
Marco Ferdico ha parlato con i pm: “Non sono un pentito”
Ore 15.30 del primo maggio 2025. L’ex frontman della Nord Marco Ferdico, in carcere da un anno per l’indagine “Doppia curva”, si siede negli uffici della Procura davanti ai pm Paolo Storari e Stefano Ammendola: il verbale dà atto che l’interrogatorio “si svolge su richiesta dell’indagato”. Il quarantenne non è un collaboratore di giustizia come l’ex amico Andrea Beretta (ci hanno tenuto a precisarlo i legali nei giorni scorsi), ma ha comunque deciso di dire quello che sa sull’omicidio dello “Zio” Vittorio Boiocchi, capo storico del tifo organizzato di fede nerazzurra rientrato al secondo anello verde di San Siro nel 2019 (dopo un quarto di secolo dietro le sbarre) e assassinato a colpi di pistola la sera del 29 ottobre 2022 in via Fratelli Zanzottera a Milano.
A questo punto, l’inciso è d’obbligo: cinque giorni fa, il giudice Francesca Ballesi ha accolto la richiesta della Procura e disposto il giudizio immediato per Ferdico e suo padre Gianfranco (ritenuti gli organizzatori del delitto dello “Zio”), per il presunto mandante Beretta e per gli esecutori materiali Daniel D’Alessandro alias “Bellebuono” e Andrea Pietro Simoncini, incastrati dalle rivelazione dello stesso “Berro” e dai riscontri di Squadra mobile e Sisco. Tra gli atti citati nel provvedimento, compare pure l’interrogatorio reso da Ferdico quattro mesi e mezzo fa.
“Racconto i fatti sin dall’inizio”, esordisce l’ex leader degli ultrà interisti, membro alla pari del triumivirato completato dal “Berro” e dal rampollo di ’ndrangheta Antonio Bellocco che ha regnato al Meazza fino all’estate 2024. “Il primo luglio 2022 vengo invitato all’addio di Piscitelli”, vale a dire Fabrizio Piscitelli alias “Diabolik”, capo della Nord laziale ucciso con un colpo di pistola alla testa il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti a Roma.
“La sera prima, vengo chiamato da Maurino Nepi (ex lanciacori della curva a sua volta finito in manette lo scorso 30 settembre, ndr) e mi chiede di venire insieme a mio padre per sedare una lite tra Beretta e Boiocchi. Noi decidemmo di non andare, avendo mio padre dei rancori con Beretta – spiega Ferdico –. Vado a Roma insieme a Beretta e altri. Beretta era armato ed era spaventato perché aveva avuto il litigio con Boiocchi che era stato visto armato, insieme a Debora. Dopo Roma, io vado in Calabria da mia moglie. Durante l’estate, so che Beretta si chiarisce con Boiocchi”, con la mediazione di un tale B. “A settembre – prosegue il racconto – incontro nuovamente Beretta, che era nuovamente spaventato per paura di essere ammazzato da Boiocchi, attraverso anche qualche killer serbo”. Ferdico e Beretta si vedono ancora, in un campo da tennis, “dopo aver lasciato i telefoni”: “In quell’occasione, Beretta mi dice che vuole uccidere Boiocchi”.
Il piano inizia a prendere forma, anche se Ferdico senior non è convinto: “Io e mio padre facevamo tutti insieme – dirà il figlio – ma lui mi ha sempre detto che non dovevo fare questo omicidio perché l’avrei pagata”. Passa qualche giorno, e il futuro frontman della Nord dà via libera: “Beretta mi porta vicino casa di Boiocchi, facendomi vedere che aveva una chiave per accedere in prossimità dell’abitazione. A quel punto, io dico di accettare di partecipare all’omicidio, ma non di non volerlo eseguire: ero comunque affascinato dalla sua audacia e dalla possibilità di prendere il comando della curva. Do indicazioni di utilizzare mezzi rubati, un percorso lontano dalle telecamere, dei killer che possano eseguirlo. In questo momento, non so ancora chi possa eseguire l’omicidio. Beretta mi dice che paga 50mila euro per l’omicidio, dicendo anche che aveva due persone dell’Est disposte a eseguirlo”. Ferdico pensa al suocero, Simoncini, “cui prestavo sempre dei soldi”, e a D’Alessandro, “che mi doveva sempre dei soldi”: “Entrambi accettano dietro il compenso di 25mila euro a testa”.
Parte la preparazione, momentaneamente interrotta da una perquisizione a casa Ferdico: c’è una pistola nell’abitazione, ma non viene trovata. È solo un intoppo, anche perché Beretta ha fretta: “Il 25 ottobre mi piomba a casa spaventato, dicendomi che Boiocchi voleva ammazzarlo”. Il giorno dopo, “mi trova la moto e il pomeriggio mi consegna la pistola poi utilizzata per l’omicidio”. I killer si muoveranno su un Gilera Piaggio Gt riverniciato “la sera prima” in un box di via Mecenate e useranno una Luger 9x19 di produzione ceca: “Beretta e Simoncini si incontrano almeno 30 volte in quel periodo”. La mattina del 28, “ho provato la pistola insieme a D’Alessandro vicino al Carrefour”.
E arriviamo al 29. Qualcuno avvisa gli assassini, che aspettano nell’ombra in via Anghileri, che Boiocchi sta tornando da San Siro in scooter, prima del fischio d’inizio di Inter-Sampdoria: sono le 19.45 “A sparare è stato D’Alessandro, dopo che Simoncini gli aveva scarrellato l’arma – chiarisce Ferdico ai magistrati –. La sera a Carugate incontro D’Alessandro e Simoncini. Ero con mio padre. Andiamo a buttare i vestiti. Simoncini e D’Alessandro vanno a Omate (frazione di Agrate Brianza, ndr) a dormire. La moto viene riverniciata in bianco e messa nel garage nella mia disponibilità”. E l’arma? “È stata lanciata in un laghetto artificiale nel Comune di Trezzano sul Naviglio, nei pressi di Cascina Gaggia”. E i telefoni criptati usati per comunicare? “Buttati nei tombini in zona via Padova”.