NICOLA PALMA
Cronaca

San Siro, ultrà e potere: la Sud (ancora) con Lucci, la Nord scarica Berro&Co

Condannati anche il bodyguard di Fedez, Rosiello, e il fratello del ’Toro’. Rossoneri fedeli al vecchio leader. Inter, si cambia: “Distanza da chi è in galera”

Il tifo organizzato di San Siro dopo il terremoto giudiziario e la pioggia di condanne di questi giorni è sempre più diviso: i milanisti nel segno della continuità gli interisti che dicono di voler voltare pagina

Il tifo organizzato di San Siro dopo il terremoto giudiziario e la pioggia di condanne di questi giorni è sempre più diviso: i milanisti nel segno della continuità gli interisti che dicono di voler voltare pagina

Christian Rosiello, ultrà milanista ed ex bodyguard di Fedez (non indagato), è stato condannato a 4 anni e 20 giorni di reclusione nel secondo processo abbreviato, con l’accusa di associazione per delinquere, scaturito dalla maxi inchiesta della Procura, di Polizia e Gdf sulle curve di San Siro. Lo ha deciso la sesta penale, condannando anche a 5 anni e 6 mesi Francesco Lucci, fratello dell’ex leader della Curva Sud rossonera Luca, e a 3 anni e 8 mesi Riccardo Bonissi. Le nuove condanne arrivano dopo quelle di due giorni fa per capi e sodali della Sud milanista e della Nord interista. I tre imputati, in uno dei filoni dell’inchiesta “Doppia curva“ sul tifo organizzato di San Siro, sono accusati di associazione per delinquere aggravata finalizzata a commettere una lunga serie di reati, tra cui estorsioni e pestaggi. Tra le aggressioni l’episodio che ha avuto come vittima il personal trainer dei vip, Cristiano Iovino, o il pestaggio di un giovane, nel maggio 2024, in un ristorante di via Capecelatro. Il verdetto accoglie la linea del pm Paolo Storari che non si era opposto al cambio in corsa del rito del procedimento (da ordinario ad abbreviato).

Milano, 20 giugno 2025 – Per avere un’idea di ciò che si muove in curva dopo il terremoto giudiziario, può essere istruttivo dare un’occhiata alle foto scattate l’altro giorno fuori da San Vittore. Da una parte, una sparuta pattuglia della Nord interista, quasi una presenza dovuta. Dall’altra, un gruppo compatto di duecento ultrà rossoneri, a ribadire la vicinanza a chi è finito in carcere più di nove mesi fa (a cominciare dal leader indiscusso Luca Lucci) e che nelle ultime ore ha incassato pesanti condanne.

Istantanee in linea con i comunicati diramati nel corso della stagione, segnata sin dall’inizio dalla maxi retata dell’indagine di Dda e Squadra mobile che ha decapitato i vertici del tifo organizzato rossonerazzurro e squarciato la cappa che ammantava l’indotto nero del Meazza (e le infiltrazioni della ’ndrina Bellocco al secondo anello verde). Un blitz senza precedenti a cui ha fatto seguito un giro di vite della Questura, soprattutto sul fronte del rispetto della legalità all’interno dello stadio: vigilanza raffozata ai tornelli per evitare accessi illegali (dalla «doppietta» alle minacce agli steward per far entrare chi era senza biglietto), tolleranza zero sugli striscioni con richiami a un passato pesantemente segnato dalle indagini della magistratura, sistema di riconoscimento facciale all’entrata in avanzata fase di realizzazione e uso massiccio di Daspo sportivi e fuori contesto (che estromettono anche le persone che hanno commesso gravi reati al di fuori degli impianti sportivi). Una stretta che si porta dietro un paio di domande: a queste condizioni, chi avrebbe interesse a compiere la scalata per riempire il vuoto di potere? Senza guadagni illegali, chi può aspirare a guidare le curve del 2025?

Due interrogativi che fanno da inevitabile premessa al terzo, il più importante: chi comanda oggi in curva? E qui torniamo alle diverse strade imboccate dagli esponenti di Nord e Sud sopravvissuti al repulisti del 30 settembre 2024. I primi hanno fatto una scelta precisa, che ha segnato una cesura chiara e inequivocabile: a inizio maggio, una nota ufficiale ha sancito la fine dell’esperienza della Curva Nord unificata, fortemente voluta da Andrea Beretta e Antonio Bellocco dopo l’omicidio del vecchio capo Vittorio Boiocchi (di cui si è poi autoaccusato lo stesso Berro da collaboratore di giustizia tacciato di “infamità” dagli ex amici) per uniformarsi ai cugini “banditi“ della Curva Sud targata Lucci.

«Dopo un periodo di profonde riflessioni interne e grandi cambiamenti – la presa di posizione – i gruppi della Nord comunicano la decisione di tornare a essere completamente indipendenti, senza più alcun tipo di raggruppamento sotto un’unica sigla o nome collettivo». Un cambio di rotta ribadito pure nelle scorse settimane, durante la protesta per la mancata distribuzione agli ultrà dei biglietti per la finale di Champions League: «Noi abbiamo preso le distanze da tutti quelli che sono in galera in questo momento perché quella gestione non fa parte della nostra storia, soprattutto della mia», ha precisato il redivivo Franco Caravita, estromesso in malo modo dallo «Zio» Boiocchi nell’autunno del 2019.

Parole che certo possono celare altri obiettivi (tipo quello di tentare di «ammorbidire» i rapporti con le forze dell’ordine e avere più margine di manovra), ma che nessuno ha mai pronunciato dall’altra parte della barricata. La linea che i vertici del tifo milanista – dai volti noti Marco Pacini e Giancarlo Capelli a new entry come Luca Guerrini, scampato a un agguato l’8 maggio – stanno ostinatamente mantenendo è del tutto opposta: «Noi siamo la Curva Sud, non siamo un’associazione a delinquere». Un’affermazione smentita dai 10 anni affibbiati martedì a Lucci. Il cordone ombelicale col «Toro» non è stato reciso, così come già capitato negli altri periodi in cui condanne e Daspo lo avevano tenuto lontano da San Siro. Stavolta, però, l’attesa potrebbe essere molto più lunga. E vana.