistica e nei trasporti hanno consentito di recuperare somme milionarie e di mettere in regola migliaia di lavoratori. Anche il colosso Amazon è finito nel mirino per una presunta maxi-frode fiscale.