DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Max Pisu si racconta: "Dalla provincia a Zelig. Ma resto un magazziniere"

Il comico arriva al Teatro Leonardo con il suo spettacolo Affetti instabili: "Ho iniziato all’oratorio, poi la tv e notorietà. Ora non mi interessa la fama".

Il comico Max Pisu arriva al Teatro Leonardo con il suo spettacolo “Affetti instabili“

Il comico Max Pisu arriva al Teatro Leonardo con il suo spettacolo “Affetti instabili“

Vi sentite in una botte di ferro, sicuri di voi stessi, dei sentimenti, delle amicizie? Illusi. Ogni cosa è scritta sull’acqua. Ma in compenso ci si può ridere sopra. Grazie a Max Pisu e al suo "Affetti instabili", oggi e domani al Teatro Leonardo per la stagione di MTM. Un assolo ironico. Sulla bellezza delle relazioni vere. Ma sulla fatica di tenerle in piedi. Ridendo del mondo strambo e paradossale. Con un pizzico di sguardo surreale.

Max, ma è davvero tutto così effimero?

"Be’, magari non proprio tutto tutto. Ma spesso basta un piccolo ostacolo e improvvisamente cambia ogni cosa. Comunque vorrei precisare che è uno spettacolo comico, perché detta così sembra un baratro di tristezza".

Quanto c’è di suo?

"Un po’ di robe, è normale. In questa decina di quadri credo però che anche gli spettatori ritrovino tanto di loro stessi. E alla fine scongelo pure Tarcisio, il pubblico lo vuole sempre".

Cosa la ispirò per il personaggio?

"Sono nato in provincia, a Legnano. E all’epoca si frequentavano tanto gli oratori, dove c’erano sempre questi ragazzotti molto legati al prete e alla madre. Personaggi curiosi, che in quel contesto si sentivano importanti, nonostante magari poi nel mondo venissero presi un po’ a schiaffi. Credo che tutti abbiano avuto un Tarcisio nella loro vita".

L’oratorio, Legnano: non ha mai lavorato coi Legnanesi?

"Registrai per loro alcuni contributi. Ma il dialetto non è proprio il mio e nemmeno vestirmi da donna. Per il resto però ho fatto un po’ di tutto. Sono partito con il cabaret e tutta la gavetta nei locali. Poi la tv, il cinema, le fiction. Alla fine è arrivato il teatro, dove credo di essermi costruito una buona credibilità. Però ho sessant’anni, cerco ormai di evitare certi numeri all’una di notte, alla festa della birra o negli scambi di coppia".

Non la seguo.

"Devi sapere che una volta certi locali erano registrati come centri culturali o qualcosa del genere e quindi proponevano una piccola programmazione di spettacoli dal vivo. Quelli di un certo livello ti davano dieci minuti a notte fonda, fra una prestazione e l’altra, per così dire. Nelle situazioni invece più scrause andavi a sentimento, se chiedevi al padrone ti rispondeva “Fa come vuoi, tanto non sono qui per te…“".

Gavetta vera.

"Non hai idea. Poi è arrivata la tv e improvvisamente mi sono ritrovato a Zelig che faceva dieci milioni di spettatori, oppure nelle piazze davanti a 20 mila persone. Quella sì è stata un’emozione".

Le piaceva quel livello di visibilità?

"Sì ma credo di essere rimasto sempre la stessa persona. Mi ha aiutato aver lavorato per anni in un magazzino, mentre la sera andavo a fare spettacolo. Solo nel 1998 mi sono licenziato ma in realtà nella mia testa rimango un magazziniere: mi sveglio presto, faccio le commissioni, cucino per i ragazzi. Sto bene così, senza bisogno di essere famosissimo".

A un certo punto però qualcosa non ha funzionato.

"È vero. Dovevo fare un film con Tarcisio prodotto dalla Rodeo Drive, ma il mio agente di allora spinse per passare la produzione a Medusa. Mi fidai di lui, sbagliando. E così mi misi contro la società che mi aveva scoperto e che poi avrebbe lavorato con gente come Ale e Franz o Ficarra e Picone. Mentre il progetto con Medusa andò a rotoli perché cambiarono i dirigenti e decisero di fermare i film comici. Ho perso un treno importante per colpa di un incompetente".

Quando invece si è dato una bella pacca sulla spalla?

"Quando ho giocato a Torino con Del Piero. Siamo amici da tempo, con "Guida al campionato" seguivo le squadre nei ritiri e quindi conoscevo un po’ tutti. Organizzai una partita del cuore con una selezione di calciatori juventini. Io ero in squadra con Zidane, Montero, Di Livio. Fu lui a farmi un cross perfetto dalla fascia che spedii in rete in mezza rovesciata".

Sogni nel cassetto?

"Lo spettacolo con mio figlio Matteo, diplomato al Filodrammatici, ne sono molto orgoglioso".