
Il luogo dove è stato trovato il cadavere
È diventata definitiva la condanna, ma con la pena abbassata di quasi cinque anni, di Sadik Ilhami, 35enne marocchino, per l’omicidio di Omar Annaoui, il connazionale di 53 anni trovato seppellito il 28 agosto 2022 in un campo di grano poco distante l’ex carcere di Desio. "Non è stato lui", dice convinto il difensore di Ilhami, l’avvocato Andrea Fabio Scaccabarozzi, che sta valutando di rivolgersi alla Corte di Giustizia Europea.
Il 35enne era stato condannato dalla Corte di Assise di Monza a 28 anni di reclusione, 4 anni in più rispetto a quanto chiesto dalla Procura. Nel processo di secondo grado davanti alla Corte di Assise di Appello di Milano, voluto dalla difesa dell’imputato detenuto in carcere, la pena era stata “limata” a 23 anni e 3 mesi di reclusione. Il legale ha proposto anche ricorso alla Corte di Cassazione, ma nulla è cambiato e la sentenza è diventata definitiva.
Il 35enne, sottoposto a fermo nel marzo 2023, è accusato di avere legato la vittima mani e piedi, picchiata a calci e pugni, torturata con bruciature e poi uccisa, strangolata con una canna dell’acqua, per farsi rivelare il pin del suo bancomat. A indicare ai carabinieri il cadavere del 53enne e il luogo dove è avvenuto il delitto, un seminterrato dell’ex carcere desiano, è stato un altro marocchino, S.S., che si trovava con vittima e omicida la sera del fatto, il 22 agosto del 2022.
A tradire il 35enne alcune tracce di Dna lasciate sul tubo di gomma usato per lo strangolamento e su una pala trovata poco distante dal luogo, dove il cadavere è stato sotterrato dopo essere stato trasportato nel campo con un carrello del supermercato. Sadik Ilhami si è invece sempre dichiarato innocente, puntando il dito proprio contro il supertestimone S.S., ritenuto però attendibile dalla Procura di Monza.
I giudici della Corte di Assise monzese, nella loro sentenza, hanno anche rimandato gli atti del procedimento alla Procura perché indaghi sul supertestimone sospettato di essere invece complice nell’omicidio. "Era S.S. ad avere contrasti con la vittima che aveva fatto da garante per il contratto di affitto della sorella ed è lui a risultare uno spacciatore di droga", sostiene l’avvocato Scaccabarozzi, secondo cui nuovi elementi emersi dopo il processo potrebbero fare riaprire il caso. Il legale è disposto a rivolgersi anche alla Corte europea.
Stefania Totaro