
Dall’estorsione all’acquisizione indebita di esercizi pubblici, alla sbarra una decina di persone. Nel mirino le attività di sicurezza al Polaris di Carate: per ottenere il servizio avevano minacciato il direttore.
Le mani della ‘ndrangheta sulla movida e sul giro dei buttafuori anche in Brianza con Luca Vacca e “Claudione” D’Ambrosio. Quest’ultimo è tra i restanti imputati dell’ultima grossa operazione ritenuta anche l’ennesimo colpo contro la criminalità in terra brianzola. Una decina di nomi alla sbarra al Tribunale di Monza per accuse che vanno dall’estorsione all’acquisizione indebita di esercizi pubblici, con le pm della Procura della Direzione distrettuale antimafia Sara Ombra e Cecilia Vassena a rappresentare l’accusa in aula. L’indagine, portata avanti dai carabinieri di Monza, è quella che nel 2020 era culminata nell’operazione Freccia, tornata a riaccendere il faro su alcune famiglie originarie di Vibo Valentia accusate di gestire le cosche radicate a Seregno dopo la scure dell’inchiesta Infinito.
Nel processo con il rito abbreviato, il Tribunale di Milano ha emesso 16 condanne fino a 14 anni di reclusione, ma non per associazione di stampo mafioso, anche nei confronti dei cugini Umberto (fratello di Rocco, ucciso nel 2008 a colpi di pistola sotto casa a Verano) e Carmelo Cristello e di Luca Vacca. Secondo l’accusa la ‘ndrangheta manteneva le sue radici ben piantate in provincia di Monza e Brianza, in particolare a Seregno, Desio, Giussano, Verano, Meda, Carate, attraverso lo spaccio di droga, l’usura, il recupero crediti, la risoluzione di eventuali “controversie”, oltre alla scelta delle postazioni per i venditori ambulanti fuori dai locali notturni e le ditte di sicurezza privata imposte con la forza ai gestori di bar e discoteche. Tra queste ultime in Brianza c’era il Polaris di Carate. Come ha ricostruito al processo uno degli investigatori. "Le discoteche erano un ottimo interesse per le organizzazioni criminali perché circolava tanta gente e si poteva spacciare droga in tranquillità - ha raccontato il tenente dell’Arma - e si accedeva acquisendo il servizio di vigilanza. Vacca era un buttafuori e si occupava di servizi di sicurezza, anche se non avevano le autorizzazioni della Prefettura e quindi lavoravano come cani sciolti". Al Polaris sarebbero arrivati "dopo che il direttore era stato oggetto di un attentato dinamitardo ed erano state bruciate delle auto nel parcheggio - continua il tenente nel suo racconto -. L’allora proprietario aveva assunto come dipendenti dei membri della famiglia Cristello, mentre Claudio D’Ambrosio, classe 1961, residente a Desio, detto Claudione, era diventato il responsabile del servizio di sicurezza. Vacca e D’Ambrosio erano in rapporti molto stretti. Quando D’Ambrosio era stato licenziato dalla società per cui operava perché aveva tenuto dei comportamenti violenti, la sicurezza nella discoteca era stata affidata a un’altra società gestita da un ex carabiniere per evitare ritorsioni". Accuse sempre negate dagli interessati. Si torna in aula a settembre per altre testimonianze.