
Gabriele Albertini e Giuseppe Sala
“Anticipare il voto? Sarebbero uno sfracello politico”. Gabriele Albertini, sindaco di Milano dal 1997 al 2006, interviene così nel dibattito scatenato dall’ultima inchiesta giudiziaria sull’urbanistica, che vede oggi 74 indagati e sei richieste di arresto.
Il modello Milano è a rischio?
"Non lo so. In questi giorni è uscito un libro, “Miracolo Milano“ ed è pronto il docufilm che racconta quanto avvenuto dal 1997 al 2015. La narrazione è un’altra, quella di una città che ha saputo risollevarsi da Tangentopoli. Nel nostro doppio mandato amministrativo abbiamo realizzato opere pubbliche per il record della storia di Milano, da oltre 6 miliardi. E abbiamo fatto arrivare oltre 30 miliardi di euro di capitali del mondo per rigenerare la città. Il tutto senza un avviso di garanzia. Siamo stati solo fortunati?".
Che risposta si è dato?
"Non è fortuna. Abbiamo cercato di prevenire illeciti di tutti i tipi, anche inconsapevoli, non necessariamente dolosi, attraverso azioni. Avevo un rapporto simbiotico con la Procura della Repubblica di Milano e con il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli che mi ha offerto una collaborazione totale, consigli, suggerimenti".
Per esempio?
"Quando dovevo fare delle nomine gli mandavo i nominativi perché lui potesse vagliare la condizione giudiziaria dei soggetti. Ricevevo indicazioni anche quando le indagini erano appena iniziate e non erano ancora note alla persona, ma era giustificato dalla necessità di prevenire la corruzione".
Milano faceva “gola”.
"Abbiamo anticipato di vent’anni l’Anac di Cantone creando il gruppo “Alì Babà“ per consigliare l’amministrazione ed evitare fatti corruttivi: era composto da tre magistrati e tre dirigenti apicali. Ha introdotto i patti di integrità nel sistema degli appalti e consentito alla nostra amministrazione, nel quasi decennio, di allontanare dalla possibilità di partecipare ad appalti oltre 600 aziende che si erano dimostrate scorrette perché avevano cercato di eludere la concorrenza con scambi di proprietà e altre irregolarità. Poi abbiamo istituito l’Internal Auditing per vagliare la regolarità formale degli atti, la congruità economica".
Con Borrelli vi siete confrontati più volte anche sull’impatto di Tangentopoli, che ha spazzato via la “Milano da bere”. Queste inchieste spazzeranno via la “Milano place to be”?
"Lo scenario è nettamente diverso. Con Tangentopoli sono stati rimessi gli orologi in orario: era uno scenario strutturale in tutto il Paese, con tolleranze verso il finanziamento della politica che passava attraverso fenomeni di incremento dei costi degli appalti per finanziare il consenso elettorale. Le cose sono cambiate, anche se la corruzione è rimasta nell’azione dei singoli funzionari o delle imprese. Gerald Hines mi disse che investiva su Milano proprio perché sapeva che non c’era un “cartaro“ che dava carte truccate per partecipare alle gare".
La “Milano verticale” è nata con lei.
"È evidente che se vuoi qualità e verde in superficie e la metropolitana nel sottosuolo devi dare volumetria. I nostri grattacieli non sono mai stati oggetto di attenzioni dalla magistratura".
È ancora tempo di archistar?
"Credo di sì e mi auguro che questo sia solo un incidente, come un dente cariato tolto e sostituito da un’altra realtà, che permetta a Milano di tornare a essere quella di sempre, che innova, si rinnova".
Avrebbero senso dimissioni ed elezioni anticipate?
"No. Quello che viene richiesto anche dalla mia parte politica è uno sfracello. Ogni anno ci sono oltre 90.000 cittadini che hanno subito un processo e sono stati dichiarati totalmente innocenti. Forse è il caso che si aspetti almeno una sentenza per chiedere le dimissioni di un organo politico eletto dai cittadini. Oggi abbiamo persino la revisione di condanne passate in giudicato, si pensi a Garlasco. È paradossale che lo stesso partito di Nordio a Milano si muova contro i principi garantisti della riforma di questo governo ed è inenarrabile utilizzare la clava giudiziaria per una battaglia politica".
Inchieste a parte, il suo giudizio sulla Giunta Sala?
"Credo che, soprattutto nel secondo mandato, si sia appiattita su posizioni verde-talebane che non hanno fatto il bene della città. Il Tar ha negato la sospensione alla vendita dello stadio di San Siro ed è una buona notizia, in uno scenario molto negativo. La Giunta ha sospeso la decisione fino all’ultimo, troppo compiacente nell’ascoltare le componenti rispetto al fare. Se lo avessi fatto io, avremmo ancora la brutta copia della Milano del passato. E poi se l’è presa con le auto, quando il problema dell’inquinamento – e lo dicono i dati – ha altre fonti. Su questo sono critico. Su quello che sta avvenendo... forse si è mossa con un po’ di disinvoltura. E questo ha creato un’attenzione della Procura che poteva essere evitata con la prevenzione che è stata applicata in questi anni".