REDAZIONE PAVIA

Garlasco, l’impronta 33 e il Dna sotto le unghie di Chiara. L’ex procuratore di Pavia Venditti sulle archiviazioni nel 2017 e 2020: “Erano prove scientifiche inservibili”

L’ex magistrato passa al contrattacco, dopo aver scelto di restare in silenzio sull’inchiesta riaperta a 18 anni dall’omicidio e a 10 dalla condanna definitiva di Stasi. Oltre alla “33” altre impronte saranno al centro dell’incidente probatorio che prenderà il via il 17 giugno

Andrea Sempio e l'ex procuratore di Pavia Mario Venditti

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Garlasco (Pavia), 24 maggio 2025 – L'ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, ora in pensione, passa al contrattacco dopo che le nuove indagini su Garlasco hanno messo in forte discussione le richieste di archiviazione da lui firmate nel 2017 e nel 2020, che ipotizzavano un coinvolgimento di Andrea Sempio. In una lunga nota, il suo legale Domenico Aiello sottolinea che Venditti non diede seguito agli accertamenti "attesa l'inservibilità e infruttuosità della prova scientifica dedotta, attestata dai consulenti del Reparto investigazioni scientifiche (il Ris) dei carabinieri" e il non riscontro di "anomalie nelle precedenti indagini". 

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Le indagini del 2017 e del 2020 

Il riferimento è alla presenza di Dna sulle unghie di Chiara Poggi ritenuto all'epoca materiale genetico non utilizzabile che invece, secondo l'ipotesi dei magistrati pavesi attuali, non solo lo sarebbe ma viene anche attribuito a Sempio. Le indagini del 2017 e del 2020 erano state sollecitate dalla difesa di Stasi e dai carabinieri del Nucleo Investigativo che stanno svolgendo i nuovi accertamenti. Dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna di Alberto Stasi nel 2015, Venditti è stato “co-assegnatario (dunque non unico), di un fascicolo d’indagine su Andrea Sempio, originato da un esposto della difesa Stasi e sulla scorta delle risultanze certificate dai consulenti della Corte d'Appello di Milano già anni prima, mai contestate dalla Procura Generale". L'ex magistrato dispose comunque "nuove indagini, all'esito delle quali ritenne di chiedere "l'archiviazione della ipotesi investigativa". Il giudice per le indagini preliminari la accolse decretando così la conclusione dell'indagine nel marzo 2017. 

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La scelta del silenzio 

 "Venditti sin da principio non ha inteso interferire con le diverse indagini di cui a vario titolo si dà conto sui mezzi d’informazione, né ha inteso partecipare o alimentare il battage mediatico – è il testo della nota –. Ciò non di meno non è possibile astenersi dal rappresentare il danno illecito che sino ad oggi sta subendo dalla mole di notizie false e prive di ogni riscontro oggettivo". L’insinuazione, cioè, che quelle due archiviazioni delle indagini nei confronti di Sempio, in due momenti distinti, siano state un “passo falso” in quanto richiedevano invece di essere maggiormente soppesate.

L’impronta 33  

Nell’ambito della nuova inchiesta che coinvolge Sempio, gli inquirenti si stanno concentrando sull’impronta di una mano presente su un lato del muro delle scale che conducono alla taverna della villa di via Pascoli. Nel 2007 quella macchia violetta isolata dai Ris non era stata considerata utile alle indagini. Oggi, a quasi 18 anni di distanza, nelle settimane in cui il caso del delitto di Garlasco è stato clamorosamente riaperto, con un “nuovo-vecchio” indagato, quella che ormai è nota come l’impronta 33 – dal numero assegnato al reperto – è al contrario reputata uno dei possibili punti di svolta per riscrivere la storia di uno degli omicidi più discussi della storia criminale d’Italia, venendo ora attribuita proprio ad Andrea Sempio, l’amico di Marco Poggi, fratello della vittima, accusato di omicidio volontario in concorso. 

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Valutazioni 

E un invito alla massima prudenza, proprio in merito all’impronta 33, arriva anche da Ugo Ricci, consulente della difesa di Alberto Stasi. "Sembrerebbe che siamo di fronte a un'incongruenza clamorosa – afferma – se pensiamo che nel 2007 il Ris la considerava non utile e ora lo stesso Ris la valuta utile e individua 15 punti di contatto con quella di Sempio. Merito delle nuove tecnologie? No, dal punto di vista dattiloscopico non possiamo dirlo. Può essere che all'epoca non sia stata trovata utile dopo un primo confronto con l'indagato di allora, Stasi".

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In ogni caso, avverte Ricci, gli accertamenti saranno complicati e per prima cosa bisognerà stabilire cos'è rimasto a disposizione della traccia a cominciare dall'intonaco grattato dal muro dove, l'ipotesi è tutta da dimostrare, potrebbe esserci del sangue. "Per adesso abbiamo le fotografie, bisognerà capire se e cosa è rimasto, anche di quell'intonaco".   

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La firma dell’assassino  

Secondo gli inquirenti l’impronta prelevata dall’intonaco delle scale della tavernetta, a poca distanza dal corpo di Chiara, sarebbe stata lasciata dall’assassino della 26enne mentre lasciava la villetta. La difesa di Stasi intende presentare una relazione per chiedere approfondimenti sull’impronta  già sottoposta a indagini (all’epoca il Combur alla ricerca dell’emoglobina aveva dato esito dubbio e l’Obti per identificare sangue umano esito negativo).

Nel 2007 quell’impronta fu trattata con ninidrina, sostanza che, reagendo, le aveva dato una colorazione particolare a causa della rilevazione di amminoacidi presenti nel sudore e nel sangue, ma si approdò a nulla. In questi anni, con i progressi nel campo delle tecniche scientifiche forensi, qualora il reperto venga recuperato, sono amplificate le possibilità di arrivare a conclusioni che consentano di aggiungere qualche tessera all'ipotesi dell'inchiesta in corso.  

L’altra impronta sotto esame 

Al pari, potrebbero aprire spiragli anche gli esami, che avverranno nell'ambito dell'incidente probatorio che comincerà il prossimo 17 giugno, sull'impronta digitale numero 10, quella repertata sulla parte interna della porta di casa Poggi. Si tratta di un dito di una presunta "mano sporca" lasciata dall'assassino quando è fuggito: con i kit attualmente in commercio si può stabilire se ci siano tracce ematiche riconducibili a Chiara e magari anche qualche ulteriore profilo maschile. 

Sulla porta dell’abitazione 

Essendo già stato escluso che appartenga a Sempio, o a Stasi, potrebbe consegnare un riscontro al capo d'accusa formulato nei confronti del 37enne amico di Marco Poggi, laddove si dice che avrebbe agito in concorso con altri per via del secondo profilo di Dna al momento senza identità rilevato sulle unghie di Chiara. E altre impronte sono state trovate nella villetta, che non apparterrebbero né ad Andrea Sempio né ad Alberto Stasi. Una è quella trovata sulla porta dell’abitazione che sarà sottoposta all’esame del Dna per verificare se sia di quell’ignoto 2 di cui ci sarebbero tracce biologiche sotto le unghie di Chiara.