ALESSANDRA ZANARDI
Cronaca

Un parco di San Giuliano Milanese intitolato a Diana Pifferi, abbandonata dalla madre e morta di stenti tre anni fa a Milano

Alla cerimonia, questa mattina sabato 12 luglio, era presente anche la zia materna Viviana. Commozione, lacrime e un dolore che da quel luglio del 2022 non si è mai sopito

Alla cerimonia in memoria di Diana Pifferi, commozione e lacrime

Alla cerimonia in memoria di Diana Pifferi, commozione e lacrime

San Giuliano Milanese, 12 luglio 2025 – “Un invito a essere comunità, a non voltarci dall’altra parte quando c’è qualcosa che non ci convince. Essere cittadini responsabili: ecco il messaggio che la piccola Diana, con la sua morte, ha lasciato a tutti noi”. Queste le parole del sindaco Marco Segala durante la cerimonia d’intitolazione del parchetto di via Indipendenza, alla frazione di Borgolombardo, a Diana Pifferi, la bimba di 18 mesi lasciata morire di stenti dalla madre Alessia Pifferi, che l’ha abbandonata per sei giorni consecutivi in un appartamento di Ponte Lambro, a Milano.  

Una ferita ancora aperta   

Era il 19 luglio 2022. A tre anni da una vicenda che continua a scuotere l’opinione pubblica, San Giuliano, Comune dove risiede la zia materna di Diana, Viviana Pifferi, e nel cui cimitero la piccola è stata tumulata, ha voluto ricordare la bambina dedicandole uno spazio pubblico in uno dei quartieri della città. “Le modalità con le quali Diana è stata lasciata morire spingono ad interrogarci – ha aggiunto il sindaco –. Ognuno di noi può fare qualcosa, affinché fatti del genere non accadano più”.  

In ricordo della piccola Diana, una targa e una panchina  con il suo nome
In ricordo della piccola Diana, una targa e una panchina con il suo nome

Un verso di Montale  

Alla presenza anche di Viviana Pifferi, commozione e raccoglimento hanno accompagnato la cerimonia di scoprimento della targa, che si è svolta a mezzogiorno, quando è stata svelata la pietra commemorativa, impreziosita da un verso di Eugenio Montale, che d’ora in poi contribuirà a tramandare il ricordo di Diana. Per la morte della figlia, Alessia Pifferi è stata condannata all'ergastolo (in primo grado).   

Approfondisci:

Alessia Pifferi: oggi l’Appello. Il monolocale è stato affittato

Alessia Pifferi: oggi l’Appello. Il monolocale è stato affittato

"Ricordare Diana” 

"Mentre l’attenzione mediatica sembra tutta concentrata sul processo a carico della madre, dedicarle uno spazio pubblico è un modo per non dimenticare Diana – dice –. Durante la sua breve vita, ho accompagnato più di una volta mia nipote al parco di Ponte Lambro: me la ricordo sorridente sullo scivolo, o in mezzo alle margherite. Già, perché nonostante mia sorella tendesse ad isolarsi e nonostante le restrizioni imposte dal Covid, ho sempre cercato di mantenere contatti con la bambina. Non è vero che noi familiari ce ne siamo disinteressati, lo dimostra il fatto che Alessia viveva in casa di nostra madre”.   

Approfondisci:

Pifferi, le motivazioni dell’ergastolo: "Diana uccisa dall’egoismo della madre. Lei scelse la “libertà“ e la abbandonò"

Pifferi, le motivazioni dell’ergastolo: "Diana uccisa dall’egoismo della madre. Lei scelse la “libertà“ e la abbandonò"

Servizi sociali 

"Mi sono messa in contatto con gli assistenti sociali – continua Viviana Pifferi – per segnalare che mia sorella, senza un compagno né un lavoro, aveva una bimba da crescere, ma mi è stato detto che avrebbe dovuto essere lei stessa a chiedere aiuto. Sogno un’umanità più unita per prevenire simili aberrazioni, e penso anche ai femminicidi".  

Approfondisci:

Lasciò morire la figlioletta di stenti. Malore di Alessia Pifferi in carcere. E ora è sorvegliata a vista

Lasciò morire la figlioletta di stenti. Malore di Alessia Pifferi in carcere. E ora è sorvegliata a vista

La rabbia che non passa 

Viviana Pifferi non si è persa una sola udienza del processo a carico della sorella: più volte si è presentata in aula indossando una maglietta con la foto della nipote. "Lo devo a Diana – dice –. Alessia proprio non la perdono, a mio avviso è del tutto capace d’intendere e volere. Tre anni non sono bastati per lenire il dolore, anzi, si rinnova la rabbia quando mi rendo conto che lei non sembra aver preso coscienza di ciò che ha fatto."