Milano, 27 maggio 2024 – Un anno fa moriva Giulia Tramontano. La 27enne – al settimo mese di gravidanza – veniva uccisa dal suo compagno, Alessandro Impagnatiello, nel loro appartamento di Senago alle porte di Milano: 37 coltellate, dopo avergli detto di aver scoperto la relazione parallela che aveva con una collega di lavoro. Poi, il tentativo di bruciare il corpo in modo da inscenare un allontanamento volontario.
E proprio oggi, il barman si è presentato nell’aula del Tribunale di Milano per rispondere alle domande dell’accusa, l’aggiunto Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo. Impagnatiello si sta giocando l’ultima carta per evitare l’ergastolo.
"Come può il tempo scorrere così velocemente, lasciandoci di te i tuoi ricordi, il tuo sorriso, la tua voce... il tuo essere sempre presente nelle nostre giornate. Oggi, dopo un anno, il tempo scorre veloce senza lasciarci un po' di pace. Giorni in cui, anche solo guardando il cielo immaginiamo che tu ci stia vedendo. Oggi e sempre, ti porteremo con noi ovunque andremo. Chiederemo giustizia per te e per Thiago fino allo sfinimento. Ti amiamo e vi ameremo per sempre. Ovunque tu sia, ovunque voi siate". Questo è il messaggio che la famiglia di Giulia Tramontano fa rimbalzare su Instagram a poche ore dalla fine dell'udienza.
Con l'altra donna "ho continuato ogni singolo giorno a dire menzogne, a mostrare amore e attaccamento nei suoi confronti fino a quando sarebbe partita" perché con lei "era una relazione prettamente carnale". Con queste parole Alessandro Impagnatiello ha ribaltato l'idea del rapporto con la collega che era emersa da un video finito agli atti del procedimento. In quel filmato, girato soltanto una settimana prima del delitto, Impagnatiello e la donna con cui aveva una relazione parallela si erano immortalati mentre scherzavano tra loro e lui diceva: "a settembre mi auguro di essere fidanzato ufficialmente con lei".
Dopo cinque ore e mezza di deposizione di Alessandro Impagnatiello, la Corte rinvia al prossimo 10 giugno.
Infine, Impagnatiello racconta la sua infanzia: "Mio padre era violento, ci chiudevamo in camera io e mia mamma perché avevamo paura. Abbiamo subito tanto e per colpa di mio padre abbiamo avuto anche problemi economici. Ci siamo ritrovati con 100mila euro di debiti proprio per colpa sua. Questo è successo nel maggio del 2023 prima che uccidessi Giulia. Ho discusso violentemente con mio padre per il danno che aveva fatto a me e anche a mia madre che proprio a maggio avrebbe dovuto sposarsi con l'uomo che mi aveva fatto da padre".
Mentre Impagantiello continua a parlare, la mamma di Giulia, Loredana Femiano, si alza e lascia l'aula. All'uscita solo poche parole: "Oggi è il giorno di Giulia. Parlate della mia Giulia. Non commento altro".
"Quanta forza deve avere una famiglia che ascolta che la propria figlia é stata uccisa perché 'stressante' (lei) e la situazione intorno? Mi auguro che l'Italia intera ricorderà per sempre quale fallimento sociale, familiare, umano si celi dietro il cognome Impagnatiello". Lo scrive, su Instagram, Chiara Tramontano, sorella di Giulia uccisa a coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello. Parole che la giovane scrive mentre l'imputato si sta sottoponendo all'interrogatorio. "Un fallimento che si mischia alla vergogna e al disgusto di chiamare 'umano' ciò che è solo malvagio. Hai fallito come padre, uomo, figlio, essere umano, non ultimo come testimone del tuo stesso omicidio. E con te, ha fallito chi ti ha 'educato' alla cultura del maschilismo, egoismo e alle menzogne" conclude Chiara.
"Ti amo e darei la mia vita per te, darei la mia vita per far continuare la tua…". É una delle frasi contenute in una lettera di scuse scritta da Alessandro Impagnatiello per Giulia Tramontano. Una missiva che viene letta in aula dalla pm di Milano Alessia Menegazzo che l'imputato non sa datare esattamente (è del 2022), ma che rivendica: "Quando dico che darei la vita per te è perché lo credo. Purtroppo o per fortuna non si è ancora presentata l’occasione per dimostrarti che darei la mia vita per far continuare la tua. A questo punto mi viene da dire che vorrei arrivasse quell’occasione. Così definitivamente toglierei ogni dubbio”.
La pm Alessia Menegazzo cita dei passaggi della consulenza psichiatrica sul barman: secondo l’esperto, sulla base dei colloqui avuti con lui in carcere, Impagnatiello identificava Giulia come “una donna cattiva, fonte di tutti i miei mali. La vedeva come la nemica che mandava in pezzi la sua quotidianeità. È probabile che abbia cominciato a covare risentimento”. Ma in aula Impagnatiello non si riconosce in questa drammatica fotografia: “Non ho accumulato mai rabbia verso Giulia. Doveva essere difesa da me, protetta da me, avere maggiori attenzioni da me”. E si dice certo che, nonostante la relazione parallela con una collega che pochi giorni dopo il delitto si sarebbe trasferita, "Io e Giulia non ci saremmo mai lasciati. Il 27 mattina (poche ore prima dell'omicidio, ndr) stavamo parlando di passeggini che lei sarebbe andata a vedere, discutevamo sul colore da scegliere" conclude l'ex barman.
L'accusa incalza sulle contraddizioni tra le ricerche per farla abortire e la decisione di non interrompere la gravidanza. "Ricordo quel 5 gennaio, Giulia aveva un appuntamento per interrompere la gravidanza, ma non volevo che abortisse perché in quel momento il bambino lo volevo" anche perché, svela Alessandro Impagnatiello, reo confesso, "non sarei riuscito ad assumermi la responsabilità di un aborto nei confronti di Giulia, della sua famiglia e della mia". In aula, davanti alla corte d'Assise di Milano, l'imputato racconta la "confusione" rispetto a questa nascita, ma non verso chi definisce l'amore della sua vita.
Perché ha ucciso Giulia? Chiede la pm in aula. “È una domanda che mi sono fatto miliardi di volte. È una domanda che non avrà mai una risposta”. Alla gip, Impagnatiello aveva detto dopo l’arresto: “L’ho deciso senza motivazioni. Era stressante, non c’era un reale motivo. Era lo stress di gestire due vite parallele: una fuori, al lavoro con A., e una più reale in casa con Giulia".
La Corte di assise di Milano ha dissequestrato l'appartamento di via Novella a Senago, ad esclusione del tappeto e della lavatrice, dove è avvenuto l'omicidio di Giulia Tramontano. La procura ha dato parere favorevole all'istanza formulata dai proprietari dell'abitazione, in cui Impagnatiello e la ventinovenne erano in affitto. La pm Alessia Menegazzo ha anticipato la possibilità di svolgere un esperimento giudiziale sulla capacità della lavatrice di contenere il tappeto. Stando alle risposte fornite oggi da Impagnatiello l'oggetto d'arredo al momento dell'omicidio non c'era perché Giulia l'avrebbe lavato il giorno stesso o quello precedente. Una versione ritenuta inverosimile dagli inquirenti.
Dopo un'ora di pausa, riprende l'udienza in Tribunale a Milano. "A dicembre venni a sapere della gravidanza di Giulia, avevo un'altalena emotiva, lei aveva pretese che ci avrebbero allontanato, voleva comperare casa e si lamentava dei miei orari", dice Impagnatiello. E continua impassibile: "In quel momento il bambino era un problema, un ostacolo. Per quello ho cominciato a fare ricerche su come avvelenare il feto. Non volevo fare del male a Giulia volevo solo - scusate il termine - colpire quel bambino. Il mio più grosso timore era che quel bambino potesse farmi perdere Giulia. Nel suo interrogatorio, davanti alla corte d'Assise di Milano, ribadisce di aver somministrato il topicida "due volte", quando Giulia dormiva, "dopo il 4-5 maggio, a 2-3 giorni 2-3 di distanza. Alla pm Alessia Menegazzo che gli contesta che le ricerche online sulla ricerca di veleno sono iniziate già nel dicembre del 2023, ben sei mesi prima del delitto, l'imputato replica: "Volevo capire che danno facesse questo veleno per topi, cercavo di capire che danno potesse subire Giulia" perché l'obiettivo era "esclusivamente" il feto. Rivelazioni smentite dai risultati dell'autopsia.
"Una parte di me sapeva dove fosse Giulia, ma l'altra parte la cercava e non credeva a quella realtà, ero io che attendevo che il telefono squillasse per trovarla. Questa falsità dell'allontanamento volontario l'ho portata avanti per tanto tempo, non solo con gli altri, ma anche a me stesso", afferma, nell'interrogatorio in corso a Milano, Alessandro Impagnatiello. Inutile il suo tentativo "di ridurla in cenere. Non si può far sparire una persona senza lasciare tracce, non è un fazzoletto che si può veramente far sparire, ma continuavo ad alimentare questa enorme follia che il mio corpo ha commesso e dall'altro continuavo a cercare Giulia, a rivolerla a casa" aggiunge. "Non andai dai carabinieri per l'avviso di garanzia ma perché non ce la facevo più, per svuotarmi da qualcosa che mi divorava e che ancora mi divora" conclude Impagnatiello, omettendo che furono i militari a convocarlo.
Impagnatiello torna a parlare del veleno: "Giulia andava a dormire molto presto. E dormiva con la bocca aperta così, quando ero sicuro che non si sarebbe svegliata, le mettevo chicchi di veleno per topi in bocca. Ma ci tengo a dire non per recare danno a Giulia, non volevo far male a Giulia. Volevo provocarle un aborto”.
L'imputato insiste a spiegare come si sentiva nei giorni dell'omicidio e delle ricerche di Giulia: "Avevo una scissione tra me e la mia anima: una parte di me l'aveva uccisa e una parte di me la cercava insieme agli altri. Un conto era ciò che faceva il mio corpo, un conto era la mia anima".
Impagnatiello racconta poi gli spostamenti del corpo di Giulia: “Cercai di trasportarlo di nuovo dalla cantina al box. Non ci riuscii perché qualcosa mi impediva lo spostamento. Tentati di spostare il corpo dalla cantina alla macchina. Non ci riuscii, lo portai in cantina. Da lì poi al box. Posizionando poi la macchina dentro il box”. Ed ecco l’episodio del 30 maggio: “Andai a pranzo da mia mamma, ma io quel giorno avevo il cadavere in auto con me. Tra il 30 e i 31 maggio decisi poi di toglierlo dall'auto e spostarlo in mezzo alle siepi del box".
Il tappeto non era in sala e il divano non è stato coperto. Due elementi su cui la procura insiste per dimostrare la premeditazione del delitto. "Il tappeto non c'era, Giulia lo aveva lavato la mattina nella lavatrice ed era steso fuori" e il "divano è sempre rimasto li, è stato spostato solo successivamente alla morte. È stato anche pulito, qualora ci fossero delle macchie di sangue, ma il divano non fu intaccato da evidente tracce di sangue. Ho ucciso Giulia con il divano non coperto" sottolinea l'imputato. Dopo il delitto, "usai il telefono di Giulia, risposi alle persone che la stavano contattando, cercai di continuare a nascondere e nascondermi, perché abbia utilizzato la parola 'madre' (alla mamma di Giulia, ndr) non c'è un motivo" aggiunge. "Quella notte tra il 27 e il 28 non ho dormito, ho ripulito tutto l'appartamento con lo sgrassatore, ho ripulito con una spugnetta, ho riposizionato il tappeto". E prosegue: "Ho buttato i documenti di Giulia insieme al suo cellulare in un tombino vicino al Mc Donald's dove vado solitamente. Tutto il materiale sporco l' ho buttato nei cassonetti".
Quando Alessandro Impagnatiello racconta dei tentativi di bruciare il corpo della compagna uccisa, la sorella Chiara preferisce uscire dall'aula, così come altri parenti della vittima. La mamma, Loredana Femiano, invece resta seduta, accarezzando la schiena del figlio Mario seduto accanto a lei, e fissando solo la foto di Giulia che ha posto sul tavolo davanti a lei. Il marito Franco - che soffre di cuore - ha preferito restare a casa visto l'alto tasso emotivo dell'interrogatorio.
Dopo l'omicidio, Impagnatiello sente l'altra ragazza: "Chiedeva notizie di Giulia perché non stava rispondendo al telefono. Di fronte alle ennesime bugie che raccontavo, dicendo che Giulia stesse dormendo o che era uscita, A. fece una videochiamata per visualizzare, per vedere dove fossi, cosa stessi facendo. Mi chiese di vedere l’appartamento. Il cadavere di Giulia in quel momento era nel box. Avevo già pulito l’appartamento, quando A. lo vide non notò nulla". Ma il giovane quella notte voleva vedere A.: “Avevo insistito nel volerla vedere, io le dissi: ti voglio parlare questa volta, poi non ti ostacolerò mai più. E così sono andato sotto casa sua e l'ho aspettata per ore. Lei ha accettato di parlarmi solo attraverso le grate della finestra. A. era l'unica persona che volevo vedere perché anche lei era vittima di queste mie follie". Infine, "sono rientrato a casa, era notte fonda. Ho riprovato a dare fuoco al cadavere ma non riuscivo a rendere il corpo di Giulia cenere".
Impagnatiello spiega cos'ha fatto dopo l'omicidio: "Avvolto da uno stato di insensata follia, di illogica, di pazzia totale, ho cercato di far sparire il corpo di Giulia. Ho cercato di dare fuoco al cadavere in bagno, nella vasca da bagno. Ho trascinato il corpo dalla sala alla vasca da bagno. Lì cercai di dar fuoco al corpo. Ho usato prodotti infiammabili. Successivamente tentai nuovamente di dar fuoco al corpo spostandola questa volta dal bagno ai box". E ancora: "In mezzo a tutte queste azioni confusionarie, era come se una parte di me, forse una minuscola parte di me, era viva, cercasse aiuto, di essere vista da qualcuno. Volevo che qualcuno mi scoprisse, chiamasse la polizia e interrompesse tutto”.
Impaginatiello prosegue con il racconto di quella sera: "A un certo punto ho sentito un piccolo lamento, Giulia si era fatta male a una mano. Le ho chiesto se aveva bisogno ma non mi ha risposto. Continuava come se io non esistessi. E mentre lei era abbassata per prendere un sacchetto di cerotti da un cassetto, io ero in piedi. A quel punto vado verso la cucina e vedo il coltello con cui lei stava tagliando delle verdure. Lo prendo, vado dietro Giulia e quando lei si alza la colpisco. Punto al collo. Non so quante coltellate le ho dato". E ancora: "Dopo la prima coltellata Giulia si è voltata e mi ha guardato in faccia, non c'è stato alcun tentativo di difesa da parte sua, ma solo perché non è riuscita, non ha avuto modo e tempo di reagire".
Impagnatiello racconta il ritorno a casa di Giulia, nel loro appartamento di Senago, dopo esseri incontrata con l'altra ragazza: "Mi dice di aspettarla, che stava arrivando e io le rispondo di avvisarmi quando stava per rientrare. Giulia arriva alle 19, entra in casa, in un clima freddo anonimo e distaccato. Io non potevo più raccontare falsità. Cercai di parlare con lei dicendo che mi vergognavo e che lei era la donna della mia vita. E poi il bambino... lei mi disse solo che sarebbe tornata a Napoli e che non avrei saputo niente di Thiago. Che non l'avrei mai visto". "A quel punto - prosegue l'imputato - mi sono fatto una doccia con calma per ripulirmi di tutta quella realtà che mi si stava aprendo davanti agli occhi: distrutto sul lavoro e distrutto come uomo e come padre. Dopo la doccia ho mangiato qualcosa ma non perché avevo fame, ma per tenermi impegnato. Intanto Giulia faceva valigia in camera".
Ed ecco la sequenza del mancato incontro a tre raccontato in aula da Impagnatiello, rispondendo alle domande del pm: "Il giorno dell'omicidio abbiamo fatto colazione insieme e poi lei mi ha detto che sarebbe andata a comperare il passeggino. Alle 14 mi chiama al lavoro e mi dice che l'aveva contattata A. e le aveva raccontato tutto. Mi propone di vederci tutte e tre nel mio luogo di lavoro. Mi dice che stava arrivando. Io proposi di incontrarci il giorno dopo, la domenica, a fine turno e fuori dal lavoro". E ancora: "Perché insisteva? Perché quello era un ambiente in cui avevo responsabilità, ci tenevo all'immagine ed ero stimato dai colleghi. L'umiliazione dell'esibizione della mia vita privata, significava il crollo della mia carriera. Vedermi umiliato e distrutto davanti ai colleghi era una cosa cui non riuscivo a fare fronte". Ma Giulia non ascolta il compagno e le due donne si incontrano davanti al luogo di lavoro. "La mia immagine a quel punto era distrutta. Io sono rientrato a casa alle 17 e ho fumato delle canne. Nella mia testa si era però creata una spaccatura. Ero arrabbiato e facevo cose senza senso".
Impagnatiello ammette di aver mentito: "Ho detto ad A. che il bambino che Giulia aspettava non era mio. Le ho detto che non ero il padre di quel bambino ma una persona a me sconosciuta con cui Giulia si era frequentata e che ero vicino a lei per supportarla durante questo periodo della sua gravidanza. Dicevo che dovevo essere di supporto a Giulia”. Poi, sottolinea: "Ma confermo tutte le bugie dette ad entrambe. In quel momento, un anno fa, avrei potuto dire qualunque cosa, perché ero un'altra persona. Continuavo questa mia doppia vita, questa due finte realtà nella mia testa. E sono annegato nel mio castello di bugie".
Impagnatiello racconta delle due gravidanze: "A fine novembre del 2022 Giulia mi comunica che è incinta, a gennaio 2023 anche A. mi comunica che è incinta". Poi, i rapporti con le due ragazze che frequentava: "Con Giulia abbiamo cominciato subito a non andare d'accordo, perché lei non tollerava il mio lavoro. Io volevo fare carriera e lei lamentava la mia forte presenza sul luogo di lavoro. Questo mi preoccupava rispetto alla gravidanza. Cercavo di andare incontro alle sue esigenze, cercavo tutte le settimane di avere tre giorni un orario diurno. Giulia contestava la mia assenza nei weekend o nelle sere in cui andavo al lavoro. Mentre con A. non avevo una vera e propria relazione, non ci siamo mai visti fuori dagli orari di lavoro. Ci vedevamo un po' prima del lavoro e al limite dopo a casa sua. Lei sapeva che ero impegnato".
Siede sul banco dell'imputato per l'esame dell'accusa Alessandro Impagnatiello, maglietta bianca e jeans. Il giovane, con tono sicuro, dice che il processo lo sta aiutando a mettere in ordine dei tasselli, che oggi è una persona lucida, consapevole, diversa da quella di un anno fa. E conferma: "Ho ucciso Giulia e occultato il suo cadavere la sera del 27 maggio". Poi, racconta come si sono conosciuti: "Era il gennaio del 2021 ed ero a casa dal lavoro. Iniziammo a parlare senza impegno via social, Giulia dopo qualche settimana propose di vederci. La relazione iniziò a marzo e a novembre siamo andati a convivere".
In aula viene ricostruito anche l'appuntamento con l’altra donna di Impagnatiello. "Il 27 maggio c'è stato un primo contatto tra le due. La conversazione dura otto minuti e poi inizia la chat tra le due con tanto di prova dell'esame di paternità falso. Poi ci sono delle chat incrociate con Impagnatiello. Giulia esce da casa alle 16.20, accompagnata dalla suocera, e incontrerà l'altra ragazza. Poi, mentre torna a casa inizia furiosa a scrivere al suo compagno. Rientra a casa alle 19.06. Alle 19 Impagnatiello cerca "ceramica bruciata vasca da bagno", quindi prima del rientro della fidanzata, dove poi proverà a bruciare il corpo senza vita della ragazza dopo averla colpita con 37 coltellate.
Mentre erano iniziate le ricerche di Giulia, dopo l’omicidio, stando al comandante Buttarelli, Impagnatiello cerca sul web: “Invio programmato whatsapp” (dal cellulare della ragazza inizialmente lui ha inviato messaggi) e “Quali sono gli odori che possono dare fastidio ai cani”. Sono i minuti in cui si diffonde la notizia che i carabinieri stanno cercando la giovane con i cani molecolari eil barman aveva occultato il corpo della ragazza dietro una fila di box a 500 metri da casa.
In aula arriva anche Chiara, la sorella di Giulia, con il fidanzato. Appena l’ha vista, la madre Loredana si è alzata dalla panca su cui era seduta e le due donne si sono abbracciate.
"Dalle copie forensi abbiamo riscontrato che sia il 9 e il 25 maggio c'erano stati dei litigi. La prima sul rossetto finisce con i due che quasi si lasciano. Della seconda non abbiamo contezza del motivo perché inizia viso a viso ma termina anche in questo caso con i due che stanno per lasciarsi. Impagnatiello, però, la convince a non lasciarlo", racconta sempre in aula il luogotenente Giulio
Buttarelli della squadra Omicidi del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano nella sua deposizione del processo in corte d'assise.
Anche Franco Tramontano, il padre di Giulia, ha pubblicato sul suo profilo Instagram tre foto di sua figlia. Scatti in cui la ragazza sorride e in uno ha aggiunto la didascalia: “Nulla ci restituirà Giulia, abbiamo gridato a voce alta, lo faremo ancora, affinché sia fatta giustizia per lei e Thiago".
"Forse era destino che questa poesia fosse legata per sempre a noi". Così Chiara Tramontano, sorella di Giulia, condividendo su Instagram un ricordo del 2015, quando il 27 maggio aveva pubblicato alcuni versi di 'Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale' di Eugenio Montale. "Così - ha scritto la sorella - le pupille offuscate sono diventate le mie, non ho imparato a scendere da sola le scale, il mio viaggio é un sentiero lungo e buio, e confondo spesso la realtà con l'illusione di sentirti, toccarti, di scendere le scale insieme. Breve è il stato il nostro viaggio. 27 anni in cui ci siamo intrecciati come fili sottili a formare un nodo indissolubile fatto di segreti, condivisioni, ricordi, coincidenze ed inganni, come averti persa il 27 Maggio quando avevo 27 anni. Anch'io a mio modo avrò 27 anni per sempre, i soli che abbiamo trascorso insieme e vorrò ricordare".
Il comandante Buttarelli parla anche dell'esame del cellulare di Impagnatiello: "Risulta che lui dopo aver ucciso Giulia con 37 coltellate, mentre era sotto la casa della sua amante in attesa che lei facesse ritorno, guardava la sintesi della partita Atalanta-Inter". Tra le altre attività, emerse dall’analisi del dispositivo, anche gli orari del tram che avrebbe dovuto riportare a casa la 21enne italo-inglese. La giovane in realtà sarà accompagnata da altri colleghi del ristorante dell’Armani Hotel e riesce a evitare Impagnatiello.
Sempre il comandante Buttarelli racconta che a partire dall'11 dicembre del 2022 l'imputato cerca, tramite motore di ricerca, 'veleno topi incinta' oppure 'veleno topi gravidanza', un'altra ricerca non datate riguarda le parole 'uccidere feto'. Il 7 gennaio del 2023 Impagnatiello guarda la pagina 'quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona', veleno che sarebbe stato somministrato in bevande calde e la cui presenza viene rilevata dall'autopsia. E ancora, ricostruisce in aula che "iI 5 marzo Impagnatiello fa una ricerca su come fare veleno mortale in casa e cerca le "ricette" di cinque veleni, usando il cloroformio. Visualizza la pagina di 5 veleni letali".
Il comandante Giulio Buttarelli analizza le chat riportate in alcune slide in cui Giulia Tramontano lamenta fortissimi dolori di stomaco. Dice che ha lo stomaco "secco" e non riesce a mangiare. Incrociando questi messaggi con le ricerche di Impagnatiello sul suo pc emerge che "lui prima del topicida ha iniziato a somministrarle ammoniaca".
Al via l'udienza, il primo ad essere sentito è Giulio Buttarelli comandante della sezione omicidi del nucleo investigativo dei carabinieri di Milano. È lui ad aver condotto le indagini coordinate dall'aggiunto Letizia Mannella. Poco dopo l'inizio, sono entrati in aula e hanno preso posto anche la mamma di Giulia Tramontano Loredana Femiano e il fratello Mario insieme ad alcuni parenti.
Aula gremita e avvocati già ai loro banchi in attesa che cominci l'udienza decisiva nel processo ad Alessandro Impagnatiello.
A un anno di distanza dall'omicidio di Giulia Tramontano con la quale si è spento anche Thiago, il piccolo che la donna aveva in grembo, il Comune di Senago ha organizzato un 'Momento di commemorazione', il 27 maggio. "A un anno dalla scomparsa di Giulia e Thiago Tramontano la comunità si stringe con affetto e commozione nel ricordo di queste due giovani vite spezzate prematuramente" ha affermato il sindaco di Senago, Magda Beretta. "Vogliamo portare con questo piccolo e modesto gesto una preghiera e un pensiero a loro e alla loro famiglia a cui ormai siamo davvero affezionati", ha continuato Beretta. "Le nostre preghiere, dati i giorni caldi che il Tribunale di Milano sta affrontando proprio sul caso, sono anche rivolte all`esito delle udienze in corso che a nostro avviso può e deve essere solo uno: la condanna all'ergastolo. Pertanto ci uniamo tutti alla richiesta di giustizia terrena della famiglia Tramontano" ha chiosato il sindaco.
Questa mattina, nelle storie di Instagram di Loredana Femiano, mamma di Giulia Tramontano, è apparso un post con una candela accesa e la scritta: "27 maggio 2023 - 28 maggio 2024, Giulia e Thiago Tramontano" con accanto due cuoricini, uno rosso e uno azzurro. Come sottofondo un 'Aleluya' al violino. Un post per commemorare quanto avvenuto un anno fa.
Nel frattempo, la famiglia di Giulia Tramontano auspica che la "condotta sia sanzionata come merita". E chiede l’ergastolo per Impagnatiello.
In aula, Impagnatiello dovrà poi spiegare gli ultimi giorni di Giulia Tramontano: il tradimento, le bugie, la dinamica di un omicidio che ha confessato, ma che non ha mai spiegato davvero. Il barman conduceva una doppia vita. Aveva, infatti, intrapreso una relazione con una sua collega dell’Armani caffè, che Giulia aveva scoperto. In aula, all’ultima udienza, è stato fatto ascoltare un audio di un minuto in cui Giulia parlando con una amica racconta l’incontro con "l’altra donna" dell’imputato e si diceva "scioccata" per le bugie. Una vita , quella di Alessandro Impagnatiello, interamente costruita sulle menzogne, fantasiosi castelli di bugie, imbrogli, fragili realtà parallele, raccontate a tutti: alla famiglia, a chi lo amava, al figlio di sei anni avuto da una prima compagna e di cui negava l’esistenza, agli amici e ai colleghi di lavoro.
Impagnatiello sarà in aula e ha intenzione di rispondere alle domande di magistrati e avvocati, a un anno esatto dal brutale assassinio della sua fidanzata. Il bram potrà fingere di essere pazzo, potrà puntare sul black out dopo la lite con la compagna, per ottenere l’infermità o la seminfermità mentale e “cancellare“ l’aggravante della premeditazione. Potrà decidere di raccontare altre bugie, cavarsela con dei “non ricordo“, lanciare accuse, oppure confessare tutto chiedendo scusa e cercare di ottenere l’accesso alla giustizia riparativa, senza polemiche. Sarà comunque una udienza di peso per il processo che, ad oggi, sta andando dritto verso la condanna massima, senza sconti.
Nuova udienza, questa mattina, in Tribunale a Milano, del processo per l'omicidio di Giulia Tramontano. La 29enne è stata uccisa con 37 coltellate, inferte con violenza, dal compagno Alessandro Impagnatiello, esattamente un anno fa: il 27 maggio 2023. La giovane era al settimo mese di gravidanza, aveva in grembo il loro figlio, Thiago. In aula si presenterà il barman, che si è detto pronto a rispondere alle domande dell’accusa, l’aggiunto Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo. Impagnatiello si giocherà l’ultima carta per evitare l’ergastolo.