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Processo Impagnatiello, domani la sentenza. Proprio nella Giornata contro la violenza sulle donne

Rischia l'ergastolo il reo confesso del brutale omicidio di Giulia Tramontano e del piccolo Thiago, il 27 maggio 2023 a Senago

Alessandro Impagnatiello, sullo sfondo, e Chiara Tramontano, sorella di Giulia

Alessandro Impagnatiello, sullo sfondo, e Chiara Tramontano, sorella di Giulia

Milano, 24 novembre 2024 – Difficile immaginare una data più simbolica. E difficile immaginare un esito diverso dall’ergastolo. Domani 25 novembre, nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, nell'aula della corte d'Assise di Milano verrà pronunciata la sentenza nei confronti di Alessandro Impagnatiello, il reo confesso dell’efferato omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta (al settimo mese) di Thiago nella loro casa di Senago.

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La Procura ha chiesto appunto il carcere a vita e l'isolamento diurno per 18 mesi. Il barman deve rispondere di un omicidio aggravato dalla premeditazione, dal legame affettivo, dai futili motivi e dalla crudeltà per aver affondato il coltello per 37 volte contro la vittima, per aver tentato di bruciarla due volte e averla abbandonata in strada, avvolta da sacchi della spazzatura. Un "viaggio nell'orrore", a usare le parole della pm Alessia Menegazzo, pianificato dal trentunenne "narcisista, psicopatico, manipolatore" che ammazza i due "ostacoli per la sua realizzazione".

Le parole del papà 

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I genitori di Giulia Tramontano, Loredana e Franco

Domani in aula, come sempre, ci saranno anche i genitori e i fratelli di Giulia: papà Franco e mamma Loredana Femiano, il fratello Mario (da poco diventato papà di una bimba che porta il nome della zia che non ha potuto conoscere) e la sorella Chiara. E stando a quanto riporta Adnkronos, proprio papà Franco ha affidato a Instagram un appello alla massima pena per Impagnatiello. "Chiediamo con forza che venga applicata la pena massima prevista dalla legge: l'ergastolo. Non solo per rendere giustizia a lei, alla famiglia e al bambino che portava in grembo, ma anche per lanciare un messaggio chiaro e inequivocabile. Questa richiesta non è mossa da vendetta, ma da un profondo senso di giustizia". La violenza di genere "è una piaga che devasta la nostra comunità" e "confidiamo che le istituzioni sappiano agire con fermezza, dimostrando che la legge è dalla parte delle vittime. Chiediamo che il rispetto per Giulia, per la sua vita spezzata e per il dolore che ha lasciato, non sia calpestato da parole che tentano di piegare la verità: la dignità di una vittima - scrive Franco Tramontano - non può mai essere sacrificata per costruire una difesa"

Le tappe del delitto

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Giulia Tramontano

La sera del 27 maggio 2023 la 29enne Giulia Tramontano scompare da Senago, incinta al settimo mese. Nulla fa pensare a un allontanamento volontario. Le ricerche si concentrano sul fidanzato Alessandro Impagnatiello. È lui, il pomeriggio di domenica, a denunciare la scomparsa ai carabinieri. Racconta di una lite la sera prima, di aver lasciato Giulia mentre dormiva e di essere andato a lavoro. La versione non convince e le testimonianze di chi lavora con lui svelano la doppia vita del barman. Le tracce di sangue trovate nell'auto danno un'accelerata alle indagini: viene indagato dalla procura di Milano per omicidio volontario aggravato. Il primo giugno confessa: “L'ho uccisa io”. E indica il posto - in via Monte Rosa, in un anfratto accanto ad alcuni box - in cui l'ha nascosta. Il corpo è avvolto in sacchetti di plastica. Ammazzata a coltellate - l'autopsia restituisce la crudeltà dei 37 colpi - ha provato a darle fuoco due volte (nella vasca e nel box), ne ha inscenato la scomparsa (nascondendola in cantina, nel garage nel bagagliaio, prima di disfarsene a meno di 700 metri da casa) e ha provato a depistare le indagini.

Il processo 

Il 3 novembre 2023, la procuratrice aggiunta Letizia Manella e la pm Alessia Menegazzo chiedono il giudizio immediato per omicidio volontario aggravato, interruzione non consensuale di gravidanza e occultamento di cadavere. Il delitto è premeditato come dimostrerebbe il tappetto della sala spostato per non macchiarlo e il veleno per topi somministrato più volte alla compagna e trovato anche nel feto: è la prima arma usata (fin dal dicembre 2022) per uccidere. L'omicidio è aggravato dalla crudeltà, dai futili motivi e dal legame che univa Giulia e Alessandro.

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Il 18 gennaio davanti alla prima corte d'Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, è presente la famiglia Tramontano. In gabbia Impagnatiello tiene lo sguardo basso. Lontano dalle telecamere, vietate in aula, fa brevi dichiarazioni spontanee. "Ci sono tante persone a cui devo delle scuse, ma vorrei rivolgermi a Giulia e alla famiglia. Non ci sono parole corrette da dire, affronto una cosa che rimarrà per sempre inspiegabile per la disumanità. Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia e di nostro figlio, quel giorno anch'io me ne sono andato perché non vivo più". Le scuse non vengono accettate.

L’omicidio e la mancanza di un movente

"L'ho colpita all'altezza del collo, solo in cella con un servizio in tv ho saputo di averle sferrato 37 colpi. Giulia non si è difesa" è il racconto di Impagnatiello. In aula aggiunge qualche dettaglio crudele - "Andrai a pranzo da mia madre e in auto c'era il cadavere" - e ammette il suo "castello di bugie" (per tenere in piedi due relazioni parallele), un mare "in cui sono annegato". Sostiene di aver avvelenato Giulia "solo due volte, nella prima parte di maggio, non per farle del male, ma per provocarle un aborto". Parla per ore, ma non sa fornire un movente: "È una domanda che mi sono fatto miliardi di volte e che non avrà mai risposta".

La perizia

A sorpresa, il 10 giugno scorso, i giudici chiedono la perizia psichiatrica. Tre mesi dopo arriva il responso: per gli psichiatri Gabriele Rocca e Pietro Ciliberti l'imputato era capace di intendere e di volere. Alessandro Impagnatiello "non poteva accettare lo 'smascheramento' con le conseguenze umilianti''. L'incontro, poche ore prima del delitto, tra Giulia Tramontano e l'altra donna, fa esplodere in lui - manipolatore con tratti narcisistici - una dimensione "rabbiosa" che sfocia nel femminicidio. Pur di non vedere il suo mondo crollare in pezzi si trasforma in assassino.

La sentenza

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La richiesta dell'accusa è di ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi. La difesa, rappresentata dalle avvocatesse Giulia Gerardini e Samanta Barbaglia, chiede invece la "pena minima".  Dopo 14 udienze, nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, è atteso il verdetto dei giudici della prima sezione della corte d'Assise per uno degli omicidi più efferati degli ultimi anni. Spetterà ai giudici decidere se sussistono tutte le aggravanti - la premeditazione sembra essere l'unica questione più spinosa -, ma la sentenza di ergastolo (viste le accuse) per Alessandro Impagnatiello sembra già scritta.