Milano, 27 agosto 2025 – La cognata di Alessandro Impagnatiello, ossia la moglie del fratello dell'ex barman che ha ucciso la fidanzata Giulia Tramontano, è stata condannata dal Tribunale civile di Milano a risarcire, con circa 25mila euro (19mila euro di risarcimento e 5mila euro di spese legali), i familiari della vittima. Il femminicidio di Giulia è avvenuto il 27 maggio del 2023 quando l’ex barman massacrò con 37 coltellate la compagna, incinta di suo figlio Thiago, a Senago, nel Milanese.

La decisione del giudice
Il giudice Francesco Pipicelli ha quindi dato ragione alla famiglia della giovane uccisa, rappresentata dagli avvocati Rosario Santella e Giovanni Cacciapuoti, secondo cui quella macchina sarebbe stata venduta alla cognata di Impagnatiello solo al "fine di sottrarre il predetto bene alle ragioni creditorie dei familiari di Giulia Tramontano". Nell'udienza dello scorso novembre il fratello di Impagnatiello, che ha la procura speciale, ha depositato la denuncia del furto dell'auto.
Una mossa, quella della vendita dell'auto da Impagnatiello alla cognata, che, secondo il Tribunale, sarebbe quindi servita per "diminuire la consistenza patrimoniale" dell'ex barman e farlo risultare nullatenente, anche nell'ottica dei risarcimenti nel processo per l'omicidio, nel quale è stato condannato all'ergastolo in primo e secondo grado. Proprio in quell'auto il femminicida aveva nascosto e trasportato il corpo della giovane, incinta di sette mesi.

"Quell’auto non doveva più circolare liberamente”
"Alla famiglia di Giulia ciò che interessava era che questa macchina, sulla quale era stato nascosto e trasportato il corpo, non circolasse più liberamente, dato che non era stata sequestrata dalla Procura" ha spiegato l'avvocato Giovanni Cacciapuoti. I genitori, il fratello e la sorella di Giulia, come ha chiarito il legale, hanno intentato quella "azione civile per la revocatoria della vendita dell'auto" - con prima udienza discussa lo scorso novembre mentre si stava concludendo il processo penale di primo grado sull'omicidio - per impedire che la macchina "andasse in giro liberamente, anche perché la Procura all'epoca aveva disposto solo il sequestro del pianale posteriore, dove erano state trovate tracce di sangue". Allo stato, di quell'auto non c'è più traccia perché, come risulta anche dagli atti della causa civile, la cognata e il fratello di Impagnatiello lo scorso ottobre hanno denunciato che è stata rubata, anche se poi la compagna assicuratrice non ha risarcito il furto.
Le motivazioni della sentenza e l’ipotesi di ricorso
Il 15 settembre saranno depositate invece le motivazioni della sentenza di secondo grado che ha confermato la pena massima per l’ex barman, escludendo però l’aggravante della premeditazione e riconoscendo soltanto quelle del rapporto di convivenza e della crudeltà. Una decisione duramente criticata dai familiari della vittima e, in particolare, dalla sorella Chiara, che ha scritto un post su Instagram sottolineando come il compagno abbia "avvelenato sua sorella Giulia per sei mesi". La Procura potrebbe decidere per un ricorso, dopo aver letto le motivazioni della sentenza.