
Il milanese Luca Sinigaglia e la russa Natalia Nagovitsyna
Milano – Luca Sinigaglia era già stato sulla vetta del Pobeda, la montagna che voleva scalare per completare lo “Snow leopard”, il riconoscimento che viene assegnato a chi riesce a salire le cinque cime di settemila metri dell’ex Unione Sovietica. Doveva solo scendere sano e salvo al campo base e invece ha deciso di ritornare indietro per cercare di salvare un’amica in difficoltà. Ora il suo corpo rischia di rimanere per sempre all’interno di una buca di ghiaccio a quasi settemila metri.
Le condizioni meteo e la burocrazia sono i due principali ostacoli che per ora stanno impedendo di prestare soccorso all’alpinista russa Natalia Nagovitsyna, rimasta bloccata a una quota di circa 7.200 metri, dal 12 agosto sul Pik Pobeda (7.439 m), la vetta più alta del Kirghizistan e della catena del Tien Shan, e di recuperare il corpo di Luca Sinigaglia, lo scalatore milanese di 49 anni che in un estremo gesto di altruismo ha tentato di riportarla giù, rimettendoci la vita. Le autorità kirghize hanno sospeso le ricerche a tempo indeterminato a causa delle avverse condizioni meteorologiche.

La situazione oggi
"Siamo in contatto continuo con la Farnesina dall’inizio delle operazioni”, conferma la sorella Patrizia. Ma anche la giornata di oggi è trascorsa in attesa delle autorizzazioni per far alzare in volo un elicottero sulla montagna. I kirghizi vogliono rassicurazioni dopo che altre operazioni di soccorso nei giorni scorsi sono terminate con un elicottero precipitato.
Ai piedi del Pobeda ci sono Manuel Munari, Michele Cucchi e Marco Sottile pronti a partecipare al tentativo di salvataggio. Natalia Nagovitsyna è in una tenda a 7.200 metri, con una gamba rotta. Le possibilità di trovarla ancora in vita si affievoliscono di ora in ora. Il corpo di Luca, stroncato da un edema, si trova all’interno di una truna (grotta scavata nella neve) a circa 6.900 metri.

La ricostruzione
Lo scalatore di Melzo aveva raggiunto in solitaria la vetta del Pobeda, poi durante la discesa era stato raggiunto da un compagno di cordata della russa che l’aveva avvisato che la donna si era rotta una gamba. Sinigaglia e un amico tedesco sono ritornati indietro in suo soccorso. L’ultimo contatto con la sorella Patrizia risale infatti al 13 agosto, mentre si trovava in tenda con Natalia e il tedesco. I due le avevano lasciato un sacco a pelo e del cibo. Il 14 agosto Luca e il tedesco sono tornati alla grotta. Avrebbero dovuto continuare la discesa, ma le condizioni di salute dell’italiano sono peggiorate, in conseguenza del grande sforzo fatto durante la risalita della montagna e il lungo tempo trascorso in carenza di ossigeno in alta quota. Nel pomeriggio di Ferragosto, Patrizia è stata informata del fatto che il fratello non stesse bene. Nella stessa giornata è deceduto per un edema cerebrale. Luca ha cercato di salvare Natalia perché si erano già incontrati al Khan Tengri, una cima del Kazakistan, dove anche in quell’occasione l’aveva aiutata a scendere dalla montagna e mettersi in salvo dopo che il marito era stato colpito da un ictus ad alta quota. Tra i suoi sogni c’era proprio lo “Snow leopard”, il riconoscimento attribuito a chi riesca a raggiungere la cime delle 5 montagne di 7.000 metri dei territori dell’ex Urss. Il Pobeda era l’ultimo che gli mancava