DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Giovanni Gastel e la filosofia della bellezza: uomo solare e poeta nostalgico. Migliaia di polaroid per uno scatto

Al Museo Nazionale della Fotografia di Cinisello un omaggio alla sua carriera nel “Festival Ubiqua“. Il figlio Marco: poneva attenzione completa su di te, fosse anche per un trentacinquesimo di secondo

I gioielli della fantasia, 1991-1992 (© Image Service srl, courtesy Archivio Giovanni Gastel)

I gioielli della fantasia, 1991-1992 (© Image Service srl, courtesy Archivio Giovanni Gastel)

Milano – Quanta vita in quegli scatti immobili. E quanta eleganza. Fra superstar globali e dettagli haute couture. Inconfondibile Giovanni Gastel, cantore della moda (e della cultura). Dagli anni ’80 in avanti. Il Museo Nazionale di Fotografia a Cinisello Balsamo gli dedica un omaggio. All’interno della prima edizione del Festival Ubiqua, dall’11 al 14 settembre, un percorso multidisciplinare in bilico fra poesia e fotografia grazie a un’idea del presidente Davide Rondoni. Tutto il programma su munaf.it. Nelle cui sale per altro si possono ammirare anche I gioielli della fantasia, gli scatti iconici che Gastel firmò nel 1991 per Swarowsky. Sul resto meglio chiacchierare col figlio Marco. Che invece fin da ragazzo ha scelto l’orizzonte musicale. E oggi è manager di artisti internazionali.

Marco, la poesia accompagnò sempre la vita di suo padre.

“È stata il suo primo sogno da bambino. A 14 anni pubblicò una raccolta facendola stampare dalla libreria di fiducia. Una passione che poi è diventata la base della grande amicizia con Davide Rondoni. Gli sono grato di questo omaggio”.

Cosa si ritrova nella scrittura?

“La sua complessità, le sfumature più sofferenti, la nostalgia. Un tratto che gli apparteneva per indole ma che si concedeva solo nella poesia. Nella vita di tutti i giorni era solare. Chiamato col lavoro a raccontare il bello: un volto, un abito, un progetto commerciale. L’altra parte di sé la lasciava nei versi, una produzione ampia, di decenni, raccolta da La Nave di Teseo in Presenza e Assenza”.

Come viveva il lavoro?

“Con una passione incredibile. Felice di quello che faceva, charmoso, allegro, accogliente: poneva la sua completa attenzione su di te, nonostante la tua centralità non durasse in teoria più di un trentacinquesimo di secondo...”.

Che ricordi ha dello studio?

“Immagina un luogo pieno di energia, con la musica alta, dove continuano a muoversi stylist, parrucchieri, clienti. Lui lo chiamava “il circo“. Con lo spazio dominato da una enorme libreria costruita da lui, un pezzo alla volta. Era un autodidatta che amava studiare, una persona di grande cultura”.

Cosa ha lasciato?

“A livello umano osserviamo sempre lo stesso entusiasmo, gli stessi sorrisi quando si parla di lui. A livello professionale spero che rimanga la sua impronta, la sua visione del mondo e quindi della fotografia. E in questo ci sono alcune parole che lo definiscono bene. Da un concetto di “eleganza“ che travalica l’estetica per diventare morale, nel modo con cui ti confronti con le altre persone; all’idea di “prospettiva“, non in senso tecnico ma più esistenziale. Perché la decisione di come guardare le cose dipende solo da noi. Un insegnamento che mi tengo stretto”.

La moda?

“Si è trovato in mezzo all’uragano quando esplose il Made in Italy, fotografando per Armani, Versace, Ferragamo, Krizia. Un boom molto milanese. Non ricordo momenti particolari con Armani, c’è stata più continuità con Gianni e Donatella Versace. Migliaia di polaroid. Pare che l’azienda americana gli mandò anche un messaggio ringraziandolo per avere utilizzato più pellicole di tutta la Svizzera messa insieme. Forse è una leggenda, ma racconta bene la disperazione dei clienti, visto che erano loro a pagare la ricerca dello scatto perfetto di mio padre”.

La sua fotografia del cuore?

“Sono legato a un’immagine di noi due al mare, vicini, verso la fine, scattata da mia suocera. Mentre fra i suoi lavori amo la serie Angeli caduti, polaroid di moda ritoccate in postproduzione. Dove la bellezza s’intreccia a una spinta filosofica”.