
Alessandro Impagnatiello in tribunale
Milano, 9 luglio 2025 – La Corte d'assise d'appello di Milano ha rigettato l'istanza dell'accesso alla giustizia riparativa presentata dalla difesa di Alessandro Impagnatiello, condannato anche in secondo grado all'ergastolo (pur senza l’aggravante della premeditazione) per l'omicidio di Giulia Tramontano, la sua fidanzata al settimo mese di gravidanza uccisa con 37 coltellate nel loro appartamento di Senago.
La decisione - come si legge in una nota del presidente della Corte Giuseppe Ondei - è dovuta al fatto che i motivi posti a fondamento della sua richiesta “sono stati ritenuti irrilevanti ai fini di una valutazione dell'ammissibilità dell'invio dell'imputato al programma riparatorio”. La corte d'Assise d'appello - viene spiegato sempre in un comunicato stampa - ha constato l'assenza del ''pericolo per le parti'' e del ''pericolo per l'accertamento dei fatti'' - due dei parametri da valutare per l'accesso alla giustizia riparativa - ma ha anche preso atto della ''indisponibilità (per ora irretrattabile) delle persone direttamente danneggiate dai reati commessi ( i familiari di Giulia, ndr) a prendere parte all'eventuale programma riparatorio''.

Quindi ha ritenuto che ''per affermare una effettiva utilità alla risoluzione delle questioni derivanti dai reati commessi fossero decisivi 'i moventi''' che hanno portato l'ex barman 32enne, condannato in appello lo scorso 25 giugno per omicidio pluriaggravato, interruzione non consensuale di gravidanza e occultamento di cadavere, a uccidere la compagna incinta e poi a tentare di disfarsi del suo corpo. ''Moventi o impulsi criminosi che, se rielaborati criticamente'' da Impagniatiello ''e portati a sua giustificazione della scelta di un percorso di riconciliazione sarebbero valsi a motivare la utilità di avvio'' del percorso di giustizia riparativa, ma così ''non è stato'', spiega la corte d'Appello.
In particolare,si sottolinea, Impagnatiello non ha rielaborato “criticamente” il movente e gli impulsi che lo hanno portato a uccidere e quindi non si ravvis una «effettiva utilità» del percorso di giustizia riparativa riguardo a un iter di “responsabilizzazione”.