
Il sindaco Giuseppe Sala e la segretaria del Pd Elly Schlein durante un incontro a Palazzo Marino
Milano – Giancarlo Tancredi annuncerà le dimissioni in Consiglio comunale. Lunedì, in aula, l’assessore alla Rigenerazione urbana, per il quale la procura di Milano ha chiesto gli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sull’urbanistica, rivendicherà la correttezza del suo operato e spiegherà che il passo indietro è motivato da necessità difensive ma anche dalla volontà di consentire alla Giunta del sindaco Giuseppe Sala di proseguire al meglio il proprio lavoro su partite sempre più delicate, a partire dalla vendita dello stadio di San Siro.
Questo lo scenario oggi. Ma da qui a lunedì c’è di mezzo un weekend cruciale per capire se e come Sala potrà continuare a gestire proprio le partite di cui sopra. E stavolta c’entra la politica, c’entrano gli equilibri interni alla sua maggioranza, c’entra il suo rapporto col Pd di Elly Schlein.
Ieri Sala ha incontrato Tancredi per l’ennesima volta. Ma soprattutto ha incontrato una delegazione del Pd al completo, dalle segreterie lombarde e cittadine fino ai capigruppo. E sarebbe potuta andare meglio. Tant’è che gli incontri proseguiranno nel fine settimana. Sala, infatti, non ha gradito alcuni passaggi del comunicato diffuso ieri da Schlein. Dopo aver ribadito che il Pd «è al fianco del sindaco» e «continua a sostenere il lavoro che l’amministrazione farà nei prossimi due anni», la segretaria nazionale del Pd ha sottolineato che alcune sfide di governo «sono diventate più pressanti e urgenti e – ecco il punto particolarmente indigesto per Sala – richiedono segnali di innovazione e cambiamento».
Sulla necessità di «segnali di cambiamento» avevano insistito, giovedì, anche Alessandro Capelli e Pierfrancesco Majorino, nell’ordine segretario milanese e capogruppo del Pd in Consiglio regionale: «Si deve imprimere una svolta nel campo urbanistico – ha fatto sapere quest’ultimo –. Serve voltare pagina, migliorando alcune scelte compiute e realizzando un nuovo Piano di governo del territorio che metta al centro l’emergenza abitativa e protegga Milano da tentazioni speculative». Più sfumata Silvia Roggiani, segretaria lombarda, per la quale si possono «modificare, per migliorarle, alcune politiche».
Concetti che i Dem hanno ribadito ieri al sindaco. Come dimostra la nota diramata in serata da Capelli: «È stato un incontro positivo, abbiamo espresso al sindaco la necessità di cambiamenti concreti, e siamo rimasti d’accordo che ci rivedremo nel finesettimana». Ma la risposta data da Sala ai Dem in merito a quei «cambiamenti concreti», stando a quanto trapela da Palazzo Marino, non è di quelle che autorizzino a parlare di «incontro positivo». In riferimento al proprio operato e a quello di Tancredi, Sala ha spiegato al Pd che Milano non è (più) una città da «amministratori di condominio», definizione invece cara a Gabriele Albertini, ex sindaco di Forza Italia, che la complessità di gestione dell’urbanistica cittadina e della città più in generale è cresciuta in questi anni.
Soprattutto, Sala ha fatto capire al Pd che non vuole farsi dettare la linea su certe partite, che auspica un supporto ampio e pieno su scelte fondamentali come quella relativa alla vendita dello stadio di San Siro: proprio questo è uno dei temi «rimasti aperti», uno di quelli sui quali il primo cittadino e i Democratici dovranno trovare un’intesa nel weekend perché una parte sempre più significativa del Pd milanese ritiene che su San Siro ci si debba prendere una pausa, mentre il sindaco è deciso ad andare avanti, a chiudere la partita entro fine luglio. La rottura non ci sarà: non la vogliono né il Pd né Sala. Ma il sindaco un aut aut ieri lo ha posto. E solo al termine del weekend si capirà quale discorso si appresterà a fare il sindaco lunedì in Consiglio.