ANDREA GIANNI
Cronaca

Giovani, giungla lavoro: la piaga del “nero” e pressioni anti-maternità per una donna su tre

L’indagine della Cisl su 3.571 lombardi con età media 30 anni. L’88% vorrebbe costruire una famiglia, progetto frenato da stipendi bassi. Fuga dal posto fisso e precarietà strutturale: il 25% riceve aiuti dai genitori

Giovani al lavoro

Giovani al lavoro

Milano – La “normalità dell’irregolarità”, anche nella Lombardia locomotiva d’Italia, emerge da un dato: un giovane su due ha avuto esperienze di lavoro sommerso, nella sua vita professionale, mentre quattro su dieci prestano ore di straordinario non pagate o pagate fuori busta, e il 12% ha fatto il suo debutto nel mondo del lavoro con un impiego totalmente in nero.

Uno stipendio medio di 1.576 euro al mese, con le donne che guadagnano il 17,9% in meno rispetto agli uomini, allontana l’uscita dalla casa dei genitori e il traguardo di una vita indipendente, così come rende “quasi impossibile” il sogno di costruire una famiglia e avere dei figli, ostacolato anche da pressioni sul luogo di lavoro subite soprattutto dalle donne. Solo il 26% pensa di rimanere nella stessa azienda fino alla pensione, il posto fisso non è più un traguardo da raggiungere a tutti i costi e, nella scelta del lavoro, tra gli elementi determinanti dopo lo stipendio c’è la possibilità di avere tempo libero. Fattore che prende sempre più quota, superando le prospettive di carriera e di crescita professionale.

Una ricerca della Cisl Lombardia, presentata a Milano, ha messo sotto la lente il rapporto fra i giovani e il lavoro. L’inchiesta, condotta con il Laboratorio Giovani 2.0 del sindacato, ha coinvolto 3.571 iscritti con un’età media di 30 anni. Lavorano nei settori più disparati, hanno qualifiche più o meno elevate (oltre 4 su 10 hanno una laurea), sono italiani o di origine straniera (l’8,8%), ma dalle loro risposte emerge un sentire comune. Un cambiamento radicale di prospettiva rispetto all’epoca dei loro padri o dei loro nonni.

“Le nuove generazioni cercano un lavoro che li rispetti, li valorizzi, che non li schiacci – spiega il segretario generale della Cisl Lombardia, Fabio Nava – che lasci spazio alla vita, ai desideri, alle passioni. Non sono più sedotti dal mito del posto fisso, ma questo non significa che abbiano rinunciato alla stabilità, al senso profondo del proprio impegno. Però non sopportano più tirocini infiniti, straordinari non pagati, contratti leggeri e fragili come carta velina. Vogliono dignità, non paghette. Ambiscono a potersi costruire un futuro, una famiglia: non è vero che non vogliono mettere al mondo dei figli. Lo desiderano – conclude – ma troppo spesso sono costretti a rimandare o a rinunciare”.

Richieste che, in un’epoca di inverno demografico, dovrebbero essere ascoltate dalla politica. L’88% dei giovani sogna infatti di costruire una famiglia, ma il 65,9% ritiene che il proprio stipendio, giudicato troppo basso, renda questo progetto quasi impossibile. Qual è la soglia di reddito? Analizzando le risposte, uno stipendio mensile di almeno 1.700 euro potrebbe essere la soglia di partenza, una base economica per iniziare a costruire un futuro. Il 45% pensa che sia necessario sacrificare la carriera per costruire una famiglia e il 22% ha subito pressioni al lavoro o in fase di colloquio per rinunciare a fare figli o rimandare la genitorialità. Pressioni che salgono al 31,3% del campione, quasi una su tre, considerando solo le risposte delle donne. La scelta di non fare figli, quindi, è legata a doppio filo con il clima aziendale e con il nodo stipendi.

Più della metà (51,6%) non riesce a risparmiare nemmeno il 10% della busta paga e quasi 3 su 4 (72,7%) dichiarano che il salario non copre i bisogni essenziali. Il 40% non sarebbe in grado di fare fronte ad una spesa imprevista di 1.500 euro e il 25,9% continua a ricevere aiuti economici dalla famiglia. Non a caso, circa uno su 4 vive ancora con i genitori. E di fronte al pensiero della pensione il 96% degli intervistati ha espresso “emozioni negative” in un mercato del lavoro estremamente volatile: in media gli intervistati nei primi anni della loro vita professionale hanno cambiato ben 4 posti. Quasi la metà sta valutando, in questo momento, un cambiamento.