
Alla cerimonia in memoria di Diana Pifferi, commozione e lacrime
San Giuliano Milanese, 12 luglio 2025 – “Un invito a essere comunità, a non voltarci dall’altra parte quando c’è qualcosa che non ci convince. Essere cittadini responsabili: ecco il messaggio che la piccola Diana, con la sua morte, ha lasciato a tutti noi”. Queste le parole del sindaco Marco Segala durante la cerimonia d’intitolazione del parchetto di via Indipendenza, alla frazione di Borgolombardo, a Diana Pifferi, la bimba di 18 mesi lasciata morire di stenti dalla madre Alessia Pifferi, che l’ha abbandonata per sei giorni consecutivi in un appartamento di Ponte Lambro, a Milano.
Una ferita ancora aperta
Era il 19 luglio 2022. A tre anni da una vicenda che continua a scuotere l’opinione pubblica, San Giuliano, Comune dove risiede la zia materna di Diana, Viviana Pifferi, e nel cui cimitero la piccola è stata tumulata, ha voluto ricordare la bambina dedicandole uno spazio pubblico in uno dei quartieri della città. “Le modalità con le quali Diana è stata lasciata morire spingono ad interrogarci – ha aggiunto il sindaco –. Ognuno di noi può fare qualcosa, affinché fatti del genere non accadano più”.

Un verso di Montale
Alla presenza anche di Viviana Pifferi, commozione e raccoglimento hanno accompagnato la cerimonia di scoprimento della targa, che si è svolta a mezzogiorno, quando è stata svelata la pietra commemorativa, impreziosita da un verso di Eugenio Montale, che d’ora in poi contribuirà a tramandare il ricordo di Diana. Per la morte della figlia, Alessia Pifferi è stata condannata all'ergastolo (in primo grado).
"Ricordare Diana”
"Mentre l’attenzione mediatica sembra tutta concentrata sul processo a carico della madre, dedicarle uno spazio pubblico è un modo per non dimenticare Diana – dice –. Durante la sua breve vita, ho accompagnato più di una volta mia nipote al parco di Ponte Lambro: me la ricordo sorridente sullo scivolo, o in mezzo alle margherite. Già, perché nonostante mia sorella tendesse ad isolarsi e nonostante le restrizioni imposte dal Covid, ho sempre cercato di mantenere contatti con la bambina. Non è vero che noi familiari ce ne siamo disinteressati, lo dimostra il fatto che Alessia viveva in casa di nostra madre”.
Servizi sociali
"Mi sono messa in contatto con gli assistenti sociali – continua Viviana Pifferi – per segnalare che mia sorella, senza un compagno né un lavoro, aveva una bimba da crescere, ma mi è stato detto che avrebbe dovuto essere lei stessa a chiedere aiuto. Sogno un’umanità più unita per prevenire simili aberrazioni, e penso anche ai femminicidi".
La rabbia che non passa
Viviana Pifferi non si è persa una sola udienza del processo a carico della sorella: più volte si è presentata in aula indossando una maglietta con la foto della nipote. "Lo devo a Diana – dice –. Alessia proprio non la perdono, a mio avviso è del tutto capace d’intendere e volere. Tre anni non sono bastati per lenire il dolore, anzi, si rinnova la rabbia quando mi rendo conto che lei non sembra aver preso coscienza di ciò che ha fatto."