
Alessandro Impagnatiello entra in aula per la lettura della sentenza del processo d’appello per l’omicidio di Giulia Tramontano
Milano – Ergastolo confermato per Alessandro Impagnatiello, il 32enne barman dell’Armani Cafè, che il 27 maggio del 2023 massacrò con 37 coltellate la compagna Giulia Tramontano, incinta di suo figlio Thiago. La Corte d’Assise d’Appello non ha messo in discussione l’impianto accusatorio né l’aggravante della crudeltà, ma ha escluso la principale, quella della premeditazione.
In aula Impagnatiello si è presentato curato, come sempre, camicia griffata, nuovo taglio di capelli ’crew cut’, piccole anelle alle orecchie. Ha ascoltato in silenzio la pronuncia della Corte, senza mai alzare lo sguardo, tanto meno rivolgerlo ai genitori di Giulia.

Ha presentato ricorso in Appello, difeso dalla sua legale Giulia Geredini perché puntava subito a una riduzione della pena considerando, come ha spiegato la sua difesa, che “si tratta di un ragazzo incensurato, che ha confessato l’omicidio, che ha aiutato gli investigatori a ritrovare il corpo di Giulia e ha chiesto scusa alla famiglia”. La prima arringa è stata quella della sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, poi ha parlato l’avvocato della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti, parte civile nel processo. Entrambi hanno chiesto conferma dell’ergastolo. Infine ha preso la parola la difesa dell’imputato.
L’avvocato Cacciapuoti nella sua arringa ha sottolineato come “i motivi economici siano stati determinanti nella decisione di uccidere Giulia e Thiago. Lui era abituato ad una vita frivola e dispendiosa – ha detto – fatta di aperitivi e cene in locali di lusso, i suoi duemila euro di stipendio (1600 più le mance dei clienti facoltosi) non sarebbero stati sufficienti per mantenere, da padre separato, due figli”. E ancora: “Voleva continuare la sua vita placcata d’oro e nella scelta tra rinunciare a Thiago o rinunciare alla bella vita ha scelto la prima, ha rinunciato al figlio che sarebbe nato di lì a due mesi”.
Rimaste in piedi l’aggravante del vincolo parentale e quella della crudeltà perché nel corso delle 37 coltellate Giulia ha fatto in tempo a rendersi conto di tutto, che stava morendo lei e che sarebbe morto anche il suo bambino. Lo ha raccontato lo stesso impagnatiello nelle sua lunga testimonianza in aula, quando ha raccontato: “La prima coltellata a Giulia gliel’ho data mentre era piegata sulle ginocchia che stava togliendo alcuni abiti dalla cassettiera per preparare la valigia e andarsene. Lei era di spalle, si è girata e mi ha guardato, io ho continuato ad accoltellarla, non so cosa mi è preso in quel momento”.
Esclusa, quindi, solo la premeditazione. Le motivazioni che spiegheranno l’esclusione saranno depositate il 15 settembre, al momento la Corte, giudice Franca Anelli, ha, almeno in parte, accolto la linea della difesa di Impagnatiello che ha parlato di tempi troppo brevi fra l’ideazione dell’omicidio, movente scatenante presunto l’incontro fra Giulia e l’amante del compagno davanti all’Armani Cafè, e il momento in cui lei è rientrata a casa.
Un tempo di poco più di due ore non è sufficiente a configurare la premeditazione. “L’omicidio – ha detto Geredini – sembra piuttosto un susseguirsi di errori senza alcuna pianificazione”. Impagnatiello ha lasciato in casa, nello zainetto il ’kit dell’assassino’ fatto di guanti usati e topicida. “Se avesse premeditato avrebbe pianificato almeno la cancellazione delle prove principali”. Resta da decidere il punto della giustizia riparativa. La Corte si è riservata di decidere in tempi non ancora assegnati.