
La nota “traccia di interesse dattiloscopico classificata 33” e l'indagato, Andrea Sempio
Pavia – La famiglia di Chiara Poggi vuole mettere un punto al caso di Garlasco. E per chiudere definitivamente una vicenda che non si è mai chiusa – nonostante una sentenza definitiva – è pronta ad accogliere qualsiasi accertamento nell’ambito del nuovo filone d’indagine nei confronti di Andrea Sempio avviato dalla Procura di Pavia.
Durante l’udienza dello scorso 16 maggio scorso, alla giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli, sono emerse le posizioni contrastanti – non sono mancate le stoccate – tra l’accusa e i legali della famiglia della vittima. Al centro del dibattito, la decisione di sottoporre a comparazione del Dna anche Alberto Stasi, già condannato definitivamente a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata.
L’avvocato Gian Luigi Tizzoni, storico legale della famiglia Poggi, non ha nascosto la propria perplessità per questa nuova fase processuale. “Nella sorpresa complessiva, io ho dato ormai per sdoganato il fatto che la Procura di Pavia abbia, con così tanta insistenza, doverosamente dal suo punto di vista, ritenuto di affrontare una vicenda coperta da un… lo definirei, stragiudicato, formatosi con 8 anni di processi e sette tentativi finora andati a vuoto”, ha dichiarato il legale, riferendosi ai precedenti tentativi di riapertura del caso.
Nonostante le perplessità, la famiglia della ventiseienne uccisa il 13 agosto 2007 si è detta disponibile “a qualsiasi accertamento affinché la Procura di Pavia, dopo il terzo tentativo di indagine su Andrea Sempio, metta poi fine a qualsiasi intento di riaprire un delitto su cui c’è una sentenza definitiva pronunciata dalla Cassazione nel 2015”.
Il procuratore aggiunto Stefano Civardi ha motivato la necessità di includere il Dna di Stasi nelle comparazioni, riferendosi al materiale genetico trovato “nei margini subungueali appartenenti alla vittima”. Il magistrato ha precisato: “non diciamo ‘sotto’ (le unghie, ndr), perché sembra che appunto il Dna si raccolga anche accarezzando col dorso della mano la tastiera del computer”, una specificazione che sembra rispondere alla precedente archiviazione dell’amico del fratello della vittima.

Civardi ha inoltre espresso stupore per la posizione dei legali della famiglia Poggi: “Giudice, non è senza un certo stupore che abbiamo letto la memoria (dei legali della famiglia di Chiara, ndr), che sostanzialmente mira ad avere un incidente probatorio diverso rispetto a quello chiesto dal pubblico ministero, ed è non senza un certo stupore che leggiamo questo non nella difesa dell’imputato, ma nella difesa della persona offesa”.
La strategia difensiva della famiglia punta a un allargamento significativo della platea dei soggetti da sottoporre al test del Dna. Tizzoni ha chiesto di includere “tutti coloro, anche investigatori, soccorritori, medici, tecnici che possono aver in qualche modo contaminato le dita” di Chiara, allo scopo evitare future indagini su altri ignoti.
“L’ampio rischio di ritrovarci, io magari spero di no, perché vorrei andarmene prima o poi in pensione, tra una decina d’anni ad inseguire l’Ignoto 7, 8 o 9, o il soggetto che, mandato a giudizio, dirà ‘ma io non ho potuto partecipare a quell’incidente probatorio che mi incastra’”, ha spiegato l’avvocato, manifestando il desiderio di chiudere definitivamente questa vicenda giudiziaria. L’auspicio è di non dover ritornare “tra anni a ricercare Ignoto 2, 3, 4 e 5”, è solo uno: escludere tutte le persone che in qualche modo possano aver “contaminato” le dita della vittima.
Tra i nomi proposti per le analisi comparative figura anche Marco Panzarasa, amico di Stasi che utilizzò a Londra il computer di quest’ultimo, lo stesso che Chiara aveva usato “per una decina di minuti la sera precedente della sua uccisione”. L’incidente probatorio è fissato per il prossimo 17 giugno. Un appuntamento che rappresenta l’ennesimo capitolo di una delle storie criminali più controverse degli ultimi decenni, dopo otto anni di processi che hanno portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi nel 2015.