
Chiara Tramontano in un frame del video de Le Iene in cui ha ricordato la sorella Giulia
“La verità che fa più male” è “che il pericolo a volte non fa rumore, che la violenza può convivere in silenzio accanto a te, senza un urlo, senza un brivido”. Le parole pronunciate martedì sera, 6 maggio 2025, nella trasmissione tv ‘Le iene’, su Italia 1, da Chiara Tramontano, sorella di Giulia, 29 anni, barbaramente uccisa con 37 coltellate dal convivente, Alessandro Impagnatiello, il 27 maggio 2023, a Senago, incurante del fatto che lei fosse incinta di 7 mesi del loro primo figlio, Thiago, testimoniano di uno dei femminicidi più efferati degli ultimi tempi e, nello stesso tempo, più subdoli.
Perché l’assassino, già condannato all’ergastolo in primo grado, secondo lo schema del narcisista patologico, difficile da smascherare, non era all'apparenza un violento, non lasciava lividi sul corpo della giovane ogni volta che perdeva le staffe, non minacciava di morte o di suicidio, non voleva impedire a Giulia di lasciarlo come avviene nella maggior parte dei casi: lui aveva un’altra relazione e non voleva il figlio che lei portava in grembo, tanto da somministrare alla donna che diceva di amare del veleno per topi in piccole dosi per tentare di farle perdere il bambino.
Voleva avere il controllo della situazione, sul corpo e sulle vite degli altri, la compagna e il figlio che non ha mai visto la luce. Da barman in un hotel di lusso indossava una maschera e miscelava gli ingredienti, credendosi protagonista assoluto della sua vita perfetta, in cui non dovevano esserci sbavature, o bambini. L’ha massacrata, tentando anche di bruciare il suo corpo, poche ore dopo che la sua doppia relazione – vita era stata scoperta quando il suo castello di carte è crollato.
Dietro ad ogni vittima c’è una famiglia

“Mi chiamo Chiara e non sono qui solo per raccontarvi la storia di mia sorella, Giulia Tramontano, ma per dirvi che dietro ad ogni vittima c’è una famiglia, ci sono vite che continuano a cercare il senso nel caos, nel vuoto lasciato dalla violenza” – ha esordito Ciara nel monologo di un paio di minuti trasmesso a Le Iene. ”A volte mi sveglio e mi chiedo se sia successo davvero. Se è possibile che una persona così piena di vita possa sparire, in un giorno qualunque".
“Nessuno poteva immaginarlo”

"Una sorella, una figlia, una madre in attesa”, così Chiara descrive la giovane donna che le è cresciuta accanto, condividendo momenti di familiarità che saranno per sempre solo loro. “La mia Giulia non aveva paura e nessuno, nemmeno noi, poteva immaginarlo. Questa forse è la verità che fa più male, che il pericolo a volte non fa rumore, che la violenza può convivere in silenzio accanto a te, senza un urlo, senza un brivido”.
"Soccombere o resistere”
“Il giorno in cui Giulia è stata uccisa – racconta ancora Chiara – è morto qualcosa anche in noi, in me, ma io sono rimasta e da quel momento ho dovuto scegliere: soccombere o resistere. Ho scelto di trasformare quel dolore in parole, per rompere il silenzio sulle vite spezzate che nessuno racconta, sorelle che diventano madri, madri che diventano rovine, padri che invecchiano in un attimo”. La ‘costellazione’ familiare va in frantumi, si perdono gli equilibri, si cercano nuove forme. Ma niente sarà più come prima, ricorda Chiara, che d’improvviso ha dovuto affrontare qualcosa di inimmaginabile, ha visto i suoi genitori spezzarsi”.
"Il suo nome è Giulia”

“Il femminicidio non riguarda solo chi muore, riguarda chi resta e ha il dovere di non dimenticare. Il suo nome è Giulia, ma dietro a quel nome ci sono 100, mille altre donne, e non possiamo più aspettare la prossima. Io resto per raccontare, per lottare, resto perché Giulia non può più farlo e non smetterò mai di farlo al posto suo”. Queste le parole con cui Chiara Tramontano ha concluso il monologo a Le Iene dedicato alla sorella Giulia: chi uccide le donne per possesso, controllo, fa del male incancellabile anche nei confronti di le ha amate davvero. È l’ergastolo del dolore. Che Chiara vuole trasformare in ricordo, testimonianza, lotta. Contro chi, come Impagnatiello, cerca ancora di controllare le vite altrui, con lettere dal carcere e con il recente ricorso, a fine aprile, contro la sentenza, sostenendo, coi suoi legali, che “non c'è stata né crudeltà né premeditazione”.