REDAZIONE CREMONA

Douglas Dall’Asta, l’ultimo atto di una vita da ‘figlio di nessuno’ rifiutato dopo l’adozione. "Tutti hanno fallito"

Bambino lasciato a 3 anni in un orfanotrofio in Brasile, adottato a 9 da una coppia cremonese e abbandonato di nuovo pochi giorni dopo. Poi le comunità, la solitudine e la voglia di riscatto. A 28 anni il ragazzo che ha commosso tutti con il suo libro si è arreso

La deputata Stefania Ascari (M5S) ha reso nota la notizia della morte di Douglas Dall'Asta a soli 28 anni

La deputata Stefania Ascari (M5S) ha reso nota la notizia della morte di Douglas Dall'Asta a soli 28 anni

Cremona – La sua storia, raccontata in un libro, aveva commosso chi lo aveva letto e non solo. La sua morte, invece, frusta le coscienze perché appare come la resa di un sistema. Non siamo soliti raccontare le vicende di chi sceglie di togliersi la vita ma il suicidio di Douglas Dell’Asta merita una riflessione pubblica e aperta, di fatto già iniziata quando si è diffusa la notizia della tragedia. Ad annunciarla, tramite un post su Facebook, è stata la deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari: “Douglas si è tolto la vita questa notte. Era un ragazzo brasiliano di 28 anni, adottato da una coppia italiana all’età di 9 anni. Ma dopo pochi giorni, fu rispedito indietro, come un pacco reso al mittente, come se fosse possibile restituire un bambino che non andava più bene. Da quel momento in poi, ha vissuto in comunità, poi in strada. Ha conosciuto la droga, la solitudine, la povertà. Ma soprattutto, ha portato dentro di sé il peso di un abbandono che nessun bambino dovrebbe mai subire”.

Il toccante post su Facebook di Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle per ricordare il povero Douglas
Il toccante post su Facebook di Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle per ricordare il povero Douglas

Insieme alla Valentina Reggiani, giornalista del Resto del Carlino, l’anno scorso aveva pubblicato “Figlio di Nessuno”, trasformando il dolore vissuto nel racconto di un doppio e insostenibile trauma. Quello di un bambino di 3 anni lasciato in un orfanotrofio in Brasile, adottato a 9 da una coppia di Piadena, provincia di Cremona, e abbandonato nuovamente qualche giorno dopo. Scrivere, come dice qualcuno, può essere una forma di guarigione e Douglas ci aveva provato. Non si era mai arreso, come svelano le pagine del libro. E, dopo una lunga battaglia legale, il tribunale di Cremona, prima, la Corte d'Appello di Brescia, poi, avevano obbligato i genitori adottivo a mantenerlo. Una sentenza può risarcire un danno e restituire la dignità ma difficilmente l’equilibrio e la pace. Così Douglas ha deciso di mettere fine ai suoi tormenti. 

"La sua morte è un colpo al cuore – scrive ancora Ascari . Ma deve essere anche uno schiaffo alle coscienze. Ci interroghi tutti sulle adozioni fallite, sulla fragilità di chi viene lasciato ai margini, sulla responsabilità che abbiamo verso chi è più vulnerabile. Non se ne parla mai abbastanza e i traumi provocati possono essere fatali. Il mio pensiero oggi va a Douglas e alle persone che gli hanno voluto bene, sperando che si agisca perché non esistano più “figli di nessuno”.

Luca Trapanese
Luca Trapanese, assessore a Napoli e papà adottivo di una figlia con sindrome di Down, ha raccontato e racconta pubblicamente la sua scelta

"Mentre la politica continua a difendere unicamente il modello di "famiglia tradizionale", fuori da quei confini ideologici ci sono storie come quella di Douglas che chiedono attenzione, rispetto, riforma”. A scriverlo è Luca Trapanese, romanziere e assessore alle Politiche Sociali del Comune d Napoli, padre adottivo di una bambina down. La storia di Douglas “non è un’eccezione. È il sintomo di un sistema che va rivisto – è il pensiero di Trapanese –  Quante adozioni falliscono? Quanti bambini crescono nel vuoto di un amore che non arriva mai? Quante volte il “modello” conta più della reale capacità di accogliere, educare, esserci? Ma attenzione: non si tratta di colpevolizzare chi non riesce a essere genitore. Essere genitori è uno dei compiti più difficili che ci siano. Proprio per questo, serve una visione moderna e concreta della genitorialità, che vada oltre gli stereotipi e sostenga davvero chi sceglie di crescere un figlio qualunque sia il suo percorso, il suo orientamento, la sua struttura familiare. Abbiamo bisogno di un sistema che accompagni, che formi, che non lasci soli né i bambini né chi cerca di fare del proprio meglio per amarli. Perché la genitorialità non si impone: si costruisce. E ha bisogno di comunità, non solo di ideologia”.