
Paola Rios si è trasferita in Italia dal Cile con la famiglia quando aveva 4 anni
Milano, 14 giugno 2025 – Ha lavorato come rider per Just Eat e come corriere per Amazon, operaia metalmeccanica nel colosso Brembo, banconista, solo per citare alcuni degli impieghi che le hanno permesso di avere una visione a 360 gradi sul mondo del lavoro tradotta nell’impegno sindacale. Paola Rios, 26 anni, si è trasferita in Italia dal Cile con la famiglia quando aveva quattro anni. È uno dei giovani lavoratori lombardi al centro dell’indagine della Cisl.
Paola, come è avvenuto il suo ingresso nel mondo del lavoro?
“Mi sono diplomata in accoglienza turistica e, conclusi gli studi, ho iniziato subito a lavorare, anche perché avevo bisogno di uno stipendio. La mia prima esperienza è stata in una ditta di cosmetica, che poi è fallita e ha lasciato le persone senza stipendio. Poi ho lavorato in vari settori: il cinema, le consegne per Just Eat, ho vissuto la realtà di Amazon. Assunta a tempo indeterminato da Adecco, ho lavorato due anni per Brembo come operaia metalmeccanica, con un contratto di somministrazione.
Quando sono uscita da Brembo, nel 2023, ho lavorato sempre da “somministrata“ come banconista o come operaia in aziende della chimica e della gommaplastica. Adesso sono per un mese in aspettativa, per concludere un corso di digital marketing. Quando ero in Brembo ho iniziato a fare attività sindacale con la Felsa Cisl (il sindacato dei lavoratori con contratti “atipici“, ndr), ma già ai tempi della scuola ho rivestito il ruolo di rappresentante di classe e di istituto. Anche da bambina, quando notavo delle disuguaglianze cercavo di darmi da fare per ottenere un cambiamento. Il sindacato è diventato come una seconda famiglia, abbiamo ottenuto anche piccole vittorie come la possibilità per noi somministrati di sederci al tavolo della contrattazione in Brembo, perché non siamo lavoratori di serie B”.
Come si approcciano i giovani, come lei, al mondo del lavoro?
“Un mondo del lavoro sempre più precario e polverizzato rende più difficile fare attività sindacale, ma il bisogno di sindacato è forte. In pochi hanno consapevolezza dei propri diritti, o sanno leggere una busta paga. Tante persone accettano le condizioni imposte dalle aziende, ma se iniziassimo tutti a dire di no si potrebbe ottenere un reale cambiamento”.
Per lei cambiare così tanti impieghi è un fattore positivo o negativo?
“Forse per un ragazzo che non ha le idee chiare è utile cambiare diversi posti ma a un certo punto, quando si cerca di fare una famiglia, la stabilità è fondamentale. La banca, quando si chiede un mutuo, guarda il contratto e lo stipendio. Per fare un figlio bisogna anche avere i soldi per mantenerlo. Ritengo la precarietà, unita agli stipendi troppo bassi, una delle cause del calo demografico”.
Il suo stipendio le consente una vita indipendente?
“Io ho un compagno ma in questo momento vivo con mia mamma e mia sorella. Per andare a stare da sola mi servirebbe uno stipendio di almeno duemila euro al mese”.
Il suo futuro lo vede in Italia o all’estero?
“Spero di rimanere in Italia, d’altro canto capisco chi se ne va. Ho amici che lavorano a Londra, in Spagna, in Svizzera. Quando un laureato decide di lasciare un Paese bellissimo come l’Italia non è solo la fuga di un cervello, ma anche la fuga di una speranza”.
Quanto pesa per lei, nella scelta di un lavoro, la possibilità di avere tempo libero?
“Il tempo per stare con le persone che ami ha la stessa importanza dello stipendio. Quando una persona cresce si rende conto del valore che ha respirare, guardare il sole e gli alberi, avere i propri spazi. Se ci si concentra solo sul lavoro si mette a rischio anche la salute mentale, e qui si apre un altro capitolo”.