
Sharon Verzeni aveva 33 anni: ha lasciato fidanzato, genitori e fratelli; Moussa Sangare, il suo assassino, ne ha 31
Terno d’Isola, 19 agosto 2025 – Moussa Sangare, 31 anni, nato a Milano ma residente a Suisio, nella Bergamasca, in carcere a San Vittore per l’omicidio di Sharon Verzeni, uccisa a coltellate nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 in via Castegnate, a Terno d’Isola, è capace di intendere e volere. Ha capacità di partecipare al procedimento. Non sarebbe stato ravvisato nessun distacco dalla realtà, nessuna patologia o forma di disturbo.
Una mente lucida e vigile, anche nelle relazioni sociali. Indiscrezioni, che filtrano dalla perizia effettuata sull’imputato da parte della dottoressa Giuseppina Paulillo, specialista in psichiatria e psicoterapeuta, dirigente psichiatra all’Ausl di Parma.
Alla consulente era stato affidato l’incarico per una perizia psichiatrica d’ufficio da parte del presidente della Corte d’assise del tribunale di Bergamo, Patrizia Ingrascì. Perizia che doveva rispondere a quesiti ben precisi. Ad esempio, se l’imputato fosse affetto da una patologia psichica; o da un eventuale disturbo tale da annullare o scemare gradatamente le sue capacità di intendere e volere. E se lo stato psicofisico fosse tale da consentire a Sangare di poter partecipare al processo per il delitto. Moussa, tratti di personalità narcisistica, passione per la musica rap, è dunque in grado di comprendere le accuse (fascicolo del pm Marchisio) che sono state rivolte nei suoi confronti. Ovvero di aver inferto a Sharon cinque coltellate (con una lama di 20,5 centimetri e larga 3,5 centimetri), di aver agito per futili motivi, di aver agito con premeditazione, di aver profittato di circostanza, tempo, luogo e privata difesa.

L’omicidio era stato commesso alle 00.50, via Castegnate era deserta nel momento in cui il 31enne, assistito dall’avvocato Maj, aveva incrociato Sharon che stava camminando da sola ed era intenta ad ascoltare musica utilizzando le cuffiette. Tra i due nessuna conoscenza pregressa, il loro incontro una causalità. Incrociando lo sguardo di Sharon, le disse: “Mi dispiace per quello che sta per succedere”. E partì la prima coltellata. Sharon, sorpresa, poté solo chiedere: “Perché, perché, perché?”.
Tornando alle indiscrezioni sulla perizia da parte del consulente nominato del presidente della Corte d’Assise, il risultato cui è giunta è in linea con quanto affermato dal consulente del gup al processo in cui Moussa è stato imputato per i maltrattamenti alla mamma e alla sorella, processo che si è concluso (16 luglio scorso) con la condanna in abbreviato di Sangare a 3 anni e 8 mesi (il pm aveva chiesto 4 anni). Episodi, come ha raccontato l’imputato, avvenuti in un clima familiare di conflittualità, caratterizzato da continui litigi. Anche in quella circostanza, il perito aveva concluso con la capacità dell’imputato di intendere e volere, e di stare a processo. Con parere opposto si erano invece espressi i consulenti della difesa, che davanti al giudice avevano parlato di incapacità di intendere e volere. Il difensore ne aveva chiesto l’assoluzione. Per questo procedimento le motivazioni saranno depositate tra 60 giorni.

Il processo per l’omicidio di Sharon Verzeni - la barista aveva 33 anni e ha lasciato i genitori, i fratelli e il promesso sposo - vedrà la prossima udienza in calendario il 22 settembre alle 10.30: un’udienza che sarà incentrata proprio sulla illustrazione dell’esito della perizia. Il pm ha nominato come consulente il dottor Sergio Monchieri, la parte civile il dottor Massimo Biza, la difesa il dottor Alessandro Calvo.
Si preannuncia una udienza tecnica che potrebbe incidere anche sulle richieste finali da parte dell’accusa, vale a dire l’ergastolo considerate anche le aggravanti di cui deve rispondere Moussa.