
La prima denuncia del sarto cinese e le indagini sulla catena dei subappalti per Loro Piana. Dalle ditte di Baranzate a Montenapo, ricarico fino a 2mila euro a giacca. La griffe: collaboriamo.
Milano – Il contratto prevedeva quattro ore di lavoro al giorno, ma il cinese titolare del laboratorio "imponeva lo svolgimento di 13 ore giornaliere di lavoro, dalle 9 della mattina alle 10 di sera, con solo mezz’ora di pausa per il pranzo e mezz’ora per la cena". Nessun giorno di riposo e lo stipendio, circa 1500 euro al mese per realizzare pregiate giacche in cashmere, "veniva corrisposto in contanti". Il sarto, anche lui cinese, dal 2015 viveva in un dormitorio attiguo alla fabbrica in via dei Giovi a Baranzate, alle porte di Milano. Quando ha chiesto spiegazioni su ritardi nel pagamento dello stipendio, il datore di lavoro lo avrebbe preso a pugni, colpendolo poi "con un tubo di plastica ed alluminio", provocando ferite che hanno richiesto un ricovero al pronto soccorso. Da questo episodio e dalla denuncia presentata dal sarto sono partite le indagini dei carabinieri, coordinate dal pm Paolo Storari, che risalendo lungo la catena dei subappalti sono arrivate fino alla committente, la griffe Loro Piana, uno dei simboli del made in Italy. Il Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria per un anno nei confronti della società, controllata dal colosso francese Lvmh, che ha come presidente Antoine Arnault.
Sempre su richiesta del pm Storari e sempre per omessi controlli, in passato erano finite in amministrazione giudiziaria società di altri grandi gruppi della moda, come Armani, Dior e Alviero Martini spa. Procedimenti, scrivono i giudici, poi "tutti conclusi positivamente con la revoca della misura", dopo percorsi virtuosi di bonifica. L’ultimo caso, ancora aperto, quello di Valentino Bags Lab srl. Loro Piana, secondo la Sezione misure di prevenzione del Tribunale, "non ha effettivamente controllato la catena produttiva", né messo a punto "una struttura organizzativa adeguata a impedire il sorgere e consolidarsi di rapporti commerciali con soggetti operanti in regime di sfruttamento dei lavoratori". Non episodi isolati ma "un sistema che ha l’obiettivo dell’abbattimento dei costi e della massimizzazione dei profitti perpetrato nel tempo". La griffe ha fatto sapere di essere "venuta a conoscenza di questa situazione (la presenza di subfornitori non dichiarati, ndr) il 20 maggio e, di conseguenza, ha interrotto ogni rapporto con il fornitore coinvolto in meno di 24 ore". Ed esprime "la totale disponibilità a collaborare con le autorità".
Le giacche in cashmere vengono vendute nelle boutique Loro Piana a un prezzo che oscilla tra 1000 e 3000 euro, quindi con un "ricarico" per il brand, ricostruito attraverso documenti e testimonianze, tra i 1000 e i 2000 euro a capo. "Io pagavo alle società cinesi 80 euro al pezzo se non facevano il taglio, 86 euro con il taglio – ha spiegato ai carabinieri la titolare italiana di una società intermediaria di Nova Milanese –. I volumi di produzione erano di circa 6000/7000 capi l’anno, anche se nell’ultima stagione, primavera estate 2025, era diminuita di circa 2000 capi. Per la Loro Piana il costo pattuito era 118 euro a giacca se la commessa era superiore a 100 capi". Numeri che fotografano il giro d’affari, lungo i 13 chilometri che separano la zona industriale di Baranzate con i suoi opifici cinesi dalla boutique nel Quadrilatero, meta per vip e turisti di tutto il mondo, anche se Loro Piana dice che "i costi riportati non sono rappresentativi degli importi effettivamente corrisposti al fornitore".
"Il titolare aveva dato ai dipendenti l’ordine di scappare – ha spiegato ai carabinieri il sarto cinese che ha avuto il coraggio di ribellarsi – nel caso si fossero presentate in azienda persone straniere diverse dai clienti abituali". Quando i militari del Nucleo tutela lavoro, lo scorso 13 maggio, hanno ispezionato la fabbrica, due operaie cinesi hanno cercato di nascondersi. Sono stati trovati dormitori, la metà dei lavoratori (6 su 12) in nero. Per il titolare è scattato l’arresto per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ultimo anello di una catena che porta fino a via Montenapoleone.