ANNA GIORGI
Cronaca

Giulia Tramontano, il racconto dell’orrore di Impagnatiello: “Mentre dormiva le davo il veleno per topi per farla abortire”

Un anno fa il delitto di Senago, Impagnatiello: “Le feci una domanda e lei mi ignorò, così la colpii al collo”. “Di notte le davo veleno per topi in chicchi per farla abortire. Le 37 coltellate? Il numero l’ho sentito in tv”

Alessandro Impagnatiello e Giulia Tramontano

Alessandro Impagnatiello e Giulia Tramontano

Alessandro Impagnatiello, reo confesso del massacro, con 37 coltellate, della compagna Giulia Tramontano, incinta di suo figlio Thiago, è salito sul banco degli imputati lunedì mattina alle 11.30 per essere riportato a San Vittore nel pomeriggio, sei ore dopo, quando la giudice Antonella Bertoja rinvia l’udienza per oltrepassati limiti di orario. Sei ore in cui lui, impassibile, lucidissimo, mai un cenno di pentimento o di stanchezza, "sentendosi protagonista assoluto della scena e con totale assenza di empatia" come dirà la pm Alessia Menegazzo che conduce l’interrogatorio, racconta i dettagli di come ha ucciso Giulia, del perché le ha fatto del male e delle sue due vite sentimentali parallele che gli creavano "tanto stress poi sfociato in rabbia".

Impagnatiello, maglietta bianca e jeans, con tono sicuro, dice che il processo lo sta aiutando a mettere in ordine i tasselli della sua vita, che oggi è una persona consapevole, diversa da quella di un anno fa. E conferma subito: "Ho ucciso Giulia e occultato il suo cadavere la sera del 27 maggio". Poi, racconta come si sono conosciuti, in chat durante il periodo del Covid, delle prime liti, dell’altra donna, anche lei incinta, una compagna di lavoro "bellissima di cui tutti i colleghi erano innamorati, ma lei aveva scelto me, il nostro non era un rapporto serio, lei era come ’un elastico’ per me tanto si allontanava, con più forza tornava da me".

E prosegue raccontando come tenendo in piedi due relazioni sia "annegato in un castello di bugie", da cui non riusciva più a uscire. Bugie su tutto e con tutti, anche ieri, in udienza, quando alla domanda della pm Menegazzo sul perché cercasse su Internet cloroformio (usato per avvelenare Giulia), risponde che "era perché voleva pulire le lastre dell’acquario dalle meduse", sforzandosi di avere un tono credibile. O quando dice che avvelenava Giulia mettendole chicchi di veleno per topi nella bocca che lei teneva socchiusa mentre dormiva.

"Non volevo fare del male a lei, volevo solo ‘colpire’ Thiago". Parole pronunciate con una calma imperturbabile, che per la famiglia di Giulia hanno l’effetto di un martello lanciato nel cristallo. La sorella di Giulia, Chiara abbraccia la mamma Loredana poi esce piangendo dall’aula prima che I’assassino scenda nei dettagli di come ha ucciso Giulia. "Non volevo che lei e A. (l’altra donna) si incontrassero nel luogo in cui lavoravo, ma Giulia lo ha fatto, umiliandomi, facendo crollare la mia immagine. Mi aveva distrutto sul lavoro e anche come uomo. Quando è arrivata a casa a Senago mi ha detto che tornava a Napoli e non avrei mai visto Thiago. Era in cucina, ho sentito un lieve lamento, si era fatta male a una mano".

E ancora: "Le ho chiesto se aveva bisogno di aiuto, lei mi ha completamente ignorato. Continuava come se io non esistessi. Allora mentre era abbassata per cercare i cerotti in un cassetto, ho preso un coltello da cucina e mi sono messo immobile dietro di lei, quando si è alzata l’ho colpita. Ho puntato al collo. Non so quante coltellate le ho dato, in tv hanno detto 37".

E ancora, senza un lacrima: "Dopo la prima coltellata Giulia si è voltata e mi ha guardato in faccia, non si è difesa, ma solo perché non è riuscita, non ha avuto modo e tempo di reagire". Dopo l’orrore l’assassino corre dall’altra donna. Mentre l’aspetta sotto casa, e dopo aver massacrato la madre di suo figlio, cerca i risultati delle partite di calcio, digita ’Atalanta-Inter’ diranno i tabulati, dettaglio inquietante come il viaggio in auto che fa quando Giulia è già morta per andare a pranzo dalla mamma. "Tutti la stavano cercando, il suo cadavere – dice – in realtà era nel bagagliaio della mia auto. Avevo provato a bruciarla, ma non ero riuscito a renderla cenere".