SERENA CURCI
Cronaca

Pao e i murales del Leoncavallo: “I muri appartengono ai proprietari ma il loro valore culturale è di tutti. Assurdo strapparle e metterle in un museo”

Milano, lo street artist milanese interviene nel dibattito sulle opere presenti all’interno di via Watteau: “Senza il centro sociale la città è più povera e omologata”

Pao e Paolo Buggiani all’Happening Internazionale Underground

Pao e Paolo Buggiani all’Happening Internazionale Underground

Milano – Per molti artisti i muri del Leoncavallo sono stati un posto per raccontarsi: tele bianche su cui imprimere sogni, frustrazioni, speranze di una generazione. E tra questi c’era un giovanissimo Paolo Bordino - in molti, ora, lo conoscono semplicemente come Pao - che, i primi anni 2000, varcava la soglia del centro sociale per scoprire un microcosmo in cui ogni centimetro quadrato vibrava di sapere. Qui, lo street artist milanese ha giocato con l’arte, ha flirtato con la cultura e ha capito chi voleva essere davvero; e sempre qui, pochi giorni fa, ha detto addio al luogo che l’ha cresciuto. Lo sgombero di via Watteau, per lui, ha sancito la fine di un’era, la rottura con il passato e con una Milano che credeva ancora in un’arte libera, gratuita e scevra da ogni forma di omologazione. “Stiamo perdendo una fucina di creatività e idee - racconta Pao - Pian piano i luoghi d’incontro e di scambio se ne vanno, lasciando spazio a vetrine di negozi anonimi e catene di ristoranti tutte uguali: cosa ne sarà di questa città?”.

Pao, quali sensazioni ha provato quando ha visto le immagini dello sgombero?

“Un dolore immenso. Mi è sembrato di dover dire addio a una parte di me, al mio passato. È sempre stato un luogo di libertà, d’incontro e anche di scontro, perché alla fine la cultura è dibattito. Prima o poi questo giorno sarebbe arrivato, ma non ero davvero pronto: forse ho dato per scontato il Leoncavallo o forse ho pensato, oppure sperato, che questo spazio potesse durare per sempre”.

Quali ricordi la legano a via Watteau?

“Ogni centimetro quadrato del Leoncavallo rappresenta un tassello della mia vita: qui ho scoperto la musica, l’arte e ho iniziato a esporre i miei primi lavori. Sulle pareti di questo edificio ci sono i miei disegni. Ed è sempre qui che ho portato al secondo appuntamento colei che oggi è mia moglie. Poco tempo fa ho fatto conoscere il Leonka anche a mio figlio, per me era un’occasione per mandargli un messaggio: una Milano diversa, meno schiava del denaro e della gentrificazione, è possibile”.

Il centro sociale conserva dei veri e propri ‘pezzi da museo’. Ci aiuti a fare un tour virtuale all’interno del Leoncavallo: quali opere ritiene dei capolavori?

“La facciata ospita già due perle: il dipinto realizzato da Blu e Dem nel 2005 e la poesia di Ivan sono, per me, un simbolo della Milano di quegli anni. E poi come dimenticare il murale realizzato dai Public Enemy in occasione del loro concerto del 1999. Mi fermo qui, ma potrei andare avanti: ci sono decine e decine di opere che andrebbero tutelate”.

Questo è un grande tema: alcuni murales sono pezzi di storia urbana e una parte dei sotterranei – come Dauntaun – è tutelata dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali. Cosa ne sarà di tutto questo?

“Su Dauntaun la situazione è chiara: è un’area tutelata dalla Soprintendenza ai Beni Culturali, quindi i murales lì presenti non possono essere rimossi o distrutti senza il suo coinvolgimento diretto. Per quanto riguarda il resto delle opere, è vero che legalmente i muri appartengono a dei privati, ma parliamo di lavori con un valore culturale e simbolico profondo, che raccontano una parte importante della storia artistica di Milano. Non vorrei che accadesse come a Bologna, dove le opere di Blu furono strappate dai muri per essere esposte in un museo, completamente decontestualizzate. Serve un confronto serio tra istituzioni, artisti e proprietà per capire come salvaguardare questo patrimonio”.

Che cos’è Milano senza il Leoncavallo?

“Una città molto più povera, monotona e omologata. Metto le mani avanti: a Milano la cultura esiste ancora, non se ne va con il Leoncavallo, ma diventa un privilegio per pochi. I prezzi per le mostre sono scandalosi, si arriva fino a 18 euro: chi può davvero permettersi di visitare con frequenza i musei se le cifre sono così proibitive? Mai come adesso, in un momento in cui tutto ha un prezzo, avremmo bisogno di luoghi in cui accedere alla cultura gratuitamente”.

Ma chi può salvare davvero il Leoncavallo?

“Noi artisti possiamo lavorare sulle coscienze dei cittadini, aiutarli a immaginare nuovi mondi possibili, ma la realtà è una sola: è tutto nelle mani della politica. La speranza è che l’amministrazione sia, almeno questa volta, dalla nostra parte”.