ANDREA GIANNI
Cronaca

Fausto e Iaio, rispunta la pista dei Nar: uccisi per avviare una seconda strategia della tensione

L’assassinio dei due militanti del Leoncavallo: si fa calda l’ipotesi di un atto ideato per tentare di suscitare reazioni violente in un’Italia sconvolta dal sequestro Moro. I killer sarebbero arrivati da Roma, si cerca chi gli fornì appoggio logistico a Milano

Le carte d'identità di Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci, militanti del centro sociale Leoncavallo, uccisi nel marzo del 1978

Le carte d'identità di Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci, militanti del centro sociale Leoncavallo, uccisi nel marzo del 1978

Milano, 7 marzo 2025 – Estremisti di destra sull’asse Roma-Milano, appoggi logistici in città, il ritorno a un passato oscuro e a una stagione che ha insanguinato l’Italia. Piste già esplorate in passato che ora tornano sotto la lente, alla ricerca di uno spiraglio o di una testimonianza decisiva per arrivare a una svolta sul duplice omicidio irrisolto di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, Fausto e Iaio, 18enni caduti in un agguato il 18 marzo del 1978 nei pressi dal centro sociale Leoncavallo.

Ammazzati a colpi di pistola in un’Italia sotto choc per il rapimento del presidente della Dc Aldo Moro e la strage della sua scorta messa a segno dalle Brigate Rosse. Si esplorano contatti e nuovi collegamenti, anche attraverso l’analisi della mole di atti giudiziari sulla stagione delle stragi e degli attentati dell’estrema destra eversiva.

La pista romana

“Nell’ambito delle indagini che sono state riprese si può scorgere qualche possibilità di far luce sul duplice omicidio dei due giovani nel solco della pista, quella dell’estrema destra eversiva romana che rivendicò l’azione con un volantino, già seguita dagli investigatori negli anni e che può essere oggi approfondita”, spiega l’avvocato Nicola Brigida, legale che è stato nominato dalla sorella di Iaio, Maria Iannucci, e dalla madre di Fausto, Danila Angeli, 87 anni, per seguire il caso dopo che un anno fa la Procura di Milano, anche sulla base delle istanze provenienti dal Consiglio comunale e dal sindaco Giuseppe Sala, aveva aperto un fascicolo a carico di ignoti, affidato dal procuratore Marcello Viola ai pm del Dipartimento antiterrorismo Francesca Crupi e Leonardo Lesti.

Approfondimenti, sottolinea il legale, “cercando in particolare gli appoggi logistici di cui avrebbero goduto gli assassini in trasferta a Milano”. Le indagini per raccogliere possibili elementi utili per risolvere il cold case, finora, si sono scontrate con l’esito “negativo” delle ricerche negli uffici del Palazzo di giustizia dove vengono conservati i reperti.

Reperti scomparsi

Non sono stati trovati gli otto proiettili calibro 7.65 che il 18 marzo 1978 furono esplosi da una Beretta 34, mentre ormai da tempo si sono perse le tracce del berretto di lana blu rinvenuto nel 1978 sul luogo del delitto, che probabilmente è andato distrutto. Gli accertamenti, però, sono andati avanti. E non sarebbero emerse strade alternative rispetto a quella di un delitto maturato negli ambienti dell’estrema destra eversiva.

L’unica pista ritenuta finora accreditata e fondata, già esplorata in passato. L’ultima inchiesta milanese era stata archiviata dall’allora gip Clementina Forleo nel dicembre del 2000.

La decisione di uccidere i leoncavallini Fausto e Iaio in via Mancinelli, aveva spiegato la giudice accogliendo la richiesta di archiviazione del pm Stefano Dambruoso, maturò nella “destra eversiva”. Sono emersi “significativi elementi a carico degli indagati” dell’epoca, Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, che restavano però indizi senza diventare prove.

Elementi singolari

Nel provvedimento la giudice aveva ripercorso i quasi 23 anni all’epoca di inchieste sull’uccisione in via Mancinelli e appariva perplessa per stranezze, come la scomparsa di quel berretto blu insanguinato trovato sul luogo del delitto e mai sottoposto ad accertamenti.

L’ex magistrato Guido Salvini, che si occupò dell’omicidio come giudice istruttore negli anni ’90, dopo l’apertura del fascicolo conoscitivo aveva proposto una perizia comparativa fra i proiettili del delitto milanese e quelli esplosi negli agguati simili avvenuti in quel periodo a Roma, che hanno colpito altri giovani militanti di sinistra.

Tracce che portano nella capitale, alle azioni dei Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo eversivo neofascista. Killer che potrebbero essere arrivati da fuori Milano, sfruttando appoggi logistici in città e complicità rimaste occulte.

Strategia della tensione

Un tentativo di scatenare reazioni violente, in un’Italia sconvolta dal sequestro Moro, con il duplice omicidio di due ragazzi del Leoncavallo che si battevano contro lo spaccio di eroina nel quartiere. Il 23 marzo, con un volantino ritrovato a Roma, arrivò la rivendicazione, firmata “Esercito nazionale rivoluzionario. Brigata Combattente Franco Anselmi“, il terrorista dei Nar morto a Roma il 6 marzo 1978 in un conflitto a fuoco durante un tentativo di rapina.

“Continuiamo a coltivare la speranza che possa emergere la verità – spiega Giovanni Tagliavini, un amico di Fausto e Iaio – e che finalmente, a distanza di tanti anni, si possa individuare e portare a processo i colpevoli”.

L’associazione creata dagli amici e dai familiari delle vittime sta organizzando, per il 18 marzo, la tradizionale commemorazione in via Mancinelli, luogo del delitto. Sarà dedicata al tema “verità e giustizia”, legandola al ricordo di altre vittime innocenti, come il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, il bocconiano Roberto Franceschi, Giulio Regeni.