
Lorenzo 'Iaio' Iannucci e Fausto Tinelli
Milano – Il gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo di Milano, accogliendo la richiesta dei pm Francesca Crupi e Leonardo Lesti, ha riaperto le indagini sul duplice omicidio di Fausto e Iaio, i 19enni Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci caduti in un agguato il 18 marzo del 1978 nei pressi del centro sociale Leoncavallo di Milano.
Gli indagati sono allo stato Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, estremisti di destra la cui posizione era già stata archiviata nel 2000 perché non erano emerse sufficienti prove a loro carico. Si riparte quindi con il fascicolo originario, con una rilettura di atti processuali e con nuovi accertamenti affidati alla Digos, che potrebbero portare in futuro a nuove iscrizioni.
La prima pista battuta resta quella dell'estrema destra eversiva sull'asse Roma-Milano. Piste già esplorate in passato che ora tornano sotto la lente, alla ricerca di uno spiraglio per arrivare a una svolta sul duplice omicidio irrisolto dei due ragazzi ammazzati a colpi di pistola in un’Italia sotto choc per il rapimento del presidente della Dc Aldo Moro e la strage della sua scorta messa a segno dalle Brigate Rosse. Si esplorano contatti e nuovi collegamenti, anche attraverso l’analisi della mole di atti giudiziari sulla stagione delle stragi e degli attentati dell’estrema destra eversiva.
La sorella di Iaio, Maria Iannucci, e la madre di Fausto, Danila Angeli, 87 anni, avevano nominato un legale, l'avvocato Nicola Brigida, per seguire il caso dopo che un anno fa la Procura di Milano, anche sulla base delle istanze provenienti dal Consiglio comunale e dal sindaco Giuseppe Sala, aveva aperto un fascicolo esplorativo a carico di ignoti, affidato dal procuratore Marcello Viola ai pm del Dipartimento antiterrorismo.
I primi approfondimenti per raccogliere possibili elementi utili per risolvere il cold case, finora, si sono scontrati con l’esito “negativo” delle ricerche negli uffici del Palazzo di giustizia dove vengono conservati i reperti. Non sono stati trovati gli otto proiettili calibro 7.65 che il 18 marzo 1978 furono esplosi da una Beretta 34, mentre ormai da tempo si sono perse le tracce del berretto di lana blu rinvenuto nel 1978 sul luogo del delitto, che probabilmente è andato distrutto.
L’ultima inchiesta milanese era stata archiviata dall’allora gip Clementina Forleo nel dicembre del 2000. La decisione di uccidere i leoncavallini Fausto e Iaio in via Mancinelli, aveva spiegato la giudice accogliendo la richiesta di archiviazione del pm Stefano Dambruoso, maturò nella “destra eversiva”. Sono emersi “significativi elementi a carico degli indagati” dell’epoca, Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, che restavano però indizi senza diventare prove. Nel provvedimento la giudice aveva ripercorso i quasi 23 anni all’epoca di inchieste sull’uccisione in via Mancinelli e appariva perplessa per stranezze, come la scomparsa di quel berretto blu insanguinato trovato sul luogo del delitto e mai sottoposto ad accertamenti.
L’ex magistrato Guido Salvini, che si occupò dell’omicidio come giudice istruttore negli anni ’90, dopo l’apertura del fascicolo conoscitivo aveva proposto una perizia comparativa fra i proiettili del delitto milanese e quelli esplosi negli agguati simili avvenuti in quel periodo a Roma, che hanno colpito altri giovani militanti di sinistra. Tracce che portano nella capitale, alle azioni dei Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo eversivo neofascista.