F.D.
Cronaca

Moussa Sangare condannato a tre anni di carcere: il reo-confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni ha maltrattato madre e sorella

La sentenza dopo le denunce delle due familiari. La difesa contesta perizia psichiatrica: “Del tutto incompleta nella metodologia utilizzata, con un solo colloquio, non sono stati utilizzati i test”

Moussa Sangare a processo per maltrattamenti in famiglia (Ansa/De Pascale)

Moussa Sangare a processo per maltrattamenti in famiglia (Ansa/De Pascale)

Bergamo – Anche questa volta Moussa Sangare, 31 anni, ha preferito restare in carcere, a San Vittore, dove si trova per l’omicidio di Sharon Verzeni. Ha preferito non presenziare all’udienza preliminare davanti al gup in cui doveva rispondere per i maltrattamenti nei confronti della mamma e della sorella. Sangare, originario del Mali, è stato condannato in abbreviato a 3 anni e 8 mesi. Il pm aveva chiesto 4 anni per i due episodi che erano contestati all’imputato, allontanato dalla casa familiare su ordine della procura nel maggio 2024, due mesi prima del delitto di Sharon avvenuto a Terno d’Isola. Il difensore aveva chiesto l'assoluzione.

Tornando ai maltrattamenti, Sangare è stato sottoposto a perizia disposta dal gip che aveva concluso - evidenziando un disturbo di personalità - la capacità di intendere e volere, e di stare a processo. E alle stesse conclusioni sono giunti anche i consulenti dell’accusa. Di parere opposto il consulente della difesa che davanti al gup Parati, per quanto riguarda i maltrattamenti, ha parlato di incapacità di intendere e volere.

"Tra 60 giorni saranno depositate le motivazioni e valuteremo cosa fare, anche eventualmente sulla perizia – ha commentato all’uscita dal tribunale l'avvocato Maj, che aveva chiesto una integrazione della perizia -. Ne contestavamo la metodologia, è carente perché, in una situazione così complessa, è stato fatto un solo colloquio e senza test. Secondo noi era incompleta. Evidentemente secondo il giudice non è così. Sangare è stato sottoposto a un solo colloquio e non gli sono nemmeno stati somministrati dei test. A nostro avviso manca l’elemento soggettivo previsto dalla norma incriminatrice, perché il mio assistito non era in grado di valutare la portata delle sue azioni".

La mamma e la sorella di Moussa, pur non costituendosi parte civile nel processo per maltrattamenti, non hanno voluto ritirare la querela. Ma entrambe non l’hanno abbandonato, come ha ribadito il suo difensore: "Sì, mamma e sorella vanno ancora in carcere a trovarlo regolarmente. Come l’ho trovato? Lui sembra spaesato, smarrito, fa discorsi slegati dalla realtà e ha ancora quei comportamenti bizzarri che lo hanno sempre caratterizzato”. E il 22 settembre riprenderà il processo in cui Moussa Sangare deve rispondere di omicidio, quello di Sharon Verzeni. Anche in questo procedimento è stata chiesta una perizia psichiatrica.