
Chiara Poggi è stata uccisa la mattina del 13 agosto 2007
Garlasco (Pavia) – In quanti entrarono in contatto col cadavere di Chiara, oltre al medico del 118 e ai necrofori (tutti con guanti di lattice, calzari, tute), in quanti lo spostarono, con le dovute precauzioni? Alle 14.11 la dottoressa Elisabetta Rubbi, con il 118 di Vigevano, è a Garlasco, nella villetta all’8 di via Pascoli. Sulle scale il medico vede il corpo “a terra in posizione prona, a testa girata sul lato destro”. Lo esamina “visivamente senza muoverlo”. Alle 17, il medico legale Marco Ballardini è in casa Poggi per la “preventiva ispezione”. Chiara è “prona lungo la rampa che porta allo scantinato”. Finita l’operazione, il corpo viene spostato in taverna. Come e con quali precauzioni?
Alle 19, si chiamano i titolari di un’impresa di onoranze funebri di Garlasco, i fratelli Massimo e Roberto Pertusi, che entrano nell’abitazione col collaboratore Aldo Bianchi. Una volta scesi nella taverna, Roberto Pertusi vede il cadavere “in posizione supina, leggermente decentrata rispetto alle scale, ma non ricordo da che parte fossero rivolti i piedi o la testa. Il corpo era in linea con le scale”. Aggiunge che “era già stato ispezionato da medici o carabinieri in quanto aveva dei sacchetti sulle mani”.
Massimo Pertusi: “Il corpo di Chiara Poggi era supino, con la pancia in su, sul pavimento della taverna, era evidente che era stato ispezionato da medici o carabinieri in quanto aveva tra l’altro anche le mani chiuse in sacchetti”. Il collaboratore Bianchi lo descrive “leggermente spostato a sinistra (scendendo) rispetto alle scale. La testa era vicina all’ultimo gradino, mentre i piedi erano verso il centro della taverna”.
Ballardini inizia l’autopsia alle 10.30 del 16 agosto all’Ospedale di Vigevano. C’è una probabilità di contaminazione accidentale nel passaggio dall’obitorio al tavolo settorio? L’ipotesi è che la vittima, per difendersi o chiedere aiuto, abbia morso la mano dell’assassino, ‘’imprigionandone” così il Dna.
Tesi ammessa anche dal gup di Vigevano Stefano Vitelli, che nel 2009 assolve Alberto Stasi e riporta le parole dei suoi tre periti, Varetto, Bison e Robino: “Le ecchimosi alla testa e agli arti ben possono essere l’espressione di una prima colluttazione avvenuta anche a mani nude”. Segni dentro la bocca il medico legale, però, non ne trova: “Dentatura ben conservata. All’ispezione della cavità oro-faringea scarso sangue sulla mucosa, integra”.
“Dare un morso – dice Dalila Ranalletta, direttore di Medicina legale nell’Asl Roma 1 – fino a fare sanguinare la mano dell’aggressore presuppone una dentatura forte e la capacità di allontanare la bocca dalla mano che la occlude. La vittima poi è rimasta a lungo con il volto a contatto con il suo stesso sangue. Bisogna considerare sempre la possibilità di una contaminazione. Il Dna proviene dalla mano sudata dell’aggressore? Allora una traccia dovrebbe essere rimasta prima sulle labbra. Sono stati eseguiti tamponi anche lì? Altrimenti dovremmo pensare a un ‘qualcosa’ che è entrato nel cavo orale senza lasciare nulla sulle labbra. Ipotesi inverosimile”. Il 23 luglio nuova udienza per l’incidente probatorio. Sarà dato l’incarico al perito Domenico Marchigiani per cercare impronte digitali nella spazzatura di casa Poggi.