
Il murales dedicato a Fausto e Iaio in via Mancinelli, nel quartiere di Città Studi, dove i due militanti del centro sociale Leoncavallo furono uccisi
Milano, 6 maggio 2025 – I nuovi indagati (che poi troppo nuovi non sono) per l’omicidio di Fausto e Iaio sono volti notissimi nel panorama dell’estremismo politico anni ‘70. C’è chi è finito immortalato in film e libri, c’è chi si è rifatto una vita diventando punto di riferimento per una tifoseria, c’è chi ha sempre “galleggiato” fra gli ambienti dell’ultradestra e la criminalità comune, seppure di alto livello.
Massimo Carminati, Mario “Marione” Corsi e Claudio Bracci. Sono questi i nomi che compaiono nel nuovo fascicolo aperto in merito all’omicidio dei due giovani militanti del Leoncavallo, Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, assassinati il 18 marzo del 1978 in un agguato teso loro in via Mancinelli, nelle vicinanze della vecchia sede del centro sociale.
Nomi nuovi ma vecchi, dicevamo. Un'indagine nei confronti dei tre, infatti, fu aperta già nel 2000. Il gip Clementina Forleo, però, scelse di archiviare le loro posizioni. Troppo poche (e troppo “inconsistenti”, almeno per poter reggere in dibattimento) le prove a loro carico. Poche prove. Tanti – tantissimi – indizi. Per non parlare dei sospetti.
Tanto è vero che i familiari delle due vittime, così come chi non ha mai spento i riflettori sul caso – a cominciare dai militanti vecchi e nuovi del Leoncavallo – non hanno mai avuto dubbi sulla loro responsabilità, come dimostrato dalle pagine internet dedicate alla vicenda.
Massimo Carminati

Il più in vista, fra gli indagati, è sicuramente Massimo Carminati. Per molti l’ex terrorista dei Nar, soprannominato il “Cecato”, ha il volto e gli occhi azzurro ghiaccio di Riccardo Scamarcio. Fu proprio l’attore pugliese a impersonarlo (o, comunque, a prestare corpo ed espressione a un personaggio a lui ispirato) in “Romanzo criminale”, il film tratto dal libro di Giancarlo De Cataldo che ripercorre la storia della Banda della Magliana.
Carminati, quando negli anni 2000 torna agli onori della cronaca nell’ambito dell’inchiesta su Mafia Capitale, in un’intercettazione illustra la sua teoria del “mondo di mezzo”, un linea d’ombra a cerniera fra legalità e illegalità in cui si possono muovere pesci grandi e piccoli, impegnati a trarre vantaggi e guadagni da operazioni più o meno (con un enorme accento sul “più) illecite. Carminati è “uomo-cerniera” già negli anni ‘70, quando si pone da intermediario fra estremismo di destra e la criminalità sanguinaria romana legata alla mafia. È consapevole che, su parecchi fronti, i due universi hanno interessi e amicizie che collimano. Tiene un piede dentro i Nar e uno dentro la Banda della Magliana. Viene soprannominato “Er cecato”, per aver perso un occhio durante un conflitto con la polizia.
La militanza giovanile nel Msi, le rapine in banca di autofinanziamento, l’esperienza in Libano al fianco dei falangisti cristiani, l’omicidio Pecorelli, i presunti ruoli nelle trame fra neri e apparati deviati dello Stato. Sono poche le pagine misteriose dell’Italia anni ‘70 in cui Carminati non lasci almeno l’ombra di un’impronta.
Il suo nome – dopo anni di attività sotterranea – fa ritorno in superficie all’epoca dell'indagine su Mafia Capitale, a metà del secondo decennio del nuovo secolo. Carminati viene riconosciuto come uno dei leader del sistema che avrebbe messo le mani su numerosi appalti pubblici per la gestione di servizi a Roma, in particolare nel settore dei rifiuti. Per queste accuse è stato condannato in via definitiva a 10 anni.
Mario Corsi

Il soprannome, “Marione”, è in qualche modo cartina al tornasole del personaggio Corsi. Da una parte la prestanza fisica, dall’altra un’esuberanza sfrontata che gli consentirà – grazie alla sua attività di radiocronista immaginifico – di diventare un personaggio, nel mondo dell’emittenza privata romana ma anche nel grande mare della rete, dove stralci dei suoi racconto delle partite della Roma si sono trasformati in meme e modi di dire. Priam, però, c’è la militanza. Ostinatamente a destra. Nel Fronte della Gioventù, successivamente nei Nar di “Giusva” Fioravanti e Francesca Mambro, fra gli altri.
Se Carminati si muove fra terrorismo nero e criminalità comune, Corsi divide la sua “carriera” fra estremismo politico e fanatismo calcistico. Con le accuse nei suoi confronti si potrebbe riempire un libro. L’omicidio di un simpatizzante del Pci (verrà assolto), gli incendi nei cinema, l’assalto a una scuola. Persino di aver avuto un ruolo nella strage di Bologna (prosciolto anche qui).
Nel decennio dei ‘90, quando gli anni di piombo sono ormai stati consegnati alla storia, il nome di Corsi rifà capolino nell’ambito di inchieste legate a storie di stadio. In quel periodo Marione è fra i capi dei Boys, uno dei gruppi ultras più radicali della Curva Sud giallorossa. È spesso ospite delle radio private, come opinionista. La parlantina e l’influenza che ha sugli altri tifosi ne fanno un personaggio ambito.
Quelle presenze – sospettano però i magistrati – sarebbero anche frutto di un’attività intimidatoria di Corsi e i suoi sodali. Si presumono incursioni nelle redazioni radio per ottenere spazi in trasmissione. Il motivo? Fare pressioni sulla società, allora guidata dal presidente Franco Sensi. Con l’obiettivo di ottenere biglietti-omaggio per le partite della Roma, in cambio di una “tregua” sul fronte degli incidenti.
Da ospite dei programmi, Corsi si reinventa cronista-tifoso. Conduce trasmissioni. Racconta via radio i match dei giallorossi, coniando soprannomi e lanciandosi in iperboli (memorabili – va detto – le intemerate contro meteore del calcio italiano come Julio Baptista e Ahmed Barusso) tramandate fino a oggi da una serie di video su YouTube.
Claudio Bracci
È il profilo meno conosciuto dei tre. Chiamato a testimoniare in uno dei processi contro la Banda della Magliana si racconta come “il fascista di zona”, noto per i suoi legami con l’estremismo nero. Non nasconde la sua “condanna per banda armata nel processo Nar I”. Saldissimo è l’asse con Carminati, con il quale Bracci può vantare un rapporto di parentela (è il cognato).
Come accade a tanti altri personaggi che hanno cavalcato l’onda frastagliata del terrorismo, nel curriculum di Bracci arresti, proscioglimenti, condanne, assoluzioni con formula pù o meno piena si affastellano a comporre un quadro dalle tinte poco chiare, eppure sicuramente cupe. Con Carminati negli anni ‘80 viene rinviato a giudizio per l’omicidio di un tabaccaio romano. L’esecuzione – dicono i pm – viene organizzata in ossequio ai desiderata di Franco Giuseppucci, boss della Magliana, ai quali piani il tabaccaio si opporrebbe. La coppia Carminati-Bracci viene assolta.
Stesso esito ha l’inchiesta, del 1993, per cui er Cecato e il cognato vengono arrestati, sospettati con altri di aver fatto il lavoro sporco per la mafia, gestendo in parallelo gli affari della Banda della Magliana. Anche qui, nel 1997, arriva l’assoluzione.