
Giulia Tramontano, i post Instagram del papà Franco e della mamma Loredanoa Femiano
Milano, 25 giugno 2025 – “Vivrai in eterno nei cuori di chi ti ha sinceramente amata. Ai quali hai donato la tua infinita dolcezza, gentilezza e bellezza”. Sono le parole di Franco Tramontano, padre di Giulia, postate sul suo profilo Instagram a corredo di una foto della figlia, a poche ore dall'inizio del processo d'appello a carico di Alessandro Impagnatiello, condannato in primo grado all'ergastolo per aver ucciso con 37 coltellate la fidanzata incinta di sette mesi nella loro abitazione a Senago il 27 maggio 2023.
“Cinque per sempre. Proprio così per sempre, oggi più che mai”, ha aggiunto la madre della vittima, Loredana Femiano, pubblicando una foto della famiglia al completo. Oltre a Giulia, la coppia ha altri due figli: Chiara e Mario.
Accusa e difesa
Le accuse per il 32enne sono di omicidio volontario pluriaggravato, procurato aborto e occultamento di cadavere. Davanti alla Corte di Assise d'Appello di Milano, l'avvocato Giulia Geradini chiederà l'esclusione delle aggravanti della premeditazione e della crudeltà. “Personalità narcisistica, ma non crudele”, ha detto la legale. “Voleva solo uccidere il feto perché di ostacolo alla sua vita, al suo lavoro, schiacciato come era dal castello di bugie che aveva costruito per tenere in piedi una relazione parallela”.
Se per l’accusa Giulia non è morta subito, ma ha fatto in tempo ad accorgersi che il padre di suo figlio la stava uccidendo a coltellate, d’altronde lo dice lo stesso Impagnatiello nel corso di una deposizione fiume: “Quando le ho dato la prima coltellata lei era abbassata sulle ginocchia perché stava cercando abiti in un cassetto, si è girata verso di me, mi ha guardato e ha cercato di alzarsi. Poi non so cosa mi è preso”.
Per la difesa, al contrario, non c’è stata crudeltà, non almeno in senso giuridico, perché “Giulia, colpita alla schiena, non avrebbe avuto il tempo di accorgersi di ciò che le stava accadendo, diversamente avrebbe tentato di difendersi e sul suo corpo ci sarebbero stati segni di difesa”.
Difficile però, aveva ribattuto in primo grado l’accusa, rilevare i segni di difesa in un corpo in parte carbonizzato e abbandonato, avvolto da un cellophane, tra le sterpaglie, perché Impagnatiello dopo averla uccisa ha tentato per due volte di far sparire il corpo tra le fiamme. Per la difesa non c’è stata nemmeno la premeditazione: il tappeto spostato e il divano coperti perché non si macchiassero di sangue sono “elementi non dimostrati”. La condotta dell’imputato, sempre stando alla difesa, è stata “grossolana e maldestra”, non premeditata: compra la benzina dopo aver ucciso Giulia e il loro figlio Thiago, acquista il carrello per trasportare il cadavere, più volte sposta la vittima lungo le frequentate scale condominiali, lascia la confezione di topicida in vista sebbene lo avesse somministrato alla ventinovenne mesi prima di ucciderla con 37 coltellate.
Per Geradini, infine, Impagnatiello avrebbe diritto alle attenuanti generiche “per il pentimento manifestato alla famiglia della vittima e per le sue scuse”. E anche per non essersi “sottratto ad un lungo e articolato esame in cui ha manifestato tutte le sue fragilità, facendo una lucida analisi della condotta tenuta ai danni della Tramontano mettendosi a nudo circa l’immenso castello di bugie costruito di cui poi è rimasto travolto”. Possibile già in giornata la sentenza d’appello. Se dovessero essere riconosciute le attenuanti generiche la pena, dall’ergastolo, potrebbe essere riqualificata in 30 anni.