LUCA RAIMONDI COMINESI
Cronaca

Inghiottiti dalla correnti, lo skipper Stefano Rotta: “Nelle scuole si insegni l’educazione fluviale”

Lo scrittore e navigatore, profondo conoscitore dell’Adda: “La calma in questi casi è sicurezza, bisogna rispettare delle regole semplici”

Stefano Rotta, 40 anni, con il suo cane Fiume

Stefano Rotta, 40 anni, con il suo cane Fiume

Lodi – “Il fiume è vita”, ci tiene a sottolinearlo Stefano Rotta, scrittore e navigatore, profondo conoscitore dell’Adda e dei fiumi che da tempo si batte per la salvaguardia degli ambienti fluviali. Ma il suo impegno va oltre: dopo gli ultimi tragici episodi con quattro giovani annegati fra le correnti dell’Adda e del Ticino, lo skipper ha deciso di intraprendere una campagna di informazione e prevenzione.

I fiumi non sono pericolosi?

“No, bisogna partire da un altro presupposto fondamentale: il fiume è un contesto acquatico naturale. E noi esseri umani siamo programmati per stare in questo contesto naturale”.

Vorrebbe dire che il fiume è un ambiente adatto a tutti?

“Dipende dal contesto: il fiume d’estate è adatto a tutti, bisogna però rispettare delle semplicissime regole, che possono sembrare elementari, ma che in realtà possono salvarti la vita.  La prima è quella di non buttarsi in acqua dopo aver bevuto degli alcolici che causano la vasodilatazione. L’acqua del fiume è infatti fredda e si rischia di disperdere un’enorme quantità di calore corporeo con conseguenze quali l’iperventilazione, ansia ed attacchi di panico.  In piscina una persona si sente sicura, mentre nel fiume il corpo manda dei segnali d’allarme, proprio per una differenza di contesto. Quindi aumentano le pulsazioni, i battiti, il livello di attenzione e di paura, ma anche il rischio di non riuscire più a gestire al meglio il respiro e si rende quindi necessario un autocontrollo sul corpo e sulla respirazione, per evitare che i polmoni si riempiano d’acqua, soffocando la persona o portandola a picco sul fondo del fiume. Poi ci sono i casi di tuffi in fondali troppo bassi, che rischiano di provocare nei casi più gravi anche la morte. Ma oltre al rispetto delle minime precauzioni, è importantissimo parlare anche di calma. Il fiume non porta giù, è una leggenda metropolitana. Il fiume ti tiene a galla e ti accompagna. La calma in questi casi è sicurezza. È inutile affannarsi per ritornare nel punto dove si è scesi: basta lasciarsi trascinare dall’acqua, con la testa sollevata”.

Ma spesso, tra notizie e insegnamenti, passa il messaggio opposto. Per quale motivo?

“Il fiume è vita, è cultura e di fiume si vive. Purtroppo, chi fa i veri danni è chi mette paura alla gente. I bambini, per esempio, andrebbero educati a stare in acqua, non andrebbero spaventati con l’idea che l’acqua è pericolosa”.

Quindi servirebbe una vera e propria educazione fluviale?

“Sì, anche se in realtà basterebbe che le famiglie si astenessero dall’incutere nei bambini il timore e la paura dei fiumi. E poi la scuola potrebbe benissimo portare le classi a fare acquaticità. Anche perché sono innumerevoli i mestieri che si fanno in acqua e soprattutto perché, a causa delle numerose problematiche legate agli impianti natatori, bisogna capire che si andrà verso una sempre maggiore fruizione dei fiumi e dei canali”.

E i social? Sono utili per informare e prevenire incidenti come quelli dell’ultima settimana?

“Assolutamente sì. I giovani hanno voglia di fiume e i social possono quindi essere uno strumento informativo, non punitivo e terrorizzante. E mi auguro veramente che per l’estate prossima saremo a zero morti”.

Sulle rive dei fiumi però ci sono moltissimi divieti di balneazione.

“Sono atti amministrativi fatti a scopi assicurativi e per non tenere una vigilanza costante. Sullo stesso fiume, nelle stesse acque, infatti, in alcuni comuni puoi nuotare, mentre in altri no”.