
Stefania (a sinistra) e Paola Cappa, le cugine di Chiara Poggi, con il fotomontaggio
Garlasco (Pavia) – Ipotesi parallele, tra vecchi sms, attrezzi ripescati dal canale e nuovi accertamenti. “Mi sa che abbiamo incastrato Stasi” è uno dei 280 messaggi che sarebbero agli atti della Procura di Pavia nelle riaperte indagini sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco il 13 agosto 2007. È attribuito a Paola Cappa, gemella di Stefania e cugina di Chiara, inviato a un amico.
Le “gemelle K“, come vennero allora ribattezzate le cugine della vittima, non sono mai state indagate, né citate nel lungo iter giudiziario che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi ai 16 anni che sta ormai quasi finendo di scontare.
Ma il “supertestimone“, intervistato dalla trasmissione televisiva “Le Iene“ e dopo ascoltato dai carabinieri di Milano che stanno indagando su delega della Procura di Pavia, ha riferito, come confidenza ricevuta da una persona poi deceduta, che forse la cugina Stefania sarebbe stata vista gettare qualcosa nel cavo Bozzoni a Tromello, vicino alla casa (ora disabitata) che era dei nonni.

Tanto è bastato per riportare la gemella, che ora è avvocato, nel tritacarne mediatico che già l’aveva portata a presentare querele, come ancora ieri hanno annunciato i legali della famiglia Poggi, per “ricostruzione offensive” da parte di una dozzina di blogger e siti web. Sono riemersi i verbali delle deposizioni rilasciate da Stefania Cappa pochi giorni dopo il delitto, quando ancora Stasi non era indagato ma solo il fidanzato della cugina uccisa. E nella trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” viene mostrato un video con un abbraccio e una conversazione tra i due.
Gli sms delle cugine non è chiaro che attinenza possano avere con il delitto né con le nuove indagini, ma è un dato di fatto che i carabinieri hanno voluto verificare la testimonianza con il dragaggio del canale di mercoledì, operazione nella quale sono stati recuperati alcuni ‘reperti’ che dovranno ora essere sottoposti ad accertamenti per scoprire se possano essere databili e collegabili all’omicidio. Le indiscrezioni che parlano del ritrovamento “anche di un martello” ripescato nel canale hanno fatto riemergere il tema dell’arma del delitto, mai trovata.
Come ricorda la sentenza dell’Appello-bis “erano ipotizzate in un primo tempo delle forbici da sarto, poi un martello da muratore”, diverso peraltro da quello sparito da casa Poggi, come scritto nella prima sentenza del Gup: “Un martello da carpentiere (quello che ha il battente da una parte ed una specie di punta biforcuta dall’altra): tipologia di martello, dunque, che non sarebbe chiaramente compatibile con le caratteristiche di alcune delle lesioni riscontrate”.
Il fascicolo aperto dalla Procura per gli accertamenti disposti a verifica della testimonianza sarebbe comunque diverso da quello che vede invece indagato Andrea Sempio, che ieri è tornato con la madre alla caserma dei carabinieri di Milano, accompagnato dall’avvocato Angela Taccia, per recuperare i telefoni cellulari che erano stati prelevati nelle perquisizioni di mercoledì per fare le copie forensi.
Venerdì 16 maggio, alle 11, è invece fissata l’udienza, davanti al Gip del Tribunale di Pavia Daniela Garlaschelli, per l’incidente probatorio sulle nuove analisi chieste dalla Procura, dopo la ‘falsa partenza’ dello scorso 9 aprile che aveva portato alla ricusazione del perito Emiliano Giardina e alla successiva nomina dei due nuovi periti della polizia scientifica, la genetista forense Denise Albani e l’esperto dattiloscopico Domenico Marchigiani.