SIMONA BALLATORE
Cultura e Spettacoli

L’infanzia segreta di Andrea Camilleri: il piccolo Nené prima di Montalbano e l’amore corrisposto con Milano

Luca Crovi “detective“ racconta Andrea, prima di Montalbano e del personaggio mediatico. L’incontro grazie al fan club, la frequentazione radiofonica e il fascino (senza confini) del “vigatese”

Andrea Camilleri

Andrea Camilleri

MILANO – “Racconto Andrea Camilleri quando era ancora persona e non personaggio. Prima di Montalbano, prima del 1994 quando - un giorno sì e l’altro pure - è sui giornali, alla tivù, alla radio, dove si racconta in presa diretta”. Luca Crovi, saggista e romanziere, veste i panni dell’investigatore per raccontare - documenti alla mano, grazie al Fondo Camilleri e alle figlie – la vita da romanzo del piccolo Nené, scampato poi alla strage di mafia di Porto Empedocle del 1986 e diventato scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, poeta. Andrea Camilleri - Una storia, prima biografia ufficiale, arriva oggi in libreria con Salani editore e si prepara a viaggiare per l’Italia con chi ha conosciuto l’autore che avrebbe compiuto 100 anni il 6 settembre e che manca da sei anni.

Una storia, tante vite. E quanti incontri, da Pirandello a Robert Capa, da Papa Giovanni XXIII a Pasolini. Crovi, ci racconta il vostro di incontro?

“Fu incredibile, avvenne tramite il fans club vigata.org. “Ci piace molto la sua trasmissione radiofonica Tutti i colori del giallo - mi scrissero - ma vediamo che vuole risparmiare qualche colore. Non ha mai invitato il sommo“. Io avevo provato a invitare Camilleri tramite la Rai e Sellerio, ma mi dicevano che era impegnatissimo. Loro mi hanno dato praticamente il suo numero di casa: sento la voce roca di Andrea alla segreteria, non ho il coraggio di lasciare un messaggio”.

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Il piccolo Andrea con il padre Giuseppe (per gentile concessione del Fondo Andrea Camilleri)

E quindi?

“Mi consigliano di mandare “U fax“. E mezz’ora dopo mi chiama la segretaria per fissare la data. Ho fatto in tutto 16 speciali con lui. Ogni telefonata durava dall’ora in giù. E siccome era nato tutto dal fans club, mi sono divertito ogni volta a portargli i fan che stavano sulla sede di Milano, di Roma, di Palermo e non solo: era come se li avesse avuti accanto e a lui piaceva tantissimo. Come tutta la serie di ospiti che ho invitato a chiacchierare con lui, da Carlo Lucarelli a Valerio Massimo Manfredi, da Silio Bozzi - il commissario della scientifica che gli aveva fatto da consulente per i romanzi di Montalbano - ad Andrea Vitali. La nostra è stata un’intensa frequentazione radiofonica: la radio era il mezzo che amava di più e questo ci ha messo subito in sintonia. Poi c’è stata la possibilità di incontrarci di persona per il Premio Chiara alla carriera, con Mauro Novelli. E mi mandò a Berlino per 12 giorni, a rappresentarlo con i suoi editori e traduttori tedeschi”.

Prova di estrema fiducia. E da lettore e narratore, che impatto ha avuto la sua scrittura?

“Io gli sono debitore soprattutto di un fatto: nel ciclo dedicato a De Vincenzi, ambientato a Milano, mi sono sentito in dovere di inserire nelle mie storie il dialetto milanese, la parlata gergale della mala, della gente che lavorava al mercato, degli operai. Lui ha sempre difeso il dialetto siciliano, anche quando gli impedivano di usarlo in collegio. Ha stretto un patto con i lettori con il suo vigatese, a costo di essere poco pubblicato all’inizio: è stato però la sua fortuna. Un personaggio che devo a lui, invece, è un suo prozio: lo zio Carmelo, il poliziotto che è stato uno degli ispiratori del commissario Montalbano e che si era occupato del caso della bomba in piazza Giulio Cesare, che racconto ne L’ombra del campione: purtroppo Andrea non ha fatto in tempo a leggerlo, sua moglie Rosetta sì, ed era felice. Raccontavo la Milano in cui era cresciuta”.

Che rapporto aveva Camilleri con Milano?

“Non un rapporto continuativo, ma intenso. Da una parte per Rosetta, dall’altra per lo zio Carmelo Camilleri, che ha indagato a Milano. E Andrea aveva un rapporto speciale con Manzoni e la Colonna infame. Lo ha raccontato anche a Casa Manzoni: la più bella mostra dedicata alla formazione letteraria di Camilleri è stata fatta proprio qui. E poi c’è il legame col teatro e con le case editrici, ha portato qui le sue produzioni. La prima volta che viene in città va a vedere un Moby Dick adattato da Eugenio Montale e incontra Vittorini. Entra nel mondo della cultura milanese di quel periodo. C’era anche mio papà, peccato che non si siano mai incontrati: sono entrati entrambi nella stessa antologia dei Nuovi Poeti (e nella dedica del libro di Luca Crovi con Rosetta, ndr)”.

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Andrea Camilleri fa riprese in esterni con un suo amico

I milanesi, poi, hanno un amore viscerale per il giallo.

“Certo, per il genere letterario e anche per la lingua. Molti dei narratori siciliani vengono scoperti e lanciati proprio a Milano, come Giuseppe Tomasi Di Lampedusa. Il rapporto letterario che Camilleri ha con Milano è molto forte e Milano ovviamente lo ha ricambiato con un grande amore: è uno dei posti dove è stato più letto in assoluto”.

Luca Crovi detective, col taccuino in mano, ha scoperto pagine che non immaginava?

“Sì, penso a tre sceneggiati che hanno cambiato la storia del gotico in Italia o ai suoi corsivi per il Radiocorriere dove raccontava in anticipo programmi televisivi legati al teatro o alla radio. E che dire dell’informativa dal Canada del 1986 e i legami con la strage alla quale lui sopravvive? Quando fai ricerche - se non ti poni limiti - trovi cose davvero sorprendenti. Nel caso di Camilleri tutto quello che lui stesso ha raccontato e scritto è testimoniato dalle fonti e ogni volta scopri elementi che non ti saresti mai immaginato: credo che altre decine e decine di i ricercatori dopo questo libro troveranno dell’altro. L’esplorazione continua: è l’obiettivo di questa biografia, che non vuole essere definitiva ma aprire nuovi orizzonti”.