STEFANIA TOTARO
Cronaca

Processo alla ’ndrangheta, la lite al bar e la richiesta di soldi: “Mille euro per chiudere il caso”

La testimonianza di un 59enne il metodo mafioso: “Mio fratello aveva dato fastidio a chi non doveva in un locale di Meda”

I boss al bar

I boss al bar

Monza, 23 maggio 2025 – Il fratello che ha litigato in un bar di Meda, andando "a dare fastidio a gente che non doveva, dei mafiosi della ‘ndrangheta e la consegna di 1.000 euro “per chiudere la cosa”.

Un episodio accaduto nell’aprile del 2018, che ora rientra tra quelli contestati al processo al Tribunale di Monza agli ultimi imputati dell’ultima grossa operazione ritenuta anche l’ennesimo colpo contro la ‘ndrangheta in Brianza. Una decina di nomi alla sbarra per accuse che vanno dall’estorsione all’acquisizione indebita di esercizi pubblici, con la pm della Procura della Direzione distrettuale antimafia Sara Ombra a rappresentare l’accusa in aula.

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L’indagine

L’indagine dei carabinieri di Monza è quella culminata nel 2020 nell’operazione Freccia che era tornata a riaccendere il faro su alcune famiglie originarie di Vibo Valentia accusate di gestire le cosche radicate a Seregno dopo la scure dell’inchiesta Infinito.

Ditte di sicurezza privata imposte con la forza ai gestori di bar e discoteche, scelta delle postazioni per venditori ambulanti e risoluzione di eventuali “controversie”, oltre allo spaccio di droga, all’usura e al recupero crediti. Così, secondo l’accusa, la ‘ndrangheta manteneva le sue radici ben piantate in provincia di Monza e Brianza, in particolare nei Comuni di Seregno, Desio, Giussano, Verano, Meda, Carate, per mano dei cugini Umberto e Carmelo Cristelloil primo fratello di Rocco, ucciso nel 2008 a colpi di pistola a Verano. Per loro nel processo con il rito abbreviato il Tribunale di Milano ha emesso 16 condanne fino a 14 anni di reclusione.

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Il testimone 

Ieri al dibattimento è stato convocato dalla pm a testimoniare Claudio D., 59 anni, dipendente metalmeccanico residente a Cesano Maderno, per la vicenda del pagamento dei 1.000 euro. “Quando sono uscito dal lavoro mi aspettava uno che era mio vicino di casa quando abitavo con i miei familiari - ha spiegato il 59enne -. Mi ha raccontato della lite di mio fratello a Meda e mi ha detto che dovevo andare al bar a parlarne.

Ci siamo trovati fuori dal locale, c’era il vicino di casa e altri uomini, parlavano con accento calabrese, uno si è presentato come Carmelo, mi hanno fatto vedere che una ragazza del bar si era ferita alla mano con un bicchiere. Io ho detto di denunciare mio fratello, ma loro hanno chiesto 1.000 euro. Li ha tirati fuori mia mamma, io non l’avrei mai fatto”. La consegna dei soldi in un bar di Cesano Maderno e poi la telefonata con Carmelo: "A posto così però eh?", la domanda del 59enne e la rassicurazione che "la cosa" era chiusa. Si torna in aula a luglio.