ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

I Karma e quei fantastici anni ’90: “Magici, ma nessuna nostalgia”

La band milanese ha ripubblicato in versione aggiornata l’album d’esordio: “Guardiamo al presente”

La formazione originale dei Karma: il loro disco d’esordio eponimo è del 1994

La formazione originale dei Karma: il loro disco d’esordio eponimo è del 1994

Milano – Un naufragio di successo. Ai Karma ci sono voluti trent’anni per ritrovare le buone vibrazioni del primo disco, ripubblicato un paio di mesi fa per aprire una nuova stagione tornando a navigare le acque di quel grunge malato di Soundgarden di Alice in Chains che nel ’94 ne aveva fatto una promessa dell’alternative. Tanta voglia di Seattle, ma anche di India, si direbbe dal nome e dalla ruota del Nataraj (lo Shiva danzante) messa in copertina proprio di quel lontanissimo debut album in cui trovavano posto pure collaborazioni con Manuel Agnelli in “Nascondimi” e con Andrea Scaglia dei Ritmo Tribale in “Una stella che cade”. Nel ’94 l’album fu editato solo in versione cd e così la ristampa, impreziosita da reinterpretazioni de “Il cielo” in versione acustica e piano-violoncello, consente alla band milanese di provare ad agganciare pure il pubblico del vinile. “Ma tutti e cinque, in un modo o nell’altro, abbiamo continuato a camminare nel mondo della musica“ assicura il chitarrista e frontman David Moretti. “Il nostro bassista Andrea Viti con gli Afterhours, il percussionista Pacho (Alessandro Rossi, ndr) prima con gli Elii, poi con Morgan e ora con Lucio Corsi, io con Vittorio Nocenzi del Banco e con Mauro Pagani...”. Tutto questo prima di scoprire il mondo dell’editoria, dove Moretti ha lavorato per testate come “Rolling Stone” e “Wired” prima di trasferirsi in California e diventare “creative director” di Apple. “Insomma, non c’è stata una perdita di contatto col mondo della musica, che abbiamo visto evolvere sotto certi aspetti in maniera anche molto interessante. Basta pensare, ad esempio, allo infinito spazio digitale che offre la possibilità di esistere e di comunicare a chiunque abbia cose da dire”.

A rimettervi assieme, due anni fa, è stato l’album “K3”.

“La consapevolezza di avere da parte dei buoni pezzi ci ha fatto domandare se avesse senso tornare, provando anche ad immaginare quale potesse essere dopo così tanto tempo l’ascoltatore dei Karma. Decisiva è stata probabilmente la leggerezza con cui possiamo fare musica ora che non abbiamo più il peso delle aspettative, che non dobbiamo più soddisfare contratti discografici, che non abbiamo più numeri da dover difendere. Anche perché abbiamo smesso così presto da non aver avuto modo di stancare, o di stancarci, reiterando formule vincenti”.

Reazioni?

“Abbiamo trovato amici di vecchia data, che al tempo della pubblicazione di ‘Karma’ erano quindicenni o giù di lì, ma anche tanti ragazzi con un’altra anagrafe che, per affinità musicale, si sono incuriositi alla nostra musica. E questa è stata forse la sorpresa più grossa”.

Emotivamente è stato più complicato rimettere assieme la band con “K3” o il confronto col passato di “Karma”?

“Abbiamo semplicemente sospeso un discorso che avevamo lasciato nel ’96, prima ancora che arrivassero Mtv e Internet, e l’abbiamo ripreso nel 2023, con la voglia di confrontarci con un mondo nuovo chiedendoci: chissà cosa ci succederà”.

Cosa vi manca di più degli anni Novanta?

“È molto difficile proiettare quel mondo nell’oggi, perché mosso da intenzioni, sogni, ideali, infranti contro la dura realtà dei tempi. Onestamente, non ho nostalgie e non guardo troppo al passato preferendo concentrarmi sulle potenzialità che la realtà odierna ci mette davanti”.

Com’è oggi il mondo visto da San Francisco?

“La musica ovviamente è cambiata ovunque e quella americana ha contribuito in maniera enorme a portare la cultura dell’entertainment, dello star system, altrove. Mentre oltre oceano, però, ci sono gli anticorpi per difendersi, da noi no. Quello americano è un mondo in cui mentre sei al bancone di un bar ti basta scostare una tenda per trovare un ragazzo di vent’anni che si sta esibendo. Questo perché lì quel bacino di sperimentazione da cui affiorano i nuovi talenti e le nuove idee ancora esiste, mentre in Paesi come il nostro esistono solo mainstream e grandi numeri”.