Arnaldo Liguori
Editoriale e Commento

Un “Signor No” planetario

Nell’epoca della disinformazione universale, quell’autorevole notaio dovrebbe stare dappertutto

Ludovico Peregrini, conosciuto con il il soprannome di "Signor No"

Ludovico Peregrini, conosciuto con il il soprannome di "Signor No"

Ho poco più di trent’anni e il “Signor No” in televisione l’ho visto solo una volta, nel 2016, quando la Rai tentò – fuori tempo massimo – di riproporre Rischiatutto. Ma ci pensò mio padre, che di anni ne aveva ottanta, a spiegarmi chi era quel signore che fermava implacabilmente i concorrenti con un secco “no” ogni volta che una risposta era imprecisa, scorretta o incompleta.

Ora Ludovico Peregrini è morto. E con lui un’epoca in cui un tizio con la cravatta e l’aria severa poteva dire “no, così non va” senza scatenare smentite o polemiche. Pensateci: c’erano le regole, c’era chi le faceva rispettare, c’era chi accettava il verdetto. Insomma, fantascienza. Oggigiorno chi lo accetta più, un verdetto?

In questi tempi così disinteressati alla verità, servirebbe un “Signor No” planetario, uno che si alzi dalla sua scrivania ogni volta che un sedicente esperto spaccia una teoria complottista per scienza, ogni volta che un politico – magari un presidente biondo e arancione – spara una cifra inventata. Servirebbe, soprattutto, ogni volta che la verità diventa questione di maggioranza.

Ma forse è proprio questo il punto: il “Signor No” funzionava perché tutti riconoscevano l’autorevolezza della sua voce. Oggi tutti sentono di avere la facoltà di mettere in dubbio ogni cosa, non importa che sia il parere di un medico o di un idraulico (non lo dico io: ci sono fiumi di letteratura accademica che trattano la crisi dell’autorità epistemica). Ormai il “no” degli altri è persino sospetto. E a volte pare di vivere in un quiz permanente dove a vincere sono sempre, o quasi, le risposte sbagliate.